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Condominio: il vicino va risarcito per i cattivi odori della canna fumaria

Per la Cassazione, la presenza di una fessurazione a poca distanza dalla casa del danneggiato e le testimonianze sul cattivo odore proveniente dalla canna fumaria bastano per la condanna


di Valeria Zeppilli – I condomini che sono costretti a sopportare quotidianamente gli odori provenienti dalla canna fumaria dei vicini vanno risarciti dei danni subiti in conseguenza delle sgradevoli immissioni.

Una simile condanna è stata, ad esempio, confermata recentemente dalla Corte di cassazione, con sentenza numero 50620/2017 del 7 novembre scorso (qui sotto allegata), che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai proprietari di um appartamento "incriminato", che speravano di salvarsi dalla condanna.

Per i giudici della Cassazione, infatti, la condanna al risarcimento del danno era stata assunta dalla Corte territoriale con motivazione congrua e immune da vizi logici, anche considerando l'accertata esistenza di una fessurazione nella canna fumaria posta a servizio dell'abitazione dei ricorrenti, che si trovava a circa un metro di distanza dall'appartamento dei vicini di casa danneggiati.

La vicenda

Nel ricorso dinanzi ai giudici di legittimità le parti avevano lamentato l'assenza di un accertamento in concreto dei limiti di normale tollerabilità di cui all'articolo 844 del codice civile, ma per la Cassazione, ai fini della condanna, sono sufficienti la video ispezione con la quale si era accertata la presenza della fessurazione e le deposizioni dei testimoni escussi che avevano confermato la "regolare e costante provenienza dalla stessa di odori di cucina sgradevoli".

Sulla medesima vicenda, peraltro, si erano svolti altri giudizi, sia penali che civili, che si erano conclusi a seguito di accertamenti tecnici con decisioni conformi a quella impugnata.

In sostanza, i ricorrenti si sono rivolti alla Corte di cassazione chiedendo, nei fatti, una rivisitazione del materiale probatorio già correttamente valutato dal giudice del merito in una decisione presa in modo logico. La loro doglianza è quindi inammissibile, sotto questo aspetto così come in relazione agli altri motivi prospettati, e la condanna al risarcimento dei danni resta.

Data: 08/11/2017 18:30:00
Autore: Valeria Zeppilli