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Magistrati, dovere di riserbo e rapporti con la stampa: intervengono le Sezioni Unite



di Licia Albertazzi - Corte diCassazione Civile a Sezioni Unite, sentenza n. 6827 del 24 Marzo2014.

E' etica professionale cui i magistratidevono uniformarsi il contegno sempre imparziale, anche dalpunto di vista della propria immagine in rapporto con la stampa.Nel caso di specie a un giudice, sostituto procuratore presso ilTribunale per i minorenni di Milano, la sezione disciplinare del CSMha irrogato la sanzione della censura per avere la stessarilasciato diverse interviste agli organi di stampa, nonché per averpartecipato ad un programma televisivo dedicato a una vicenda nellaquale il sostituto procuratore era coinvolto. Tali intervistesarebbero state rilasciate per rispondere ad alcune affermazionidiffamatorie, senza attivare le proprie difese sfruttando la viaistituzionale. Secondo il magistrato interessato la sezionedisciplinare avrebbe errato nell'interpretare il dovere di riserboposto a carico dei giudici, dunque ricorreva in Cassazione.

La SupremaCorte afferma come il dovere di riserboabbia una portata molto ampia,molto più estesa di quanto abbia inteso la ricorrente. La Cortearriva addirittura a citare il significato letterale della parolanella lingua italiana, “l'essere moltoriservato nell'esprimere il proprio stato d'animo, le proprieintenzioni e valutazioni (più forte, quindi, di riservatezza) e,d'altro canto, riservatezza vuol dire il fatto di essere riservato,discreto e controllato nell'esprimersi e nel comportarsi”.“Si tratta di un atteggiamento richiesto almagistrato all'evidente fine di evitare che, facendo percepire ipropri sentimenti e le proprie opinioni, possa suscitare dubbi sullasua indipendenza e imparzialità, danneggiando la considerazione dicui il magistrato deve godere presso la pubblica opinione”. Pertutti gli illeciti contestati è la legge stessa che individua lefattispecie di interesse. Al di fuori delle ipotesi tassativamentepreviste, occorre esaminare nello specifico, caso per caso, lasituazione prospettata. Continua la Corte confermando inoltrel'applicabilità agli illeciti disciplinari delle causedi giustificazione così come previstedall'art. 4 della legge 689/1981: nello specifico, statodi necessità e adempimentodi un dovere. Ciò che ne consegue è lanecessità di operare un bilanciamentogiuridico tra gli interessi coinvolti.Conclude la Suprema Corte confermando come sia diritto e anzi,necessità per i magistrati godere di una tutela contro leaffermazioni diffamatorie (provenienti ad esempio dalla stampa),accogliendo dunque il ricorso del magistrato e cassando con rinvio ladecisione impugnata. Il principio di diritto enunciato è ilseguente: “la condotta con la quale ilmagistrato si difende dall'attribuzione, sulla base di dichiarazionidiffuse dagli organi di informazione, di un provvedimento non solo dicontenuto diverso da quello adottato, ma anche inconciliabile con idoveri del magistrato e con l'immagine che il magistrato deve dare disé per la credibilità propria e della magistratura, non si pone diper sé, ma eventualmente solo per i mezzi concretamente usati, incontrasto con il valore dell'imparzialità, al quale, anche sul pianodell'immagine, il magistrato deve sempre uniformarsi. Ne consegueche, nel caso il cui il magistrato faccia ricorso per difendersi ainterviste e comunicati stampa, la legittimità della condotta sulpiano disciplinare, in relazione alla configurabilità delle esimentidello stato di necessità e dell'adempimento di un dovere, deveessere valutata, con un giudizio ex ante che, avendo riguardo allespecifiche circostanze che hanno connotato la lesione dell'onore delmagistrato, non può limitarsi a individuare astratte alternativepercorribili, senza prevedere quali siano gli effettivi risultati checon esse il magistrato avrebbe potuto ottenere a tutela del suo onoreprofessionale, in relazione alle esigenze di difesa comeconcretamente emerse”.


Data: 06/04/2014 11:40:00
Autore: Licia Albertazzi