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Processo civile telematico: lo stato dell'arte e il caos dei tribunali

Ma lo stato dell'arte di quella che è stata presentata come la vera rivoluzione della giustizia italiana, non è proprio tutto rose e fiori


Sono trascorsi quattro mesi dal 30 giugno,data dell'entrata in vigore obbligatoria del processo civile telematico. Ma lo stato dell'arte di quella che è stata presentata come la vera rivoluzionedella giustizia italiana, non è proprio tutto rose e fiori.

Nonostante, infatti, i dati positividiffusi dal Ministero della giustizia ad un mese dall'obbligatorietà del Pct,che annunciavano tempi ridotti del 60% ed effetti benefici plurimi (v. articolo "Processo telematico: positivi i dati dopo il primo mese"), in realtà, la vera svoltanon è mai arrivata, le resistenze alla svolta digitale sono tante e molti tribunali sono nel caos.

Si assiste, infatti, ad una diffusione e adun'omogeneizzazione del processo, come evidenziato da molti a “macchia di leopardo”, con cittàperfettamente allineate, sia dal punto di vista della copertura tecnologica chedell'integrale effettuazione dei servizi connessi al Pct, e città in cui invecesi dispone di strumenti limitati e si viaggia parallelamente sul binariodigitale e su quello analogico.

I principali problemi che hanno gettato scompiglio in molti tribunali italianisono ricollegati innanzitutto alle questioni tipicamente legate all'infrastruttura informatica etecnologica.

Come evidenziato da un'indagine svoltadallo stesso Csm all'indomani dell'avvento obbligatorio del Pct: il 40% degli uffici giudiziari non disponedi computer efficienti; le connessionisono solo nel 42% dei casi idonee a sostenere il lusso documentale previsto,mentre il 27% non ne dispone e il 37% naviga a velocità appena sufficienti;infine, anche l'assistenza tecnica,gestita spesso da esterni, lascia a desiderare quanto alle tempistiche degliinterventi, per circa la metà dei tribunali.

La situazione non sembra essere cambiata negliultimi mesi, e a ciò si aggiunge la debolezzainfrastrutturale dei “server” della giustizia che devono ospitare gli atti eche non garantiscono affidabilità nel sistema di continuità. Si sonomoltiplicate, infatti, nel recente periodo, le “denunce” di interruzione del portale dei servizi telematici, checonta milioni di accessi giornalieri, con l'ovvia conseguenza di rendereinaccessibili gli atti, bloccando, di fatto, il lavoro degli operatori eritardando gli adempimenti.

Per non parlare, poi, del problema degli allegati agli atti, lacui grandezza supera i limiti ristrettidi 30 megabyte intriseci ai protocolli (Imap, Smtp e Pop) della posta elettronica certificata. Perovviare a tale limite, si è prevista la possibilità di inviare più messaggiconsecutivi, ma la soluzione non soddisfa, poiché in tal modo la documentazioneall'interno dei fascicoli informatici anziché essere correttamente archiviata econservata, viene inserita frammentariamente, costringendo gli operatori a ricomporrei vari messaggi per recuperare le informazioni che interessano il processo.

Altri scogli da superare sono sicuramentequelli burocratici, come la necessitàdell'esibizione delle diverse “ricevute”per dimostrare l'avvenuto deposito di un atto. Insomma ad oggi uno dei risultati del Pct è sicuramente quello di aver aumentato le code in udienza e aver ritardato, anziché accelerare, i tempi di svolgimento deiprocessi.

Sono tanti in definitiva i “bug” del processo civile telematico,frutto anche della lacunosità dellenorme e della mancanza di un'adeguata formazione iniziale delle varie particoinvolte che ha portato, anche nei servizi di cancelleria, a non pochi problemi di natura tecnica.

Purtroppo questi Bug non faranno altro che accentuarsiin vista del nuovo step previsto per il31 dicembre prossimo, data in cui è prevista l'esclusività del deposito telematico per le cause già pendenti.

Del resto non è la prima volta che la tecnologia viene usata in modo inadeguato finendo così per creare maggiori problemi di quanti non se ne voglia risolvere.

Data: 28/10/2014 11:20:00
Autore: Marina Crisafi