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Nessun demansionamento per il giornalista che dalla “penna” passa alla “cucina”

Per la Cassazione l'attività di desk ha pari dignità a quella della redazione degli articoli ed anzi è presupposto indefettibile per la qualifica di redattore


di Marina Crisafi – Passare dalla scrittura di articoli a quella didesk non può considerarsi demansionamento per un giornalista. Lo hachiarito la Cassazione, con lasentenza n. 9119 depositata il 6 maggioscorso, rigettando il ricorso del redattore di un noto quotidiano di Napoli chenel 1995 era stato trasferito dall'editore da un settore all'altro dellaredazione centrale.

Il cronista avevatrascinato la società editrice in giudizio lamentando di essere stato dequalificato poiché spostato dal “prestigioso”settore della cronaca, politica e nazionale, a quello della c.d. attività di “cucina”, con laconseguente perdita del rapporto diretto con le fonti di informazione e della visibilitàdella firma. Chiedeva, quindi, di esserereintegrato nelle precedenti funzioni e di essere risarcito per i danniprofessionali subiti.

Ma il Palazzaccio, dando ragione al giudice d'appello, ha affermato che latitolazione dei pezzi, la scelta delle foto a corredo e l'impaginazione, ovverotutte quelle mansioni necessarie per larealizzazione del giornale quale “prodotto finale”, non solo rappresentano un'attività posta sullo stesso piano dellascrittura vera e propria, ma anzi “tale partecipazionecon apporto di originalità creativa al prodotto collettivo redazionale è il connotato indefettibile della qualifica diredattore”.

Fermo restando che non c'è nessun inaridimento delle fonti giornalistiche,come sostenuto invece dal cronista, che devono comunque essere coltivate.

Per cui se è vero che la professionalitàdel giornalista è tutelata dal contratto nazionale e non può essere certo “mortificata”nelle “segrete” della redazione, è anche vero che il Cnlg non prevede alcuna figuraautonoma di articolista da contrapporre a quella del “deskista” cherappresentano mere distinzioni di comodoall'interno della “categoria” del redattore. E non può dirsi tale chi silimita a trasmettere le notizie dall'esterno senza prendere parte alla vita diredazione, dove viene fornito quel contributo di creatività collettiva all'operache arriva quotidianamente in edicola.

E, tant'è, che nella realtàpiù diffusa, il giornalista fa l'uno e l'altro.

Quanto alla visibilità della firma, questa è “fonte di mere aspettative” ma nonrappresenta nessun “diritto in capo al redattore e non condiziona il datore dilavoro nelle sue scelte organizzative”.

Né può assumere rilievo l'asserito intentodiscriminatorio dell'editore, giacché l'ordine di servizio che ha spostatoil redattore al desk non era individuale ma riguardava anche altri colleghidella redazione.

Per cui, indefinitiva, è escluso qualsiasi danno alla professionalità e piazza Cavour, non potendo certo restituire la “penna” algiornalista si è limitata a compensare le spese data la complessità dellaquestione.

Data: 08/05/2015 09:20:00
Autore: Marina Crisafi