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L'avvocato sbaglia giudice e perde la causa? Il cliente deve pagarlo comunque

Il cliente deve pagare anche se il proprio difensore ha sbagliato il giudice adito, a meno che non provi che senza l'errore avrebbe vinto la causa


diMarina Crisafi – Seil legale sbaglia giudice e perde lacausa, il cliente deve pagarlo comunque salvo che non fornisca la prova che se il difensore avesse agitocorrettamente avrebbe vinto.

È quanto ha affermato la terza sezionedella Cassazione, giungendo aconclusioni diametralmente opposte rispetto alla pronuncia di pochi giorni fasu una fattispecie simile (leggi “Causapersa per la tattica sbagliata? Anche se condivisa col cliente, paga l'avvocato”),con la sentenza n. 10526 pubblicataieri, confermando il decretoingiuntivo ottenuto dall'avvocato nei confronti del proprio assistito peril pagamento dei compensi per l'attività professionale prestata in quattrocause diverse.

Proprio da una di queste traeva origine ilfulcro della vicenda, considerato che il professionista in uno dei giudizi incui aveva difeso l'assistito nonostante la presenza di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale introducevaerroneamente la domanda innanzi al giudice ordinario, con l'ovviaconseguenza della dichiarata improponibilità della domanda.

Naturale allora la doglianza del clienteche sosteneva che se l'azione fosse stata correttamente proposta davanti alcollegio arbitrale, la sua domanda sarebbe stata accolta, chiedendo quindi la revoca del decreto ingiuntivo oppostoe domandando la condanna dell'avvocato al pagamento in suo favore del risarcimentodei danni subiti.

Indubbiamente una lamentela fondata.

Peccato, però, che, ha osservato la Cassazione,in materia di responsabilità del prestatored'opera intellettuale nei confronti del proprio cliente, la negligenza nello svolgimento “dell'attività professionale presupponela prova del danno e del nesso causale fra la condotta del professionista eil pregiudizio del cliente”.

Qualora sitratti dell'attività dell'avvocato, l'affermazione della responsabilità percolpa professionale, ha proseguito la S.C., implica una “valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell'azionegiudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita;tale giudizio da compiere sulla base di una valutazione, necessariamenteprobabilistica, è riservato al giudicedel merito, con decisione non sindacabile in sede di legittimità seadeguatamente motivata e immune da vizi logici”.

Decisiva,dunque, ai fini del rigetto del ricorso, come correttamente valutato dalla Corted'appello, la mancanza della prova da parte dell'assistito, il quale si eralimitato ad una “censura tautologica”,affermando che se la domanda fosse stata proposta davanti al collegioarbitrale, avrebbe avuto “seria e concreta probabilità di riuscita”.

Non basta una simile affermazione a superare lamotivazione di rigetto, tanto più che il ricorso, haconcluso la S.C., “non fornisce alcunaindicazione relativa ai successivi sviluppi della causa davanti al collegioarbitrale”.

Data: 23/05/2015 17:30:00
Autore: Marina Crisafi