Le novita`in materia di testimonianza, introdotte dalla Rifoma del 2009:

Guida di procedura civile > Cap. 1 "Processo di cognizione davanti al Tribunale" > Le novita`in materia di testimonianza, introdotte dalla Rifoma del 2009:

 

- facoltà di astensione del testimone;

- mancata comparizione del testimone;

- testimonianza scritta.

 

La L. 69/2009 ha modificato l’art. 249 c.p.c. sulla “Facoltà di astensione”, adesso, all’audizione dei testimoni, si applicano le disposizioni degli articoli 200, 201 e 202 del codice di procedura penale relative alla facoltà d’astensione dei testimoni ( il testo ante riforma, prevedeva l’applicazione degli articoli 351 e 352 del Codice di procedura penale).

Infatti, se il codice di procedura civile del 1940 richiamava in via ricettizia quanto previsto in materia di

astensione del teste nel codice di procedura penale del 1930, all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale -D.P.R. n. 447/1988- il rinvio numerico alle norme del codice Rocco era divenuto “obsoleto”.

Solo in materia di segreto professionale -200 c.p.p.- al teste è riconosciuta la facoltà di astensione mentre in materia di segreto di ufficio -201, co. 2,  c.p.p.- e di segreto di Stato -202, co. 3,  c.p.p.- il testimone ha un vero e proprio obbligo di astenersi dal deporre.

Pertanto, qualora il testimone chiamato a deporre nel procedimento civile abbia ad opporre un segreto di ufficio o un segreto di Stato, quest’ultimo non ha una mera facoltà bensì il dovere di astenersi da deporre.

Quanto, poi, alla rilevabilità della ricorrenza di una delle ipotesi di facoltà-obbligo del testimone deve ritenersi che il giudice non sia tenuto ad informarne i testi ma che questi ultimi, per potersi astenere, debbano dichiararlo in concomitanza con l’impegno assunto ai sensi dell’articolo 251 c.p.c. o, comunque, prima di deporre sulle domande relative ai fatti coperti da segreto.

Si osserva, infine, che la riforma del 2009 abbia escluso che ai testimoni chiamati a

deporre nel procedimento civile siano riconosciute le facoltà di astensione previste dall’articolo 199 c.p.p. per i prossimi congiunti, perciò il prossimo congiunto è vincolato a sottoporsi all’esame testimoniale (ordinanza Corte Costituzionale, 9 aprile 2009 numero 113, in cui ribadisce la distinzione tra processo civile e penale).

La riforma del 2009 è intervenuta anche sull’art. 255 c.p.c “ Mancata comparizione dei testimoni”, nel quale ha introdotto un nuovo comma: la facoltà del giudice di disporre l’accompagnamento coattivo del teste e di comminare allo stesso una pena pecuniaria per la mancata comparizione senza giustificato motivo alla prima udienza istruttoria cui sia stato regolarmente citato (I comma), viene sostituita dalla comminazione ope legis delle medesime sanzioni qualora il testimone persista nel non comparire senza addurre giustificati motivi (II comma).

La ratio di questa modifica è rinvenibile nel fatto che ogni violazione del dovere di comparire costituisce un autonomo illecito, da cui deriva un’autonoma condanna al pagamento di pena pecuniaria, pertanto ritenersi che nel caso di duplice condanna del testimone reticente a non presentarsi in giudizio, la sanzione facoltativamente comminata dal giudice ai sensi del primo comma si cumula a quella comminata ex lege ai sensi del secondo comma dell’art. 255 c.p.c. e non sia in questa assorbita.

Le ordinanze con cui vengono comminate tali sanzioni soggiacciono alle disposizioni di cui all’articolo 179 c.p.c. relativo alle ordinanze di condanna pena pecuniaria: devono essere notificate a cura del cancelliere all’interessato il quale, nel termine perentorio di tre giorni può proporre reclamo allo stesso giudice istruttore che l’ha pronunciata che provvede con ordinanza non impugnabile.

L’ordinanza di condanna, un volta divenuta definitiva per omessa o intempestiva proposizione del reclamo, costituisce titolo esecutivo.

Presupposto applicativo della norma in esame è che il teste sia stato regolarmente citato ( a norma degli artt. 250 c.p.c. e 103 disp.att. c.p.c. e che non sia comparso per giustificato motivo.

Il mancato rispetto del termine di sette giorni determina la non regolare intimazione del teste: in tali ipotesi non può essere comminata alcuna sanzione. In questo caso il giudice deve rinviare a una nuova udienza l’audizione del teste con il conseguente onere per la parte interessata di rinnovare l’intimazione.

Occorre rilevare che il teste può ritenersi non comparso solo quando sia decorsa

un’ora dall’orario fissato per la comparizione nell’atto di intimazione (art 106 disp. att. c.p.c. disposizioni relative al testimone non comparso): è allora importante che

nell’atto di intimazione sia riportato l’orario preciso fissato per la comparizione del testimone al fine di consentire l’operatività degli strumenti acceleratori di cui all’articolo 255 c.p.c.

Il legislatore della riforma ha modificato anche il testo dell’articolo 104 disp att. c.p.c., che,

sanzionando con la decadenza dalla prova l’omessa citazione del teste, consentiva la rinuncia per fatti concludenti della prova ammessa, in apparente contrasto con art. 245 c.p.c.  La riforma ha eliminato queste apparenti incongruenze prevedendo, da un lato, la rilevabilità d’ufficio della decadenza e, dall’altro lato, escludendo la pronuncia sulla decadenza allorquando l’altra parte abbia dichiarato di avere interesse all’audizione del teste ammesso ma non intimato.

Infine, è doveroso una precisazione sul giustificato motivo della mancata presentazione del teste regolarmente intimato all’udienza fissata per la sua escussione: esso consiste in qualunque impedimento serio e documentato idoneo ad impedire la presenza all’udienza (come in caso di stato di malattia certificato). Non integra tali requisiti la mera dichiarazione orale resa dal difensore né la mera difficoltà di assentarsi dal posto di

lavoro: l’obbligo di testimoniare è infatti imposto dalla legge ed il datore di lavoro è tenuto a

consentire l’assenza temporanea del proprio dipendente.

Il legislatore della Riforma ha voluto accellerare le tempistiche del procedimento civile determinando l’approdo ( anche nel nostro ordinamento) della possibilità di formare, su accordo delle parti, la prova testimoniale al di fuori del contraddittorio avanti al giudice. La neo istituita testimonianza scritta non deve essere confusa con la prassi di delegare l’escussione del testimone agli avvocati limitandosi il giudice a sottoscrivere il verbale: in questi casi la prova della testimonianza è affetta da nullità.

La valutazione in ordine all’opportunità di assumere la deposizione del teste nelle forme di cui all’articolo 257 bis c.p.c. è comunque, in ultima battuta, rimessa all’apprezzamento del giudice il quale, registrato l’accordo delle parti, deve comunque tenere conto sia della natura della causa sia di ogni altra circostanza idonea ad incidere sulla convenienza di consentire l’ingresso nel processo di dichiarazioni scritte rese dal terzo.

Una volta che il giudice abbia disposto con ordinanza che la deposizione del teste sia assunta in forma scritta è onere dell’avvocato predisporre il modello di testimonianza in conformità con quanto previsto dall’articolo 103 bis disp. att. c.p.c..

La riforma, in vigore dal 4 luglio 2009, che mira a garantire una ragionevole durata al processo civile, è entrata nel pieno della sua attuazione. Con il decreto ministeriale del 17 febbraio 2010, con cui è stato approvato il modello da utilizzare nella testimonianza scritta, il testimone ha la possibilità di scrivere le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato, su un modulo apposito, conforme al modello approvato. Il testimone apporrà la propria firma al termine di ogni risposta e su ciascun foglio del modulo. La sottoscrizione dovrà essere autenticata da un segretario comunale o da un cancelliere di un ufficio giudiziario ed il modulo sarà infine spedito o depositato in cancelleria.

Fino all’emissione di tale decreto l’unica attuale ricaduta pratica della riforma in commento è da ascriversi al disposto di cui all’articolo 257 bis penultimo comma c.p.c.. Si tratta di un’ipotesi di testimonianza scritta semplificata per i casi in cui siano già stati acquisiti al giudizio principi di prova scritta quali i documenti di spesa già depositati dalle parti (fatture, scontrini, e quant’altro costituisca il titolo sul quale la parte ha fondato le proprie pretese).

Se ricorrono tali presupposti, la testimonianza per iscritto -da ammettersi, comunque, su accordo delle parti, - può essere consentita senza il ricorso a modello di cui all’articolo 103 bis disp.att. c.p.c. mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e trasmessa al difensore della parte nel cui interesse la prova è stata ammessa, anziché alla cancelleria del giudice adito come previsto in linea generale dall’articolo 257 bis c.p.c..

Deve, da ultimo, registrarsi che le sottoscrizioni apposte dal teste alla propria dichiarazione devono essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario: ciò rende, di fatto, inapplicabile la norma in commento al testimone residente all’estero in quanto tali figure professionali sono presenti soltanto all’interno del territorio nazionale.

Infine, l’ultimo inciso dell’art. 257bis c.p.c. stabilisce la possibilità che il giudice, esaminate le risposte e le dichiarazioni pervenute, possa sempre chiamare il testimone a deporre davanti a lui


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