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Usura: come qualificare il contratto

Ai fini dell'applicazione delle norme sull'usura deve darsi rilevanza non al titolo formale del contratto ma alla comune intenzione delle parti


Il nomen iuris non conta

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Il Tribunale di Benevento, con la sentenza resa lo scorso 9 dicembre 2020 e qui sotto allegata, ha ribadito un principio fondamentale in tema di usura: l'individuazione della tipologia di operazione bancaria necessaria ai fini della determinazione del tasso soglia usurario ex L. 108/1996 va effettuata non sulla base del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti al contratto, ma piuttosto in base alla effettiva natura sostanziale dell'operazione bancaria.

La comune intenzione delle parti

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Invero, nell'interpretazione dell'accordo negoziale si deve indagare sulla comune intenzione delle parti e non ci si può limitare a tenere conto del mero senso letterale delle parole. A tal fine, ovverosia per determinare quale sia la comune intenzione delle parti, per il giudice occorre valutare il loro comportamento complessivo e concreto, anche posteriore alla conclusione del contratto.

Del resto, come si legge in sentenza, "Se tali principi sovraintendono all'individuazione degli effetti del contratto tra le parti, a maggior ragione devono trovare applicazione quando viene in gioco l'applicazione di norme inderogabili, costituenti norme di ordine pubblico, quali quelle di cui alla legge 108/1996 sull'usura, che prevedono importanti norme sanzionatorie penali e civili (art. 644 c.p. e art. 1815 comma 2 c.c.)".

L'apertura di credito può essere un mutuo

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Così, dando rilevanza all'operazione effettivamente posta in essere e non al titolo formale dato al contratto, può ben accadere che, come nel caso di specie, un contratto di apertura di credito debba essere effettivamente inquadrato come contratto di mutuo a tasso variabile ai fini dell'applicazione della legge n. 108/1996.

Data: 22/01/2021 17:00:00
Autore: ANDREA RAVELLI