Saluto romano: reato di pericolo concreto e presunto Annamaria Villafrate - 21/04/24  |  Inadempimento obbligo vaccinale: illegittima la detrazione di anzianità di grado United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 19/04/24  |  La scienza smascherata United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 21/06/23  |  Compiti a casa: i docenti devono usare il registro elettronico  Redazione - 12/04/23  |  Annullate multe over50: la prima sentenza United Lawyers for Freedom - ALI Avvocati Liberi - 26/03/23  |  

Anche se sopra i vestiti, la “palpatina” al sedere è violenza sessuale

Non è semplice molestia lo “strusciamento” forzato del datore di lavoro a danno di una dipendente, ma violenza sessuale. Lo dice la Cassazione


diMarina Crisafi –Giusto una palpatina al sedere,sopra i vestiti, e ogni tanto una toccatina al seno ma niente di serio, non puòintegrare un reato così grave come la violenza sessuale.

Questa la tesi difensiva del proprietario di un ristorante accusatodi violenza sessuale a danno di unapropria dipendente.

Tesi che non reggeminimamente di fronte ai giudici di merito. Condannato in primo grado a dueanni e mezzo di reclusione per aver più volte costretto la donna a subire, conviolenza tesa a impedirle movimenti e minacce, “atti sessuali consistiti nello strusciarsi addosso toccandole il senoe varie parti del corpo”, preceduti da parole e discorsi osceni, all'uomo venivano riconosciute leattenuanti generiche in appello e la pena veniva ridotta a un anno e diecimesi di reclusione.

Avversotale ultima sentenza, l'imputato adiva la Cassazione, lamentando lamancata qualificazione della condotta nelreato di molestie sessuali, anziché nel più grave reato di violenza, postoche i comportamenti erano a suo dire “improntatia leggerezza e immaturità”, ma non espressione della volontà di abusaresessualmente della donna, e citando, a supporto, la stessa deposizione dellaparte offesa che lo aveva descritto con le parole “faceva un po' così, faceva lo stupidino”, quasi a voler indicare l'esistenzadi un rapporto confidenziale.

Ma il Palazzaccio risponde picche e ricorda che “integra il reato di violenza e nonquello di molestia sessuale (art. 660 cod. pen.) la condotta consistente nel toccamento non casuale dei glutei, ancorché sopra i vestiti, essendoconfigurabile la contravvenzione solo in presenza di espressioni verbali asfondo sessuale o di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversidall'abuso sessuale”. Pertanto, se dalleespressioni verbali si passa ai toccamenti a sfondo sessuale, "il delittoassume la forma tentata o consumata a seconda della natura del contatto e dellecircostanze del caso".

Benehanno fatto, dunque, i giudici di merito a collocare la condotta criminosaposta in essere dall'imputato nell'ambito della più grave fattispecie incriminatrice di cui all'art. 609-bis c.p.

Parimentiinammissibile per la Cassazione gli altri motivi del ricorso relativi all'illogicitàdella motivazione in punto di attendibilitàdella deposizione della persona offesa e circa l'esistenza di un nesso dicausalità tra la patologia diagnosticata alla stessa e gli abusi sessuali.

Quantoal primo punto, i giudici di merito hanno correttamente evidenziato la credibilità della teste/parte offesa,vista l'assenza di ragioni di malanimo e risentimenti nei confronti dell'imputato,avvalorata peraltro dagli altri testi.

Esempre correttamente e adeguatamente, venendo al secondo punto, i giudici hannomotivato sul nesso di causalitàesistente tra le lesioni causate alla donna (disturbo post-traumatico dastress e depressione) e gli abusi subiti,richiamando puntualmente le deposizioni dei medici che l'ebbero in cura.

Né può essere consideratoattendibile, infine, con riferimento al biglietto manoscritto dall'uomo e lasciatoall'interno di una delle buste paga della donna, con la frase “una seghetta domenica” cui erano spillate 30,00 euro,quanto sostenuto dall'uomo che tale testo “dovevaessere considerato parte di una frase più estesa e priva di riferimentisessuali”. La circostanza, infatti, che la frase fosse vergata proprio alcentro del foglio, ha concluso la Cassazione, concordando ancora una volta coni giudici di merito, rendeva impossibile “che detta espressione potesse formareoggetto di un discorso più articolato”.

Percui, in definitiva, non vi sono dubbisulla conferma del reato e sul rigetto del ricorso, con condanna alpagamento delle spese processuali.

Data: 21/06/2015 08:00:00
Autore: Marina Crisafi