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Ingiuria e delitti contro la persona: dare della “vipera” alla propria suocera non e' reato.



Corte diCassazione, Sezione VPenale, sentenza 19 novembre 2013 – 3 febbraio 2014, n. 5227.

Che i rapporti suocera - nuora non siano deimigliori è argomento assai risaputo. Ma la vicenda quest'oggi portataall'attenzione della Suprema Corte di Cassazione vede coinvolti un giovane genero alle prese con la propria suocera.

Con sentenza del 02/10/2012 il Tribunale di Nicosia, in funzione del giudicedell'appello, confermava la sentenza di condanna, pronunciata dal giudice di primo grado nei confronti dell'odierno imputato, alla pena ritenuta di giustizia nonché alrisarcimento dei danni in favore della parte civile, perché ritenuto colpevole del reato diingiuria aggravata, per aver nella specie, pronunciato nei confronti dellasuocera e alla presenza di più persone, la seguente espressione: "è scesamia suocera come una vipera, come una vipera, come una vipera".

Sennonché ad una siffatta pronuncia l'uomo proponevaformale ricorso per cassazione, muovendo a motivo principale di gravamel'assenza di offensività dell'espressione, poiché “pronunciata all'esito diun'aspra discussione e in un contesto litigioso ed ostile e, comunque, nonindirizzata all'interessata, ma agli agenti intervenuti e al fine di descriverela scena”.

Della stessaopinione i giudici della Cassazione, i quali hanno deciso per l'accoglimentodel ricorso e l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché ilfatto non sussiste.

Se è veroche il reato di ingiuria - afferma la Corte - si perfeziona per il sol fattoche l'offesa al decoro o all'onore della persona avvenga alla sua presenza, èaltrettanto vero che non integrano la condotta di ingiuria le espressioniverbali che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all'azionedel soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivonei riguardi dell'altrui onore o decoro, persino se formulate con terminologiascomposta ed ineducata (Sez. 5, n. 19223 del 14/12/2012 - dep. 03/05/2013).

Ebbene, l'espressionesopra indicata “è stata pronunciata dal ricorrente in un contesto di rapportitesi (riferimento ad "un'acredine personale, a causa di fatti pregressi,che hanno portato a questioni giudiziarie"), legati ad un quadro diconflittualità derivante dalla crisi del rapporto dell'imputato con la figliadella parte civile”.

A ciò deveaggiungersi che la frase non è stata indirizzata alla anziana donna, ma è statautilizzata dal ricorrente per descrivere agli agenti intervenuti l'azione delladonna, "scesa come una vipera".

Se dunque, èvero che la valenza offensiva di una determinata espressione, deve essereriferita al contesto nel quale è stata pronunciata (Sez. 5, n. 32907 del 30/06/2011),tenendo conto, tra l'altro, dello standard di sensibilità sociale del tempo(Sez. 5, n. 10420 del 15/11/2007 - dep. 06/03/2008), è altresì vero che “lafrase sopra riportata, pronunciata all'esito di un contrasto che avevadeterminato l'intervento delle Forze dell'Ordine e, per descrivere nellaconcitazione del momento, la modalità dell'azione della donna (…), non siconnota in termini di offensività idonei a giustificare l'attivazione dellatutela penale”.

Data: 07/02/2014 11:40:00
Autore: Sabrina Caporale