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Stalking: non occorre che la vittima cambi abitudini di vita, basta l'effetto destabilizzante



Molestie, minacce e ingiurie bastano a ingenerare nellavittima ansia e timore per la propria incolumità e a configurare lo stalking,senza che rilevi il mutamento delle abitudini di vita della stessa.

Lo haaffermato la quinta sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 21001 del23 maggio 2014, rigettando il ricorso di un uomo dichiarato colpevole deldelitto di atti persecutori di cui all'art. 612-bis c.p. ai danni della sua ex.

Contrariamente a quando sostenuto dal ricorrente, il quale evidenziava l'illogicitàdella motivazione della Corte d'appello, sulla base della mancanza dell'elementocostitutivo del reato, poiché la vittima non aveva avvertito il bisogno dicambiare abitazione, numero di telefono o luoghi frequentati, la Suprema Corte,richiamando l'orientamento giurisprudenziale formatosi in materia (cfr. Cass.n. 29872/2011; n. 24135/2012), ha statuito che, ai fini della configurazionedello stalking non è richiesto che gli atti persecutori siano tali dacostringere la persona offesa ad alterare le proprie abitudini di vita.

Per integrareil reato di cui all'art. 612-bis c.p., è, infatti, sufficiente che la condotta abbia ingenerato nellavittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità: stato che puòessere dedotto, come nel caso di specie, dalla natura dei comportamenti delsoggetto agente, laddove idonei a causare in una persona comune tale effettodestabilizzante.

Data: 12/06/2014 09:00:00
Autore: Marina Crisafi