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Circonvenzione di incapace: sufficiente la pressione psicologia a configurare il reato.



La minorata capacità del soggetto passivo,costituisce solo il presupposto delreato, occorrendo, la prova di una concreta attività di induzione ed abuso daparte del soggetto agente o quanto meno l'individuazione di un' attivitàpositiva posta in essere dall'imputata e diretta a determinare o rafforzare nelsoggetto passivo il proposito di adottare disposizioni testamentarie a suo favore.

Questo è quanto emerso dalla recente sentenza dellaCassazione del 15 gennaio 2014, n. 1419.

L'imputata –una donna già ritenuta responsabile nelprimo e secondo grado di giudizio, del reato di circonvenzione di incapace indanno un'anziana signora minorata nelle sue capacità psichiche, e giàcondannata alla pena di due anni di reclusione per aver indotto la stessa adeporre in suo favore, proponeva ricorso per Cassazione.

Investita della vicenda, quest'ultima, accoglievail ricorso de quo, concludendo inquesti termini.

Perché possa dirsi integrato il reato dicirconvenzione di incapace citato, sono necessarie alcune condizioni.

Occorre innanzitutto : “a)l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente, in cuiquest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che,in ragione di specifiche situazioni concrete, sia incapace di opporre alcunaresistenza per l'assenza o la diminuzione della capacità critica; b)l'induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altriqualsiasi effetto giuridico dannoso; c) l'abuso dello stato di vulnerabilitàche si verifica quando l'agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti ladebolezza per raggiungere il suo fine e cioè quello di procurare a sé o adaltri un profitto; d) la oggettiva riconoscibilità della minorata capacità, inmodo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti” (sez. 5n. 29003 del 16/4/2012). Quanto all'elemento materiale del reato, le condottedi abuso e di induzione devono consistere rispettivamente in qualsiasipressione morale idonea al risultato avuto di mira ed in tutte le attività disollecitazione e suggestione capaci di far si che il soggetto passivo presti ilsuo consenso al compimento dell'atto dannoso (sez. 2 n. 31320 del 1/7/2008).

Perché sussista induzione, dunque, non è richiestol'uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri, ma è pur sempre necessaria unaattività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione,cioè di spinta psicologica che non può ravvisarsi nella pura e semplicerichiesta rivolta al soggetto passivo di compiere un atto giuridico.

Nessuna rilevanza, invece, al semplice dato “dellasequenza degli atti di disposizione posti in essere dalla vittima, né a mere eapodittiche argomentazioni di diritto – che come nel caso di specie - non provano in alcun modo l' attivitàpersuasiva concretamente posta in essere dall'agente in danno della vittima.

Data: 20/01/2014 11:00:00
Autore: Sabrina Caporale