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Colpa del custode: Comune non risponde dei danni se il bagnante annega in un tratto di mare libero



Non è neppure concepibile un “demanio comunale” sul mare e, pertanto, se unbagnante annega in un tratto di mare “libero”, a causa delle forti correnti, èesclusa qualsiasi responsabilità per omessa custodia (ex art. 2051 c.c.) daparte del comune che su quel tratto si affacci.

La Cassazione (terza sezionecivile) ha stabilito questo principio nella sentenza n. 11532 del 23 maggio2014, esaminando il caso di un uomo affogato mentre faceva il bagno nellospecchio di mare antistante il lido del comune di Campomarino (CB). Proponevanoricorso i familiari del defunto, i quali inizialmente si vedevano accogliere la richiesta dirisarcimento danni nei confronti dell'amministrazione comunale considerataresponsabile del tragico evento, per aver omesso di predisporre un adeguatoservizio di assistenza alla balneazione e al salvataggio o, in mancanza, diaver installato apposite segnalazioni per avvertire i bagnanti dellapericolosità del tratto di mare soggetto a forti correnti.

Non soddisfatti del quantum, ifamiliari appellavano la sentenza di primo grado per ottenere una somma maggiore. Anche l'appello veniva accolto, con rideterminazione del quantum risarcitorio in favore delle parti vittoriose, ma a questo punto ilcomune si rivolgeva alla cassazione.

Chiamata a decidere sulla vicenda, la Suprema Corte ribaltava completamentele decisioni dei giudici di merito, rimbeccando in particolare la motivazione dellaCorte d'appello ritenuta ”lacunosa ed incoerente”, sulla base dei due seguentiprincipi di diritto: (a) il mare territoriale è cosa distinta e separata dallido marino, il quale soltanto può formare oggetto di proprietà e rientra neldemanio marittimo. Ne consegue che il mare di per sé non può costituire unacosa suscettibile di "custodia" ai sensi dell'art. 2051 c.c., e non èinvocabile pertanto la presunzione prevista da quest'ultima norma nei confrontidella pubblica amministrazione cui a legge affidi la gestione del lido marino; (b)un danno può ritenersi causato "dalla cosa", ai sensi dell'art. 2051c.c., soltanto quando quest'ultima abbia avuto un ruolo determinante nellacausazione dell'evento, e non già quando abbia costituito la mera occasione diesso. Ne consegue che nel caso di morte per annegamento di un bagnante innessun caso può ritenersi che il conseguente danno sia stato causato dallaspiaggia di provenienza della vittima, ai fini dell'invocabilità dellapresunzione di cui all'art. 2051 c.c. nei confronti dell'ente gestore del lidomarino”.

Né può rilevare, secondo la S.C., come eziologicamente rilevantela condotta omissiva ascritta dalla corte distrettuale al comune di Campomarino(per l'omessa affissione dei cartelli di pericolo), poiché “qualsiasi ipotesidi responsabilità (concreta, presunta, oggettiva, del custode, ecc.) restaesclusa e superata se il danneggiato, pur avvedendosi o potendosi avvedere conl'uso dell'ordinaria diligenza della situazione di pericolo, vi si espongavolontariamente (c.d. rischio elettivo, che in quanto causa umana cosciente evolontaria spezza il nesso di causa rispetto alla condotta del custode e diqualunque altro responsabile)”, come avvenuto nel caso di specie, consideratoche il defunto si era tuffato tra i marosi senza saper nuotare ed essendoconsapevole dell'ipotetica situazione di pericolo.

Pertanto, assumeva la Corte,è principio di diritto che “la persona che, pur capace di intendere e divolere, si esponga volontariamente ad un rischio grave e percepibile con l'usodella ordinaria diligenza, tiene una condotta che costituisce causa esclusivadei danni da essa eventualmente derivati, e rende irrilevante la condotta dichi, essendo obbligato a segnalare il pericolo, non vi abbia provveduto”.

Suquesto assunto, la Cassazione ha accolto il ricorso del Comune rigettando ladomanda dei familiari dell'annegato e condannandoli al pagamento delle spesegiudiziali.

Data: 21/06/2014 15:45:00
Autore: Marina Crisafi