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Sentenze copia-incolla: ecco quando il magistrato può essere censurato



La sentenzamotivata per relationem è censurabile sul piano disciplinare, se redatta conmodalità che ledono l'immagine del magistrato, mentre sul piano processuale èsufficiente che ne risulti comprensibile la ratio. Con questa statuizione,espressa nella sentenza n. 10628 del 15 maggio 2014, le Sezioni Unite dellaCorte di Cassazione hanno accolto il ricorso di un giudice cui era stato inflittodal CSM l'illecito disciplinare della censura (per violazione di cui agli artt.1, comma 1, e 2, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 109/2006), per avere redattodue sentenze con motivazione costituita dall'esatta riproduzione, anche nella graficae nella punteggiatura, della comparsa conclusionale depositata dalla partevittoriosa, mancando così al dovere di garantire “che la decisione fosseassunta in piena autonomia di giudizio” e commettendo, quindi, graviscorrettezze nei confronti delle parti in causa con l'emissione diprovvedimenti privi di motivazione.

Pur condividendopienamente l'opinione della sezione disciplinare del CSM, nel senso che unadecisione, redatta con la tecnica del "copia e incolla", facciaperdere, nell'apparenza e nella sostanza, "la posizione di terzietà eprima ancora di alterità del giudice rispetto alle parti, che è il fondamentodella giurisdizione, in quanto non permette di fare affidamento sul fatto chela decisione costituisca il risultato di una fase di autonoma elaborazione",le Sezioni Unite hanno sostenuto, tuttavia, che la tipizzazione degli illecitidisciplinari realizzata con il d.lgs. n. 109/2006 esclude che per ilcomportamento scorretto costituito dall'emissione di provvedimenti conmotivazione ricopiata (e dunque privi di motivazione), possa configurarsil'illecito di cui alla lettera d) dell'art. 2, potendo semmai rinvenirsi, inragione di una scorrettezza nei confronti di tutte le parti in causa, nonché"di tutti i consociati, in relazione al generale interesse all'autonomiadella funzione giurisdizionale ed alla percezione della terzietà delgiudice", l'illecito di cui alla lettera l) dello stesso articolo.

In particolare, hasottolineato il Collegio, è principio acquisito quello secondo il quale, unasentenza validamente motivata per relationem, "può risultare censurabilesul piano disciplinare e ciò in quanto, mentre sul piano del dirittoprocessuale è sufficiente che la decisione risulti giustificata in modo che nerisulti comprensibile la ratio, su quello del diritto disciplinare è necessarioche la motivazione non sia redatta con modalità tali da ledere l'immagine delmagistrato". Nondimeno, hanno precisato i giudici di piazza Cavour, leesigenze di celerità e le crescenti possibilità offerte dagli strumentiinformatici, impongono di attenuare il rigore dell'automatismo tra la copiaturadi una parte (non descrittiva) di un atto difensivo (pur considerata attitudineinelegante e poco dignitosa) e la sussistenza dell'illecito di cui alla letteral) dell'art. 2, il quale può ritenersi configurabile, solo in concorso conulteriori elementi sintomatici, tali "da poter effettivamente indurre aritenere che il giudice non abbia compiuto alcuna effettiva valutazione delcaso sottoposto al suo esame ed abbia così violato l'elementare dovere digarantire che la decisione sia stata assunta in piena autonomia di giudizio eprevia autonoma valutazione delle contrapposte tesi difensive", nonpotendo prescindersi, dunque, dalla specifica considerazione dellecaratteristiche di ogni singolo caso.

Data: 05/06/2014 10:30:00
Autore: Marina Crisafi