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Pubblico impiego e militari: il trasferimento d'autorità

Gli ordini di trasferimento sono connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione ed alla disciplina che connota il rapporto di servizio


Il trasferimento d'autorità

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In materia di trasferimento d'autorità dei militari, il criterio generale ripetuto spesso dai giudici amministrativi di primo e secondo grado è quello in virtù del quale la posizione del dipendente, in riferimento alle sue esigenze personali e professionali, è tendenzialmente recessiva rispetto alle esigenze dell'Istituzione di appartenenza.

Le scelte amministrative criticabili

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Questo significa, sempre su un piano generale, che le scelte operate dall'Amministrazione militare sono censurabili solo quando sono irrazionali, non negli altri casi.
Si tratta di un principio più e più volte ripetuto, a partire dalla sentenza n. 623 del 27.01.2011 della Sezione IV del Consiglio di Stato.

I casi di ricorso

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Dunque esiste nel pensiero dei magistrati l'idea che il trasferimento d'autorità non sia completamente inattaccabile, ma che invece possa essere criticato, ad esempio con un ricorso amministrativo, nei casi in cui presenti quei tratti di irrazionalità che lo rendono potenzialmente annullabile nella sede contenziosa.

Le valutazioni caso per caso

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Per il resto, valgono gli altri profili dei principi generali: rispetto agli ordini di trasferimento, che sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell'Amministrazione militare ed alla disciplina che caratterizza il rapporto di servizio del personale, i giudici hanno confermato che l'interesse del militare a prestare servizio in una determinata sede assume, di norma, una rilevanza di mero fatto.
Detto questo, è chiaro che ogni caso di trasferimento è un caso a se e merita una sua specifica valutazione prima dell'eventuale ricorso per lamentare l'irrazionalità del provvedimento.

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Data: 09/07/2020 15:00:00
Autore: Francesco Pandolfi