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Cassazione: l'onorario dell'avvocato si determina in base al valore effettivo della controversia

Nella revocatoria fallimentare l'onorario si liquida ex art. 6, comma 2, d.m. 127/2004 con riferimento al valore dei beni oggetto dell'azione


di Lucia Izzo - In tema liquidazione degli onorari a carico del cliente ed in favore dell'avvocato per l'opera prestata in un giudizio relativo ad azione revocatoria, il valore della causa - laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile - si determina, ex art. 6, comma 2, del d.m. n. 127 del 2004, non già sulla base del credito a tutela del quale si è agito in via revocatoria, bensì del valore effettivo della controversia.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 25801/2015 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso proposto da un avvocato contro un decreto del Tribunale di Marsala.
Il ricorrente lamenta che il giudice delegato abbia erroneamente liquidato gli onorari spettantigli in euro 11.153,98, anziché nella misura richiesta di euro 45.655,02 quale difensore della curatela in un giudizio per revocatoria fallimentare.

Per i giudici di merito, diversamente da quanto previsto per la revocatoria ordinaria, gli onorari per i giudizi per revocatoria fallimentare "vanno liquidati con riferimento al valore del bene oggetto dell'atto dispositivo, in quanto l'azione non viene proposta a tutela di uno specifico credito della procedura".

Il ricorrente, invece, contesta che sia possibile distinguere tra revocatorie ordinarie e revocatorie fallimentari, atteso il significato letterale delle norme e considerata la ormai consolidata giurisprudenza della comune natura indennitaria delle due azioni.

Gli Ermellini respingono in toto le doglianze attoree, evidenziando che per la liquidazione degli onorari dell'avvocato per l'opera prestata in giudizio relativo ad azione revocatoria, se il valore della causa risulta manifestamente diverso da quello presunto dal codice di procedura civile, bisogna fare riferimento all'art. 6, comma 2, del d.m. n. 127/2004 e tenere conto del valore effettivo della controversia.

Occorre del resto rilevare che "l'entità del passivo fallimentare è soggetto a modifiche, mentre l'entità di quanto effettivamente percepiranno i creditori ammessi non è predeterminabile prima della redazione del piano di riparto definitivo".
Pertanto, pur essendo indiscusso che il valore della causa va definito in base al "disputatum" risulta plausibile il convincimento espresso dai giudici del merito "che il valore effettivo della controversia vada determinato con riferimento al valore dei beni oggetto dell'azione".
Il ricorso va pertanto rigettato.
Data: 28/12/2015 19:33:00
Autore: Lucia Izzo