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Mai più precari. La Corte di Giustizia Europea e il Tribunale di Napoli dichiarano l'illegittimità dei reiterati contratti a tempo determinato.

E' contrario al diritto dell'unione il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliaro


Avv. Paolo Accoti

avv.paolo.accoti@gmail.com

LaCorte di Giustizia Europea, con riferimento all'accordo quadro sul lavoro atempo determinato (concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999), ha da ultimo ritenuto, e ribadito, che è contrario al diritto dell'Unione ilrinnovo di contratti a tempodeterminato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e dipersonale amministrativo, tecnico e ausiliaro”, quando ci si trovidinnanzi ad un blocco delle procedure concorsuali per l'assunzione, “senza indicare tempi certi perl'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento deldanno subito a causa di un siffatto rinnovo”.

LaCorte, dopo aver chiarito che l'accordo quadro si applica a tutti i lavoratori, sia del pubblico impiego cheprivato e in ogni settore di attività, evidenzia come l'accordo quadro - alfine di prevenire abusi - impone agli Stati membri che il ricorso ad unasuccessione di contratto a tempo determinato sia disposto almeno da una delleseguenti misure: l'indicazione delleragioni obiettive che giustificano il rinnovo dei contratti ovvero la determinazione della durata massimatotale dei contratti o del numerodei loro rinnovi.

GliStati membri, inoltre, devono garantire il rispetto dell'accordo, prevedendo una misura sanzionatoriaproporzionata, effettiva e dissuasiva.

Lamisura sanzionatoria, pertanto, è lo snodo cruciale nei rapporti tra lalegislazione italiana e quella europea, ilcrocevia per la legittimità, o meno, della successione dei contratti atempo determinato.

Ciòposto, con particolare riguardo all'impiego pubblico, nel nostro ordinamentovige il principio per cui: “In ogni caso,la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiegodi lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare lacostituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesimepubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Illavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dallaprestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative ...” (art.36 co. V D.Lgs. 165/2001).

Inaltri, termini, nel settore pubblico, a differenza di quanto previsto in quelloprivato, vige il divieto ditrasformazione o costituzione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,tanto sulla scorta del generale principio per cui nelle pubblicheamministrazioni si accede mediante concorso (art. 97 Cost.): è previsto,infatti, il solo diritto al risarcimentodel danno che, in ogni caso, andrà rigorosamente provato.

LaCorte di Giustizia Europea, a tal proposito, richiamata la Direttiva 1999/70/CEche, come visto, ha recepito l'Accordo quadro sui contratti a tempo determinatodel 18 marzo 1999, non esclude in lineadi principio la possibilità di previsione di un diverso regime sanzionatoriotra lavoratore pubblico e lavoratore privato, esattamente quello cheavviene nella legislazione italiana, tuttavia ritiene necessario che la relativasanzione, quand'anche disomogenea sia, tuttavia, proporzionata, effettiva e dissuasiva dell'utilizzo abusivo deilavoratori a termine.

Glistati membri, pertanto, hanno il doveredi adottare disposizioni sufficienti e adeguate a combattere il ricorsoillegittimo al contratto di lavoro a termine: ciò non vuol dire che,necessariamente, dovrà essere prevista la sanzione della trasformazione delrapporto a tempo indeterminato, ben potendosi disporre anche una misuradiversa, purché idonea allo scopo.

Tantoè vero che: “Affinché una normativanazionale che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contrattodi lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempodeterminato potrà essere considerata conforme all'accordo quadro, l'ordinamentogiuridico interno dello stato membro interessato deve prevedere, in talesettore, un'altra misura effettiva per evitare ed eventualmente sanzionare,l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione”(C.G.E., sentenza 07/09/06, causa C-53/04 e C-180/04).

Tuttavia:“Qualora l'ordinamento giuridico internodello Stato membro interessato non prevede, nel settore considerato, altramisura effettiva per evitare e, nel caso, sanzionare l'utilizzazione abusiva dicontratti a tempo determinato successivi, il detto accordo quadro ostaall'applicazione di una normativa nazionale che vieta in maniera assoluta, nelsolo settore pubblico, di trasformare in un contratto di lavoro a tempoindeterminato una successione di contratti a tempo determinato che, di fatto,hanno avuto il fine di soddisfare fabbisogni permanenti e durevoli del datoredi lavoro e devono essere considerati abusivi”(C.G.E., sentenza 04/07/06,C-212/04).

Nelcaso dell'Italia, con particolare riferimento al pubblico impiego, come visto,la misura atta a sanzionare l'utilizzo abusivo del contratto a termine è il risarcimento del danno.

Perprincipio generale del nostro ordinamento, chi vuol far valere un diritto ingiudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (cd. oneredella prova), pertanto, il diritto al risarcimento del danno da illegittimasuccessione di contratti a tempo determinato deve essere provato dal lavoratore.

Nellapratica, tuttavia, assolvere l'anzidetto onere potrebbe risultareparticolarmente difficile, se non addirittura impossibile (probatio diabolica).

LaCorte di Giustizia Europea, perfettamente consapevole delle anzidettedifficoltà - come del resto i Tribunali (Napoli e Aosta) rimettenti laquestione alla suddetta Corte - ha ammonito in merito al fatto che “la provarichiesta in diritto nazionale può rilevarsi difficilissima, se non quasiimpossibile da produrre da parte del lavoratore …. Pertanto, non si puòescludere che questa prescrizione sia tale da rendere praticamente impossibileo eccessivamente difficile l'esercizio, da parte di questo lavoratore, deidiritti attribuitigli dall'ordinamento dell'Unione e, segnatamente, del suodiritto al risarcimento del danno sofferto, a causa dell'utilizzo, da parte delsuo ex datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro atempo determinato” (C.G.E., ordinanza 12/12/2013, C - 50/13).

Pertanto,ritenuto che: “L'accordo quadro sullavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegatoalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativaall'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev'essereinterpretato nel senso che esso non osta ai provvedimenti previsti da unanormativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, laquale, nell'ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di un datore di lavoropubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato,prevede soltanto il diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere ilrisarcimento del danno che egli reputi di aver sofferto a causa di ciò,restando esclusa qualsiasi trasformazione del rapporto di lavoro a tempodeterminato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento èsubordinato all'obbligo, gravante su detto lavoratore, di fornire la prova diaver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego, se detto obbligo hacome effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficilel'esercizio, da parte dal citato lavoratore, dei diritti conferitidall'ordinamento dell'Unione” (C.G.E., ordinanza 12/12/2013, C - 50/13. Nellostesso senso: C.G.E., sentenze C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13),ha rinviato la questione al giudice italiano che dovrà valutare in che misura ledisposizioni di diritto nazionale volte a sanzionare il ricorso abusivo, daparte della pubblica amministrazione, a una successione di contratti o rapportidi lavoro a tempo determinato siano conformi a questi principi”.

Lamedesima Corte, come sopra ricordato, ha avuto modo di esprimersi anche inmateria scolastica, in particolare, con la sentenza C-22/13, su rinviopregiudiziale del Tribunale di Napoli (ordinanze del 2, 15 e 29 gennaio 2013) edella Corte costituzionale (ordinanza del 3 luglio 2013).

Ilcaso riguardava il personale precario (docenti e collaboratori amministrativi)della scuola, assunto con reiterati contratti a termine. Il Tribunaleremittente chiedeva sostanzialmente se: ““sela clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro (sul lavoro a tempo determinato)debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale … che autorizzi,in attesa dell'espletamento di procedure concorsuali per l'assunzione dipersonale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro atempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docentinonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempicerti per l'espletamento di tali concorsi ed escludendo qualsiasi possibilità,per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del dannoeventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”.

LaC.G.E. con un ragionamento assolutamente logico, rilevato come l'assunzione dipersonale nelle scuole statali può aver luogo sia con l'immissione in ruolo(tempo indeterminato) che con contratto a termine (supplenze), laddove vi sial'esigenza temporanea di sostituire il personale momentaneamente assente, inlinea di principio soddisfa i requisiti di cui all'Accordo Quadro, emergendouna “ragione obiettiva” e, pertanto,una necessità provvisoria del datore di lavoro.

Tuttavia,in considerazione del fatto che gli ultimi concorsi per l'immissione a ruolorisalgono oramai agli anni 1999 e 2011 e, nelle more non è stata previstaalcuna successiva procedura concorsuale, né esiste un termine perl'espletamento della stessa, conclude che: “lanormativa nazionale italiana, in assenza di un termine preciso perl'organizzazione e l'espletamento delle procedure concorsuali che pongono finealla supplenza e, pertanto, del limite effettivo con riguardo al numero disupplenze annuali effettuato da uno stesso lavoratore per coprire il medesimoposto vacante, è tale da consentire, inviolazione della clausola 5, punto 1, lettera a), dell'accordo quadro, ilrinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfareesigenze che, di fatto, hanno un carattere non già provvisorio, ma, alcontrario, permanente e durevole, a causa della mancanza strutturale di postidi personale di ruolo nello Stato membro considerato”.

Peraltro,considerato che: “… la normativanazionale di cui trattasi esclude qualsivogliadiritto al risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a unasuccessione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settoredell'insegnamento. In particolare, è pacifico che il regime previstodall'articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 nel caso diricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubbliconon può conferire un siffatto diritto”, e che, comunque, “…. è altresì incontroverso che la normativanazionale di cui trattasi nei procedimenti principali non consenta neanche la trasformazione dei contratti di lavoro a tempodeterminato successivi in contratto o rapporto di lavoro a tempo indeterminato,essendo esclusa l'applicazione dell'articolo 5, comma 4 bis, del decretolegislativo n. 368/2001 alla scuola statale”, afferma la C.G.E. che: “si deve rispondere ai giudici del rinviodichiarando che la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro deve essereinterpretata nel senso che osta a una normativa nazionale”.

LaCorte di Cassazione, anche di recente, ha ricordato che, seppure ladisciplina comunitaria impedisca di rendere eccessivamente difficoltoso allavoratore illegittimamente assunto a termine da una pubblica amministrazioneil diritto ad ottenere il risarcimento dei danni, ad ogni modo, occorre fornirela prova, anche presuntiva, del danno subito, dovendosi chiarire che anche incaso di illegittima assunzione a termine da parte di una pubblicaamministrazione, il danno non può comunque ritenersi in re ipsa, ma provato, secondo i principi sull'onere probatorio edunque anche per presunzioni gravi, precise e concordanti, tali dunque da nonrendere eccessivamente difficoltoso l'esercizio del diritto, da parte dellavoratore (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-12-2014, n. 27363).

Inaltri termini, la prova, anchepresuntiva, deve essere comunque data dal lavoratore, anche se il terminerisulta evidentemente apposto illegittimamente, non essendo questa, da sola,condizione sufficiente per ottenere il risarcimento del danno.

Tuttavia,risulta interessante notare come in sentenza viene anche riportato il principioper cui: “Spetta al giudice nazionalevalutare in che misura le disposizioni di diritto nazionale volte a sanzionareil ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a una successionedi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato siano conformi a questiprincipi", rendendo effettiva laconversione dei contratti di lavoro da determinato ad indeterminato di tutti irapporti a termine successivi con lo stesso datore di lavoro pubblico, dopotrentasei mesi anche non continuativi di servizio precario, in applicazione delD.Lgs. n. 368del 2001, art. 5,comma 4-bis”.

Ebbene,il “giudice nazionale”, inparticolare il Tribunale di Napoli, nella persona del dott. Paolo Coppola, conuna sentenza senz'altro innovativa, oltre che coraggiosa, ha ritenuto che lanormativa nazionale non fosse conforme ai menzionati principi e ha disposto,pertanto, la trasformazione del rapportodi lavoro a tempo indeterminato di alcuni dipendenti del Ministerodell'Istruzione, titolari di reiterati contratti a termini (Sent. n. 530 del21.01.2015).

Lucidoe convincente il ragionamento del Tribunale partenopeo, che opera una minuziosaricostruzione della normativa vigente.

Lostesso, dopo aver richiamato tutti i principi di diritto espressi dalla Cortedi Giustizia Europea, sopra menzionati, rileva come la L. 247/2007, di modificadell'art. 5 del D.Lgs. 368/01 (successivamente modificato dal D.L. 112/2008),prevede che “qualora per effetto disuccessione di contratti a termine … il rapporto di lavoro fra lo stesso datoredi lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentaseimesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzionetra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempoindeterminato”.

Dettanorma, sostiene il Tribunale di Napoli, siapplica anche alla pubblica amministrazione, atteso che il legislatoreladdove ne ha voluto escludere l'ambito di applicazione, lo ha fattoespressamente, come, ad esempio, è avvenuto con la previsione di cui al comma4-ter.

Ricorda,infine, il Tribunale che detta disciplina opera con valutazione dei periodipregressi di lavoro, dal 1° aprile 2009 e che, tuttavia, con il D.L. 70/2011, il legislatore ha espressamente esclusol'applicabilità del menzionato articolo 5 co. 4-bis (D.Lgs. 368/2001) aicontratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze delpersonale docente ed ATA.

Neconsegue che, per lo specifico settore della scuola, ai contratti in essere al24 dicembre 2007 non si applica la sanzione della conversione del superamentodel periodo massimo di 36 mesi; solo dal 1°aprile 2009 il periodo già effettuato alla data dell'1.01.2008 (data dientrata in vigore della L. 247/07) si computa, insieme ai periodi successivi diattività ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citatocomma 4-bis: all'1.04.09 sono infatti decorsi quindici mesi dalla data dientrata in vigore della legge n. 247/07.

Conla predetta sentenza, pertanto, sonostati ritenuti illegittimi i reiterati contratti a termine nel settore scuolache, nel periodo sopra ricordato, hanno superato i trentasei mesi lavorativi,comprensivi di proroghe e rinnovi, evenienza che ha indotto il Tribunale a convertire il rapporto di lavoro a tempoindeterminato, con la ricostruzione dellacarriera con il conteggio, a fini economici e normativi, dell'anzianità diservizio e la corresponsione delle retribuzioni dovute per i periodi diinterruzione del rapporto di lavoro, finoall'effettiva immissione in ruolo.

Restaora da vedere se la menzionata sentenza supererà il vaglio del giudice di appelloe, successivamente, della Corte di Cassazione, considerato che, visti i rilevanti“interessi” in gioco, appare più che probabile, se non certo, il ricorso algravame nei gradi successivi di giudizio.

Avv. Paolo Accoti

STUDIO LEGALE

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Data: 02/02/2015 16:40:00
Autore: Avv. Paolo Accoti