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Cassazione: Lecito "spiare" il dipendente con un falso profilo Facebook per poi licenziarlo

Per la Suprema Corte sono ammessi i controlli difensivi occulti se diretti ad accertare comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa


di Marina Crisafi - Da oggi in poi il datore di lavoro può creareun falso profilo su Facebook al solofine di “incastrare” il dipendente sulla cui “diligenza” nutre già dubbi. Alegittimare tale condotta è la Cassazione,con la sentenza n. 10955 depositataieri (qui sotto allegata), approvando il modus operandi aziendale e confermando il licenziamentodel lavoratore.

Per la S.C. sono da considerarsi accertati i fatti rilevati dai giudici dimerito, dai quali emergeva che il responsabile del personale dell'impresa avevacreato un profilo di donna su Facebookchiedendo l'amicizia a un dipendente, già sorpreso ad assentarsi dallapostazione di lavoro per parlare a lungo al telefono (bloccando così ilmacchinario cui era addetto) e con un ipad collegato alla rete nell'armadiettopersonale. Nei giorni successivi alla richiesta di amicizia, il dipendenteaveva confermato ogni dubbio sulla negligenza, chattando per molto tempo e durante gli orari di lavoro. Sulla basedi questi elementi, quindi, era scattato il licenziamento per giusta causa, legittimato dai giudici di merito eora anche da piazza Cavour.

Pur sostenendo la necessità di un bilanciamento tra il potere di controllodel datore di lavoro e il diritto alla privacy del dipendente, resa ancora più essenzialedall'imminente emanazione del decretoattuativo sui controlli a distanza, nell'ambito del Job's Act, la sezionelavoro, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha ritenuto che l'accertamento svolto nei suoi confronti integrassealcuna violazione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori.

Per gli Ermellini, infatti, laddove il controllo sia diretto “non già averificare l'esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire laperpetrazione di comportamenti illeciti, si è fuori dallo schema normativodell'art. 4 n. 300/70”.

Come rilevatoanche dai giudici di merito, il controllo messo in campo dall'azienda era “difensivo”,in quanto teso soltanto a sanzionare una condotta idonea “a ledere il patrimonio aziendale, sotto il profilo del regolarefunzionamento e della sicurezza degli impianti”. Peraltro, il controllo era stato effettuato “ex post”, ossia dopo i precedentiriscontri sulla negligenza del dipendente sul posto di lavoro. Per cui haconcluso la S.C., la creazione del falso profilo su Fb non costituisce di per séuna “violazione dei principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione delrapporto di lavoro” in quanto attiene ad una “mera modalità di accertamentodell'illecito commesso dal lavoratore, non invasiva, né deduttiva dell'infrazione”.

Data: 28/05/2015 14:10:00
Autore: Marina Crisafi