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Cassazione: cade il reato di ingiuria se il cliente ha offeso il suo avvocato per contestare la parcella

Per i giudici, la portata delle frasi utilizzate va apprezzata nello specifico contesto del rapporto professionale


di Valeria Zeppilli – Con sentenza numero 451/2016, depositata l'otto gennaio scorso (qui sotto allegata), la Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di ingiuria.

In particolare, i giudici hanno in questa occasione chiarito che la nozione di onore rilevante ai fini della fattispecie criminosa in esame va connessa alle qualità che conferiscono valore all'individuo colpito dalle ingiurie.

A tal fine è fondamentale inserire le espressioni specifiche utilizzate dall'imputato all'interno del determinato contesto spazio-temporale in cui sono state pronunciate e prestare attenzione particolare alla sensibilità sociale del momento.

Nel caso di specie, ad essere accusata era una donna che, a seguito delle richieste di pagamento avanzate dal suo avvocato, si era rivolta a lui con una serie e-mail dai toni reputati dal legale ingiuriosi. La donna aveva scritto tra le altre cose frasi del tipo: "È scandaloso, il suo comportamento. Dove vuole arrivare?... Si vergogni ad insistere".

Condannata in primo grado dal giudice di pace, la donna non ci sta e il processo arriva in sede di legittimità.

A ragione si può dire, dato che la Cassazione, sulla base delle argomentazioni sopra riportate, dà ragione all'imputata.

In particolare, i giudici hanno sottolineato non solo, come detto, che in materia di ingiuria la nozione di onore si riferisce alle qualità che concorrono a determinare il valore del soggetto, ma anche che quella di decoro, invece, si riferisce al rispetto o al riguardo di cui ciascuno è comunque degno, in quanto essere umano.

La Corte ha poi precisato che la portata delle frasi utilizzate va apprezzata nello specifico contesto del rapporto professionale: dato che la donna non è trascesa in gratuiti attacchi alla persona ma si è limitata ad esprimere il proprio dissenso rispetto alle richieste del difensore di pagamento del proprio compenso, la sentenza di primo grado va annullata senza rinvio in quanto il fatto non sussiste.

Data: 13/01/2016 19:56:00
Autore: Valeria Zeppilli