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La solidarietà del committente nel licenziamento: i limiti alla luce della Sentenza della Corte di Cassazione n. 22728 del 04/10/2013



Dott. Emanuele Mascolo - 04/10/2013, Sentenza della C.Cassazione n. 22728.

Davanti alla Corte di cassazione è stata impugnata la decisione della Corte di Appello di Caltanissetta, che rigettava il ricorso avverso una Sentenza del Tribunale di Gela Sezione Lavoro, che aveva a sua volta respinto la domanda volta alla condanna della società committente al pagamento della somma dovutagli a titolo di indennità di mancato preavviso del licenziamento comunicatogli dalla società appaltatrice alle cui dipendenze il ricorrente aveva lavorato.
Nella Sentenza in esame, così la Corte di Cassazione, motiva la sua decisione: " col primo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 cod. civ., 2° comma,29, comma 2, del D.lgs. n. 276/2003 e 12 delle disposizioni sulla legge in generale, il ricorrentesostiene che l'indennità sostitutiva del preavviso ha natura retributiva e tale qualità giuridica consentedi ritenere applicabile nella fattispecie la responsabilità solidale delle imprese convenute,rispettivamente committente ed appaltatore dei lavori in cui era stato impiegato, ai sensi della citatanorma di cui all'art. 29 del d.lgs n. 276/03 che, nel sancire il suddetto regime di responsabilità, fariferimento ai trattamenti retributivi a carico di tali soggetti. Quindi, secondo il ricorrente, a nulla puòvalere quanto affermato dalla Corte territoriale circa il fatto che il contratto d'appalto era cessatoprecedentemente alla risoluzione del rapporto lavorativo, atteso che il fatto generatore del regime diresponsabilità solidale era rappresentato nel caso in esame proprio dall'esistenza dell'appalto edall'avvenuta esecuzione della prestazione lavorativa nell'ambito dello stesso.
Col secondo motivo il ricorrente sì duole dell'insufficienza e contraddittorietà della motivazionecirca un fatto controverso e decisivo del giudizio con riguardo alla decisione dei giudici d'appella diescludere l'applicabilità del regime di responsabilità solidale di cui all'art. 29 del d.lgs n. 276/2003 inbase all'assunto che il credito vantato a titolo di indennità sostitutiva del mancato preavviso non eracausalmente riconducibile alla cessazione del contratto d'appalto. Sostiene, invece, il ricorrente cheproprio il breve intervallo temporale trascorso tra la cessazione dell'appalto (4/5/2007) e l'irrogazionedel licenziamento (17/5/2007) deponeva nel senso di ricollegare causalmente il recesso allacessazione dell'appalto. AI riguardo il ricorrente lamenta, altresì, la mancata ammissione dei mezzi istruttori diretti a provare lo svolgimento, da parte sua, di attività lavorativa nell'ambitodell'esecuzione dell'appalto e fino alla sua cessazione.
Col terzo motivo il ricorrente sì duole della compensazione delle spese ritenendola iniqua alcospetto della fondatezza della sua pretesa creditoria nei confronti dell'impresa committente.
Osserva la Corte che i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni diconnessione.Entrambi i motivi sono infondati.Invero, la questione della natura giuridica dell'indennità spettante a titolo di mancato preavviso dellicenziamento, che il ricorrente ritiene essere retributiva al fine di sostenere la tesi della suariconducibilità ai trattamenti per i quali è prevista la responsabilità solidale del committente edell'appaltatore nei contratto d'appalto di opere o di servizi, ai sensi dell'art. 29, comma 2°, deldecreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, non scalfisce la validità della “ratio decidendi” sullaquale riposa l'impugnata sentenza, vale a dire la mancanza della prova dell'esistenza di un nessocausate tra il recesso e l'appalto atto a giustificare l'applicabilità nella fattispecie del suddetto regimedi responsabilità.Si osserva, al riguardo, che con accertamento di fatto immune da rilievi di carattere logico-giuridicoed adeguatamente motivato, la Corte territoriale ha avuto modo di verificare che il contrattod'appalto era cessato ancor prima che il rapporto di lavoro venisse autonomamente risolto dallasocietà per ragioni non risultate connesse all'esecuzione dell'appalto intercorso inprecedenza tra quest'ultima e la società committente.Ne consegue la correttezza della decisione in ordine all'affermazione che l'indennità di mancatopreavviso del licenziamento non era esigibile nei confronti dell'impresa committente dalmomento che tale indennità era maturata il 17 maggio 2007, mentre il contratto d'appalto era giàcessato il 4 maggio 2007, per cui è altrettanto logica la motivazione impugnata nella parte in cui èprecisato che il credito in questione non derivava dalla prestazione lavorativa resa nell'esecuzione delcontratto d'appalto, bensì dall'autonoma scelta imprenditoriale della società, successiva allacessazione dell'appalto, di non avvalersi più dell'attività lavorativa del dipendente, interrompendo, intal modo, il rapporto in tronco.
Quindi, è esatto il rilievo della Corte di merito per la quale il credito invocato non era temporalmenteed eziologicamente connesso alla cessazione del contratto d'appalto e che dalla stessa motivazionedel licenziamento non emergeva alcun collegamento causale tra lo stesso ed il contratto d'appaltointercorso tra le società appellate, essendo anche mancata la prova che il recesso fosse stato unaconseguenza obbligata della cessazione del contratto d'appalto.

E', altresì, infondata la doglianza concernente la disposta compensazione delle spese, atteso che èinsussistente il presupposto sul quale la stessa censura è incentrata, vaie a dire l'asserita fondatezzadella pretesa creditoria in esame nei confronti dell'impresa committente dei lavori oggetto d'appalto.Pertanto, il ricorso va rigettato."



Data: 18/10/2013 08:54:00
Autore: Emanuele Mascolo