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Cassazione: libera valutazione della prova e quantificazione del risarcimento del danno da licenziamento ingiusto



di Licia Albertazzi - Corte di CassazioneCivile, sezione lavoro, sentenza n. 18713 del 6 Agosto 2013. In tema di licenziamenti illegittimi, un lavoratore licenziato propone azioneavverso il proprio datore di lavoro: domanda respinta in primo grado esuccessivamente accolta in appello, sulla base del fatto che l'azienda avrebbeprovveduto all'assunzione, a seguito di detto licenziamento ed in pendenza digiudizio, all'assunzione di diverse altre risorse adibite alle medesimemansioni del lavoratore licenziato. Oltre ad intimare all'azienda il reintegrodel lavoratore, al fine di quantificareil risarcimento del danno dovuto daldatore di lavoro dal momento del licenziamento sino alla reintegrazione, ilgiudice del merito ha tenuto conto altresì di una presunta offerta di lavoropart time nel frattempo intervenuta da parte dell'azienda licenziante,deteriore rispetto a quanto preteso dall'attore e per questo rifiutata. Talestima sarebbe stata detratta dalla somma complessivamente dovuta dal datore atitolo di risarcimento.

Avverso tale statuizione ricorreil lavoratore, denunciando difetto dimotivazione della sentenza d'appello; il giudice avrebbe individuato d'ufficiogli elementi alla base della sua decisione senza previamente provocare il contraddittorio tra le parti e, inoltre,la parte contesta la fondatezza delle circostanze di fatto poste alla basedella decisione giudiziale. Ricorre incidentalmente anche il datore di lavoro. “La deduzione in sede processuale dell'aliquidperceptum non costituisce un'eccezione in senso stretto e, comunque, non è riconducibile nel novero diquelle eccezioni riservate alladisponibilità delle parti. Di conseguenza, quando vi sia stata ritualeallegazione dei fatti rilevanti a dimostrare l'aliquid retentum e gli stessipossono ritenersi incontroversi o processualmente acquisiti, il Giudice puòtrarne d'ufficio (anche nel silenzio della parte interessata e anche se l'acquisizionesia riconducibile ad un comportamento della controparte e, pure, avvalendosidei poteri ex art. 421 c.p.c.) tutte le conseguenze cui essi sono idonei aifini della quantificazione del danno subito dal lavoratore ingiustamentelicenziato”. La Cassazione disattende in questo modo una delle doglianzeproposte dal ricorrente principale.

Tuttavia nel caso di specie ilgiudice del merito avrebbe effettivamente omesso di specificare le circostanzedi fatto strettamente attinenti la presunta offerta di lavoro part timericevuta dal lavoratore. Viene infatti accolto il secondo motivo di ricorso.Conclude la Suprema Corte che “non puòritenersi che sul punto la motivazione soddisfi i requisiti di sufficienza a tal fine richiesti, ritenuto che ilrifiuto di una offerta lavorativa deteriore non costituisca elemento idoneo adintegrare di per se stesso la base per operare una detrazione di quantopresumibilmente ricavabile dal lavoratore per effetto dell'adesione allaproposta lavorativa”. La Corte cassa la sentenza impugnata disponendone ilrinvio al giudice del merito.

Data: 14/09/2013 09:00:00
Autore: Licia Albertazzi