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Equa riparazione: i danni patrimoniali non rientrano nel “ritardo” quando sono attinenti al merito della causa



L'equa riparazione non può riferirsiai danni subiti dal richiedente, consistenti inmaggiori esborsi conseguenti ad un provvedimento interinale la cui efficacia si è protratta oltre il termine ragionevole, poiché l'azione da esperire avrebbe dovuto essere quella di indebito arricchimento, nei confronti dell'altra parte nelprocesso presupposto, in quanto nontrattasi di danno da ritardo bensì attinente al merito della causa.

Cosìha stabilito la Corte d'Appello di Roma,sezione equa riparazione, con decreto n.50392 depositato il 25 marzo 2014, in una vicenda riguardante l'opposizioneal decreto con il quale veniva rigettata l'istanza di risarcimento del dannopatrimoniale per l'abnorme durata del procedimento relativo al processo civiledi separazione coniugale instaurato nel 1999 e definito solamente 13 anni dopo,costringendo nelle more il ricorrente (sino alla sentenza di definizione dellaseparazione che aveva sospeso il contributo) a corrispondere un assegno dimantenimento mensile in favore della moglie.

L'istanza per ottenere ilrisarcimento del danno patrimoniale da parte delricorrente veniva, nella prima fase,rigettata dalla Corte di merito sull'assunto che lo stesso aveva giàconseguito, con precedente decreto, il riconoscimento dell'equa riparazione per il danno non patrimoniale subito per la lungagginedel processo civile presupposto, comportando una frazionabilità del suo creditonei confronti del ministero della Giustizia, vietata dalla normativa vigente.

Dolendosidella mancata pronuncia sull'istanza di equa riparazione anche per i dannipatrimoniali, da parte della Corte d'Appello nel pregresso decreto, purespressamente formulata, la difesa delricorrente sosteneva, invece, che non poteva parlarsi di violazione delprincipio dell'infrazionabilitàdella domanda dato che la stessa sarebbe stata frazionata non per volontà dellaparte bensì per volontà del giudice.

Pur dando atto del fondamento deirilievi addotti dall'opponente in ordine allainsussistenza di un frazionamento della domanda, la Corte romana ha comunquestabilito che “i danni patrimoniali nonerano risarcibili in quanto il danno lamentato non era un danno da ritardo maattinente al merito della causa” dovendo semmai il ricorrente agire “in via civile per conseguire la ripetizione dell'indebito nei confrontidella moglie”, confermando ildecreto impugnato e compensando le spese tra le parti.

Data: 31/08/2014 11:00:00
Autore: Marina Crisafi