Saluto romano: reato di pericolo concreto e presunto Annamaria Villafrate - 21/04/24  |  Inadempimento obbligo vaccinale: illegittima la detrazione di anzianità di grado United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 19/04/24  |  La scienza smascherata United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 21/06/23  |  Compiti a casa: i docenti devono usare il registro elettronico  Redazione - 12/04/23  |  Annullate multe over50: la prima sentenza United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 26/03/23  |  

All'esame del Parlamento la modifica della legge Pinto: oltre al danno anche la beffa?

La legge di stabilità tende a frapporre ostacoli, alcuni insormontabili, alle richieste di indennizzo per l'eccessiva durata dei processi


Avv. Paolo Accoti - La legge 24 marzo 2001, n.89, cd. legge Pinto, nell'attuale formulazione (a seguito delle modificheintrodotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 e, successivamente, dalla L. 6 giugno 2013, n. 64), ha introdotto la previsionedell'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole delprocesso.

Pertanto, chi ha subito undanno patrimoniale o non patrimoniale per la violazione dell'anzidetto termine,ha diritto ad una equa riparazione.

La violazione deve essereaccertata dal giudicante valutata la complessità del caso, l'oggetto delprocedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante ilprocedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o acontribuire alla sua definizione.

Per quanto riguarda latempistica, si considera rispettato il termine ragionevole se il processo noneccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, diun anno nel giudizio di legittimità, in ogni caso, si considera rispettato iltermine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in untempo non superiore a sei anni.

Non è riconosciuto alcunindennizzo: a) in favore della parte soccombente condannata per responsabilitàaggravata (art. 96 c.p.c.); b) se viene accolta la domanda giudiziale in misuranon superiore all'eventuale proposta conciliativa (art. 91 c.p.c.); c) in casodi accoglimento della domanda giudiziale nella misura corrispondente allaproposta di mediazione rifiutata (art. 13 L. 28/2010; d) nel caso di estinzionedel reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie dellaparte; e) quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione delprocesso penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini sopravisti; f) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbiadeterminato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.

Per quanto concerne lamisura dell'indennità, questa viene determinata dal giudice con una somma didenaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascunanno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine di ragionevoledurata del processo. L'indennizzo viene determinato in relazione dell'esito delprocesso nel quale si è verificata la violazione, del comportamento del giudicee delle parti, della natura degli interessi coinvolti, del valore e dellarilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personalidella parte.

In ogni caso, la misuradell'indennizzo, non può essere superiore al valore della causa o, se inferiore,a quello del diritto accertato dal giudice.

Con la legge di stabilità2016 (Disegno di legge, 25/10/2015, n. 2111), approvato in Senato il 27novembre 2015, ed ora all'esame della Camera dei Deputati, sono state previstesostanziose modifiche alla legge Pinto.

Indubbiamente, il testopredisposto dal Consiglio dei Ministri, per come già licenziato al Senato,prevede una serie di “ostacoli”, alcuni difficilmente superabili, per poterottenere l'agognato risarcimento a seguito dell'irragionevole durata delprocesso, per il quale peraltro sono state stabilite anche delle riduzioni altetto massimo indennizzabile.

Tanto “al fine di razionalizzare i costi”,un'espressione che addirittura appare beffarda, in considerazione del fatto chequesti - gioco forza - graverebbero esclusivamente a carico degli utenti dellagiustizia che hanno subito l'irragionevole durata del processo e che magari nonsi trovano nelle condizione di poter ottenere un equo indennizo.

L'art. 1-ter, prevede lanecessità per la parte in giudizio di esperire “rimedi preventivi”, vale a dire, nei processi civili, l'introduzionedel giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui agliarticoli 702-bis e seguenti c.p.c. ovvero formulare richiesta di passaggio dalrito ordinario al rito sommario a norma dell'articolo 183-bis del codice diprocedura civile, entro l'udienza di trattazione e, comunque, almeno sei mesiprima che siano trascorsi tre anni in primo grado. Nelle cause in cui non siapplica il rito sommario di cognizione, ivi comprese quelle in grado diappello, costituisce rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguitodi trattazione orale (art. 281-sexies c.p.c.), almeno sei mesi prima che sianotrascorsi i termini di cui all'art. 2 comma 2 bis (tre anni in primo grado, duein secondo).

Sono rimedi preventivi:nei giudizi penali, il deposito di un'istanza di accelerazione almeno sei mesiprima che siano trascorsi i termini all'articolo 2, comma 2-bis (tre anni inprimo grado, due anni in secondo); nei giudizi dinanzi al giudiceamministrativo la presentazione dell'istanza di prelievo, almeno sei mesi primache siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis; nelprocedimento contabile e nei giudizi di natura pensionistica davanti alla Cortedei conti il deposito di un'istanza di accelerazione, almeno sei mesi prima chesiano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis; nei giudizidavanti alla Corte di cassazione il deposito un'istanza di accelerazione almenodue mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis(un anno nel giudizio di legittimità).

Le conseguenze in meritoal mancato esperimento dei “rimedipreventivi”, non sono di poco conto, attesoche la domanda di equa riparazione in merito all'irragionevole durata delprocesso risulterebbe inammissibile (art. 2, comma 1), pertanto, dettirimedi risulterebbero obbligatori.

Con la formulazione deipredetti “rimedi preventivi” nel processo civile, sembrerebbe che illegislatore abbia voluto quasi imporre l'utilizzo del rito sommario dicognizione, ex art. 702 c.p.c., salvo nei casi in cui lo stesso, per esplicitaprevisione normativa, risulterebbe inapplicabile (cause dinnanzi al giudice dipace; dinnanzi al tribunale in composizione collegiale; riti speciali: lavoro,locatizio, ecc.).

Questa sorta diimposizione alla scelta di detto rito, come l'ulteriore previsione dellarichiesta di passaggio dal rito ordinario al rito di cognizione sommario cozza,tuttavia, con la realtà processuale.

Ed invero, il ritosommario è generalmente caratterizzato dall'evidenza della prova, spessodocumentale (leggi: "La proponibilità della domanda cautelare nel corso di ungiudizio sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c. Il caso De Luca"), di talché lo stesso risulta inconciliabile in tutte quellesituazioni, la stragrande maggioranza, in cui per l'accoglimento della domandagiudiziale, o per resistervi, vi sia necessità di istruire la causa, magari conl'escussione di testimoni ovvero con la richiesta di consulenza tecnicad'ufficio, in ragione del riparto dell'onere probatorio.

Ciò posto, vincolarele parti in causa all'utilizzo di tale rito sommario di cognizione da un verso,in caso di scelta diversa, potrebbe escludere alla radice qualsivoglia futuraipotesi di indennizzo per eccesiva durata del processo, dall'altra esporrebbele stesse parti e, per essi, i rispettivi legali, ad avviare domandegiudiziarie in cui il rischio di non raggiungere la prova del diritto èelevatissimo in carenza di adeguata istruttoria.

In disparte il problema relativoa tutti quei giudizi in cui il rito sommario di cognizione risultaincompatibile, al pari della richiesta di trattazione orale della causa ex art.281-sexies c.p.c., come ad esempio nelle cause di lavoro, per il qualerisulterebbe impossibile l'esperimento dei cd. rimedi preventivi.

Inoltre, negli altriprocedimenti (penale, amministrativo, ecc.), collegare la possibilità delrisarcimento da eccesiva durata del processo al deposito di un'istanza di“accelerazione”, risulterebbe retorico, oltre che artificioso.

Ciò, infatti, equivarrebbea dire che il Magistrato, cui spetta la conduzione dell'udienza, oltre che lascansione temporale delle udienze, non fissa le stesse in ragione del carico dilavoro - quasi sempre ai limiti dell'umano - e pertanto in virtù dell'effettiveesigenze di ruolo giudiziario, atteso che, secondo il legislatore, basterebbeuna mera istanza acceleratoria per anticipare le udienze.

Tanto a dimostrazione delfatto che chi formula tali proposte di legge o non conosce i reali carichi dilavoro degli organi giudiziari ovvero ritiene che la fissazione delle udienze, cosidilatate nel tempo, siano ingiustificate.

Peraltro, la nuovaformulazione dell'art. 2, comma 2-quinquies, escluderebbe alla radicequalsivoglia indennizzo, oltre che nelle attuali ipotesi sopra viste e che siriportano (in favore della partesoccombente condannata per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.; b) seviene accolta la domanda giudiziale in misura non superiore all'eventualeproposta conciliativa (art. 91 c.p.c.); c) in caso di accoglimento delladomanda giudiziale nella misura corrispondente alla proposta di mediazionerifiutata (art. 13 L. 28/2010; d) nel caso di estinzione del reato perintervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte; e) quandol'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale neitrenta giorni successivi al superamento dei termini sopra visti; f) in ognialtro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato unaingiustificata dilazione dei tempi del procedimento), ora anche in danno dellaparte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originariao sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all'articolo 96 c.p.c.

Ebbene l'indeterminatezzadi tale previsione è cosi manifesta che risulta di difficile comprensione.

Ed invero, l'ipotesi diabuso processuale di cui all'art. 96 c.p.c., per come unanimementericonosciuto, concede al giudice un potere ampiamente discrezionale di cui,peraltro, risultano incerti anche i presupposti per la concreta applicabilità.

Ciò posto, prevederel'esclusione dell'indennizzo da eccessiva durata del processo, anche al di fuori delle già incerte ipotesidi cui all'art. 96 c.p.c., è come cristallizzare la possibilità di unaulteriore discrezionalità su una valutazione già di per sé discrezionale.

In altri termini, con unavalutazione così abnormemente discrezionale, si corre il rischio di escluderealla radice qualsiasi ipotesi di indennizzo ovvero di creare delleinaccettabili disparità di trattamento, con decisioni diametralmente opposterese in casi identici, in relazione al grado di discrezionalità di cui èportatore questo o quel giudicante.

Inoltre, per non farcimancare nulla, rispetto all'attuale formulazione è prevista una riduzione dellesomme liquidabili a titolo di risarcimento per eccessiva durata del processo.

Infatti, con la legge distabilità 2016, le somme che il giudice può liquidare a titolo di equariparazione, sono ridotte a una somma didenaro non inferiore a euro 400 e non superiore a euro 800 per ciascun anno,o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole didurata del processo, con possibilità di incrementaredetta somma fino al 20 per cento pergli anni successivi al terzo e fino al40 per cento per gli anni successivi al settimo, e possibilità di riduzione fino al 20 per cento quandole parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo sono più dicinquanta, con diminuzione fino a unterzo in caso di integrale rigetto delle richieste della parte ricorrentenel procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce (art. 2 bis).

Infine, per quantoconcerne la competenza territoriale e per materia nonchè il contenuto delladomanda, viene stabilito che la stessa si propone con ricorso al Presidente della Corte d'Appello del distretto incui ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processopresupposto e la domanda, che avrà laforma del ricorso, deve indicare l'ufficiogiudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni,ai sensi dell'art. 125 c.p.c.

Data: 12/12/2015 14:00:00
Autore: Avv. Paolo Accoti