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Reato sì ma niente pena per la moglie che cambia la serratura di casa durante la separazione

Per la Cassazione è applicabile la non punibilità per particolare tenuità del fatto


di Marina Crisafi – Non punibile per particolare tenuità del fatto la moglie che cambia la serratura di casa per non far entrare il marito dal quale si sta separando. Lo ha sancito la sesta sezione penale della Cassazione (nella sentenza n. 39458/2016 qui sotto allegata), annullando con rinvio la decisione della corte d'appello di Catanzaro che aveva dichiarato colpevole del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose una donna per aver sostituito la chiave della serratura dell'appartamento di proprietà del coniuge in via di separazione impedendo allo stesso di accedere nell'immobile.

La donna ricorreva innanzi al Palazzaccio deducendo che il marito aveva già spontaneamente e definitivamente lasciato il possesso dell'immobile e che aveva cambiato la serratura solo per tutelare la propria incolumità personale nei confronti dell'uomo affetto da serie patologie psichiche. Si doleva inoltre della mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Per gli ermellini la donna in parte coglie nel segno. Non per quanto attiene alla configurabilità del reato di cui all'art. 392 c.p. che è da ritenersi integrato anche dalla "condotta del proprietario di un immobile che sostituisce la chiave della serratura di un appartamento in danno di chi vanti in relazione a questo anche solo il compossesso o la codetenzione". Figuriamoci nel caso di specie, in cui è pacifico che l'uomo fosse anche l'unico proprietario dell'appartamento che l'imputata si era impegnata a lasciare.

In merito, pertanto, è corretto il ragionamento del giudice di merito nel ritenere integrati gli estremi del reato. Tuttavia, sul punto dell'erroneità della mancata applicazione dell'esimente di cui all'art. 131-bis c.p. la donna ha ragione. La sentenza impugnata, infatti, ha escluso l'operatività della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in ragione degli interessi pubblici e privati tutelati dalla norma incriminatrice violata. "Un assunto palesemente erroneo – hanno affermato da piazza Cavour - posto che il legislatore ha indicato espressamente le fattispecie astratte di illecito penale cui l'esimente non è applicabile individuandole nei reati per i quali è prevista una pena detentiva superiore nel massimo a 5 anni" presupponendo quindi per tutte le altre figure di delitti e contravvenzioni "la necessità per il giudice di procedere ad una valutazione in concreto".

Da qui la necessità di disporre l'annullamento. Parola, dunque, al giudice del rinvio.

Data: 23/09/2016 14:00:00
Autore: Marina Crisafi