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Evoluzione del rapporto tra diritto alla riservatezza dei lavoratori e diritto di accesso agli atti ispettivi



di Gerolamo Taras -Il decreto del Ministero del lavoro e della previdenzasociale n. 757 del 4 novembre 1994 all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), stabilisce che siano sottratti al dirittod'accesso i “documenti contenenti le richieste di intervento dell'Ispettoratodel Lavoro” nonché quelli “contenenti notizie acquisite nel corso delleattività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azionidiscriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o diterzi”.

La tutela dellariservatezza delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva, qualecontrolimite rispetto al diritto alla cura ed alla difesa dei propriinteressi giuridici, trova il suo fondamento - oltre che nella normativacostituzionale ed europea (artt. 4, 32 e 36 Cost. nonché art. 8 CEDU) - anchenell'art. 8 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970), ilquale dispone che “è fatto divieto al datore di lavoro, ai finidell'assunzione, come nel corso del rapporto di lavoro, di effettuare indagini,anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche religiose o sindacali dellavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazionedell'attitudine professionale”.

La disposizione dello Statuto deilavoratori - quale “espressione di un principio generale” dell'ordinamento(Cass. Civ., 12 giugno 1982, n. 3592) - nel precludere la possibilità per ildatore di lavoro di entrare in possesso di informazioni sensibili e nonrilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale dellavoratore, fornisce una tutela privilegiata alla riservatezza dei lavoratoririspetto alle ingerenze nella loro sfera privata.

Queste disposizioni – formulate in relazione alle istanze di accessopromosse da società datrici di lavoro dei soggetti che hanno reso ledichiarazioni ispettive - per il principio di non contraddizione devonoritenersi estensibili anche nei confronti delle richieste di accesso avanzateda società non datrici di lavoro dei soggetti che hanno reso le citatedichiarazioni, ma allemedesime legate da un vincolo di coobbligazione solidale.

“Con una recentissima decisione, (n.863/2014 del 28gennaio 2014) il Consiglio di Stato insede giurisdizionale, sezione Sesta, ha ribaltato il proprio orientamento inmateria di rapporto tra tutela del diritto alla riservatezza dei lavoratori edelle dichiarazioni da loro rese in sede ispettiva e quella del diritto d'accesso agli atti ispettivi, contenenti datiriservati o quantomeno sensibili, da parte di società non collegate da unrapporto di lavoro diretto con i lavoratori che tali dichiarazioni hanno reso,nonché sulla questione, strettamente connessa alla precedente, relativa al correttobilanciamento fra i contrapposti diritti costituzionalmente garantiti allatutela dei propri interessi giuridici (art. 24 Cost. nonché art. 6 CEDU, cosìcome interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Dirittidell'Uomo) ed alla riservatezza dei lavoratori medesimi.


Sul punto, l'orientamento tradizionale era statoquello di ritenere prioritarie le necessità difensive delle società istanti,tutelate dall'art. 24 della Costituzione e dal disposto dell'art. 24, comma 7della legge n. 241 del 1990, nella parte in cui dispone chel'accesso sia garantito “comunque” a chi debba acquisire determinati atti perla cura dei propri interessi giuridicamente protetti: pertanto, si concedeva alle società istantidi accedere alle dichiarazioni rese in sede ispettiva anche da lavoratorinon direttamente impiegati presso le società medesime.

Ciò anche in ragione dell'assunto - secondo cui in assenza di un rapportolavorativo diretto fra lavoratori e società istanti non sarebbe applicabile lanormativa regolamentare ed in particolare il decreto del Ministero del lavoro edella previdenza sociale n. 757 del 4 novembre 1994 che non consente l'accessoagli atti contenenti le dichiarazioni rese agli ispettori del lavoro, qualoradalle medesime possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni acarico dei lavoratori.


In una ulteriore, recente sentenza della Sesta Sezionedel Consiglio di Stato, infine, il tema del corretto bilanciamento fra iprecitati diritti costituzionalmente garantiti era stato affrontato rilevandocome - anche nella materia dell'accesso da parte di società non datrici dilavoro dei soggetti che hanno reso le dichiarazioni ispettive così come in casodi accesso “diretto” da parte dei datori di lavoro - si potrebbe procedere aduna valutazione “caso per caso” delle richieste di accesso agli atti, in modoche si possa tener conto degli elementi di fatto e di diritto concretamenteposti a fondamento delle richieste medesime, in quanto non potrebbe “affermarsiin modo aprioristico una generalizzata recessività dell'interesse pubblicoall'acquisizione di ogni possibile informazione, per finalità di controllo dellaregolare gestione dei rapporti di lavoro (a cui sono connessi valori, a lorovolta, costituzionalmente garantiti), rispetto al diritto di difesa” (Cons. diStato, Sez. VI, 11 luglio 2013, n. 4035).

Da ultimo, con la decisione richiamata, il Consiglio di Stato “ha ritenuto …cheil punto nodale della questione, relativa al corretto bilanciamento fra icontrapposti diritti costituzionalmente garantiti alla tutela dei propriinteressi giuridici (art. 24 Cost. nonché art. 6 CEDU) ed alla riservatezza deilavoratori e delle dichiarazioni da loro rese in sede ispettiva (artt. 4, 32 e36 Cost. nonché art. 8 CEDU), “risulta essere l'ambito di applicazionedell'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 (nella parte in cui disponeche l'accesso deve “comunque” essere garantito ai soggetti che lo richiedono“per curare o per difendere i propri interessi giuridici”), rispetto alleesigenze prese in considerazione da altre disposizioni di legge, applicabili inmateria”.

Si è sottolineato, quindi, che “la predetta tutela - da intendersi come categoria che ricomprende,senza esaurirlo o assorbirlo, il diritto alla difesa giurisdizionale dei propriinteressi ai sensi dell'art. 24 della Costituzione - per quanto privilegiata,non risulta di per se stessa garantita dall'ordinamento in via generale edassoluta, ma va necessariamente contemperata con la tutela dei contrappostiinteressi che trovano il loro fondamento in norme costituzionali e subcostituzionali, sia legislative che regolamentari, nell'ottica di un correttobilanciamento fra tutele d'interessi di livello normativo quantomenoequiordinato, se non costituzionalmente sovraordinato. In questo ambito assumeuna sicura e particolare rilevanza la tutela della riservatezza dei lavoratoriche hanno reso dichiarazioni in sede ispettiva, volta sia a prevenire eventualiritorsioni o indebite pressioni da parte del datore di lavoro, sia apreservare, in un contesto più ampio, l'interesse generale ad un compiutocontrollo della regolare gestione dei rapporti di lavoro”.

Di conseguenza, modificato ilproprio orientamento, il Consiglio di Stato ha concluso per la prevalenza deldiritto alla riservatezza rispetto a quello alla difesa degli “interessigiuridici” delle società che richiedono l'accesso, come tutelata dall'art. 24,comma 7 della legge n. 241 del 1990.

Queste le argomentazioni con le quali il TAR del Lazio -Sezione Terza Bis- (sentenza N. 04196/2014) ha respinto il ricorso di una società diservizi presentato contro il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l'accesso alla documentazione, contenente le dichiarazioni rese dai propridipendenti al personale ispettivo del Ministero. Dall' istruttoria era emerso chealcuni dipendenti della società sarebbero stati occupati con mansione diguardarobieri, presso alcune struttureospedaliere, a partire da un giorno prima (ed in alcuni casi due giorni prima)della data di assunzione.

Le irregolarità dei rapporti lavorativi, successivamente sanzionati dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Roma, erano emerse dalledichiarazioni rese a verbale daidipendenti.


Secondo il TAR, sotto il profilo processuale, deve rilevarsi che inun eventuale giudizio … la società non datrice di lavoro dei soggetti che hannoreso le dichiarazioni ispettive potrebbe produrre ... a finidifensivi, proprio i documenti il cui accesso era stato precluso, in ragione diquanto sopra esposto, alla società datrice di lavoro.

Ne deriverebbe, dunque, una piena ostensioneprocessuale delle identità e delle dichiarazioni dei dipendenti nei confrontidella società datrice di lavoro, con conseguente elusione della prevalenza deldiritto alla riservatezza dei lavoratori medesimi, come sopra evidenziata

Ciò, in primo luogo, in quanto la prevalenza deldiritto alla riservatezza dei lavoratori che hanno reso le dichiarazionirispetto alla tutela garantita dall'art. 24, comma 7 della legge n. 241 del1990, come sopra rilevata, risulta unprincipio di carattere generale che, come tale, opera a prescindere dallacircostanza che l'istante sia o meno il datore di lavoro dei soggetti che hannoreso le dichiarazioni stesse.

In secondo luogo, la prevalenza del diritto allariservatezza, così come sopra rilevata, è volta a garantire anche “l'interesse pubblico all'acquisizione diogni possibile informazione, per finalità di controllo della regolare gestionedei rapporti di lavoro”: tale interesse verrebbe, infatti, compromesso dallareticenza dei lavoratori a rendere dichiarazioni ispettive, che potrebbegenerarsi a prescindere dall'esistenza di un rapporto di lavoro diretto frasoggetto che ha reso le dichiarazioni e società istante.

Data: 27/05/2014 12:00:00
Autore: Gerolamo Taras