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La nuova disciplina del contratto a termine dopo il decreto dignità

Le novità introdotte dal decreto dignità alla disciplina del contratto a termine


di Dario La Marchesina - Il contratto a termine costituisce attualmente una delle forme di lavoro più impiegate all'interno delle realtà aziendali.

Contratto a termine: ruolo e finalità

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L'obiettivo di questo istituto giuslavoristico dovrebbe essere quello di valutare l'adeguatezza e la professionalità di un lavoratore a svolgere determinate mansioni in un periodo di necessità da parte dell'impresa o a ricoprire un determinato ruolo ai fini di un vero e proprio inserimento in azienda.

Tuttavia, dal momento della sua istituzione ad oggi, questa forma contrattuale è stata oggetto di un vero e proprio "abuso" da parte degli imprenditori che, complice l'elevato costo del lavoro e della tassazione in materia, preferiscono utilizzare il contratto a termine non come strumento propedeutico a far crescere il tasso di occupazione, bensì come vera e propria alternativa al contratto a tempo indeterminato.

Proprio per cercare di contrastare l'utilizzo indiscriminato di tale istituto, il Governo ha introdotto una nuova disciplina del contratto a termine contenuta nel D.L. 87/2018 (Decreto Dignità) convertito dalla L. 96/2018, la quale ha modificato il vigente D.Lgs. 81/2015 (Jobs Act).

Le novità introdotte dal d.l. 87/2018 (Decreto Dignità)

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Secondo la normativa, il nuovo art. 19 del D.Lgs. 81/2015, così come modificato dal Decreto Dignità, fissa la durata massima del contratto a termine in 24 mesi e non più in 36 mesi.

I datori di lavoro potranno stipulare liberamente contratti a termine, senza specificare i motivi del ricorso a tale istituto, per i primi 12 mesi.

Trascorso l'anno, qualora gli imprenditori manifestassero l'intenzione di prorogare il termine del rapporto di lavoro in oggetto, è necessario che sussista almeno una delle seguenti causali:

- esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria.

La conseguenza giuridica prevista dal legislatore in caso di contratto a termine acausale di durata superiore a 12 mesi o di contratto a termine di durata superiore a 24 mesi, proroghe comprese, è la trasformazione dello stesso in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

Il D.L. 87/2018 ha inoltre statuito l'obbligatorietà della forma scritta del contratto di lavoro se l'apposizione del termine supera i 12 giorni e fissato un limite massimo di 4 proroghe, superato il quale il rapporto si trasforma a tempo indeterminato.

Conclusioni

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In conclusione, è evidente ormai da anni come il nostro legislatore incontri notevoli difficoltà nel disciplinare al meglio e cercare di limitare l'utilizzo di un istituto che è stato già più volte oggetto di riforme.

La soluzione per incentivare la sottoscrizione di contratti a tempo indeterminato a discapito di quelli a termine risiede nella rinascita della nostra economia nazionale, così che le nostre imprese possano beneficiare di maggiori incentivi all'occupazione e di una tassazione sul lavoro più adeguata.

Data: 06/01/2019 10:30:00
Autore: Dario La Marchesina