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Cassazione: illegittimo il licenziamento del lavoratore riammesso in servizio che non si presenta nella nuova sede se il trasferimento non è motivato



"L'ottemperanzadel datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio aseguito di accertamento della nullità dell'apposizione di un termine alcontratto di lavoro implica il ripristino della posizione di lavoro deldipendente, il cui reinserimento nell'attività lavorativa deve quindi avvenirenel luogo e nelle mansioni originarie, atteso che il rapporto contrattuale siintende come mai cessato e quindi la continuità dello stesso implica che laprestazione deve persistere nella medesima sede; resta salva la facoltà deldatore di lavoro di disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unitàproduttiva, ma in tal caso devono sussistere le ragioni tecniche, organizzativee produttive richieste dall'art. 2103 c.c. In difetto, la mancata ottemperanzaa tale provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia qualeattuazione di un'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), sia sulla basedel rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenereche sussista una presunzione di legittimità dei provvedimenti aziendali cheimponga l'ottemperanza agli stessi fino ad un contrario accertamento ingiudizio.".

Questo ilprincipio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n.13060 del 10 giugno 2014, ha rigettato il ricorso di un'azienda avverso lasentenza della Corte d'Appello che rilevava come "la società, nel dareesecuzione ad una sentenza del giudice del lavoro che aveva ritenuto la nullitàdel termine apposto al contratto di lavoro di un dipendente ordinandone lariammissione nel posto di lavoro, aveva invitato il lavoratore a riprendereservizio in una sede diversa da quella assegnata in origine e, poiché ilmedesimo non si era presentato, aveva intimato il recesso per ingiustificataassenza dal lavoro; l'assegnazione ad una sede diversa configurava però uninadempimento contrattuale, concretandosi in un illegittimo trasferimento o,comunque, nell'inosservanza dell'ordine giudiziale di riammissione nel postooriginario, sì che il rifiuto della prestazione da parte del lavoratore dovevaritenersi giustificato ed il conseguente recesso della società era illegittimo.".

La SupremaCorte, in applicazione dei principi richiamati, ha confermato la sentenzagravata che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per assenza dalservizio precisando che l'invito a riprendere servizio in una sede diversa daquella originaria non contemplava alcuna motivazione, né questa era statadedotta e dimostrata in giudizio; la modifica della sede di lavoro - si leggenella sentenza - è stata quindi correttamente intesa come un trasferimentonullo, implicante un inadempimento del contratto di lavoro, sì che nessunacomparazione di contrapposti interessi sarebbe stata consentita al giudice dimerito.

Sussistevano -proseguono i giudici di legittimità - i presupposti per il rifiuto dellaprestazione da parte del dipendente, considerato peraltro che il lavoratoreaveva esplicitato nella lettera di risposta alla nota di addebito le ragioniper le quali non aveva ripreso servizio nella nuova sede, e che - comeriferisce la Corte di merito - promuovendo il tentativo di conciliazione avevaofferto la propria prestazione secondo le modalità fissate nel contratto, edunque nella sede stabilita in origine, ma a tale offerta l'azienda non avevadato seguito.

Data: 12/06/2014 10:30:00
Autore: L.S.