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Guerra o pace?

Un'analisi dell'attuale situazione internazionale che impone una scelta ineludibile fra guerra e pace



L'attuale situazione internazionale per cui, purtroppo, sia l'Unione europea che il nostro paese sono soltanto seguaci passivi di una strategia guidata dagli Stati Uniti, o per meglio dire dal suo presidente Trump, impone una scelta ineludibile fra guerra e pace. Quindi, fra una spesa pubblica e un impegno economico fondati sul riarmo e sul conflitto armato, come unica possibilità di soluzione delle controversie internazionali, o al contrario un recupero del ruolo fondamentale dell'ONU, come strumento di organizzazione e promozione della pace e rispetto sia dei principi fondamentali dell'ordinamento internazionale che delle convenzioni a tutela dei diritti umani, delle libertà inviolabili e dei diritti e doveri economici e sociali.

Una strategia quest'ultima che avrebbe sia come obiettivo che come priorità dell'Unione europea di favorire un inevitabile multipolarismo fondato sulla cooperazione fra stati, sistemi economici e condivisione delle tecnologie più avanzate attualmente in continua ed incontrollata evoluzione, considerata dagli stati più forti lo strumento privilegiato per prevalere gli uni sugli altri.

A fronte di affermazioni di carattere ideologico nella realtà l'Unione europea è stata, nell'ultimo decennio[1], la prima partner[2] commerciale di Israele con cui molti paesi membri, fra cui il nostro, si scambiano armi e strumenti bellici senza avere alcun peso politico in una non rinviabile ed efficace politica di cooperazione, distensione e di pace.

Come è stato rilevato con una precisa individuazione di dati e settori l'Unione europea si è impegnata a sostenere finanziariamente Israele attraverso lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale Global Europe [(Ndici-Ge) per il periodo 2021-2027], con una media di 6 milioni di euro all'anno tra il 2025 e il 2027[3]. Un finanziamento destinato a rafforzare le relazioni bilaterali tra l'UE e Israele che non esclude certo il sostegno militare di Israele la cui spietata distruzione del popolo palestinese è stata già condannata con precisa individuazione dei responsabili di genocidio.

A sua volta nella scia di questa improvvida strategia europea la spesa pubblica italiana prevede un progressivo maggiore finanziamento della spesa militare che comporta un drastico taglio della spesa sociale con la conseguenza che milioni di persone hanno perduto ogni sostegno economico e sociale, pur essendo in stato di indigenza, come conseguenza della adozione del c.d. "sistema a porte chiuse" introdotto dal governo in carica.

Per creare condizioni politiche ed istituzionali destinate a realizzare una pace duratura fra i paesi e i popoli delle due sponde del Mediterraneo[4] sarebbe indispensabile una svolta decisiva che solo il rilancio dell'Unione Euromediterranea, lanciata a Barcellona[5] il 27 e 28 Novembre 1995[6], potrebbe concretizzare.

In luogo dell'istituzione di una Unione del Mediterraneo, che avrebbe posto definitivamente fine alle logiche neocoloniali consentendo la nascita di una Assemblea parlamentare in cui tutti i paesi delle due sponde del Mediterraneo perseguissero politiche di cooperazione eque e solidali, in cui, quindi, le priorità delle politiche sicuritarie ed emergenziali attuali avrebbero un ruolo marginale, l'Unione Europea ha preferito, soprattutto sotto la spinta della Germania, della Francia e del Regno Unito, che condivideva le esigenze di dominio e di controllo del Mediterraneo degli Stati Uniti e della Nato, allargare a ventisette i paesi l'unione creando le premesse della attuale disastrosa situazione geopolitica.

Seguendo la logica della globalizzazione, all'insegna della global governance, cioè di un sistema di progressiva internazionalizzazione e sovranazionalizzazione in cui in realtà la finanza internazionale e le compagnie multinazionali, e soprattutto i nuovi soggetti privati dominanti in forza delle loro tecnologie (Musk, Gates, Zuckerberg [7], Zhang Yiming, ecc.), vengono favoriti dalla triade OMC (organizzazione mondiale del commercio), FMI e Banca Mondiale, la conseguenza è la progressiva diffusione dei conflitti armati che si sono moltiplicati e coinvolgono in modo indiretto e talora diretto anche i paesi europei.

Con la conseguenza di accentuare la polarizzazione e la distanza tra i pochi ricchi e sempre più sempre numerosi poveri, fra occupati e precari o disoccupati, con la progressiva crescita degli indigenti.

Con la crisi delle forme di governo rappresentative sostituite dalla governance, una nuova formula di organizzazione e di decisione sia dell'Unione europea (dal Libro Bianco della governance dal 2001 in avanti) in gran parte ma non in tutto il resto del mondo, sono i mercati, le borse, le autorità di rating, le nuove monete virtuali a condizionare e spesso imporre le scelte politiche, economiche e sociali. Con la conseguenza che quelli che una volta erano considerati conflitti di interesse ed ineleggibilità (ossia i grandi interessi privati, compresi i produttori di armi), oggi, sono i nuovi protagonisti di un sistema economico in cui al lavoro umano è riservato un valore sempre più marginale.

Le straordinarie manifestazioni contro le guerre e per una pace senza se e senza ma, dimostrano che la parte più giovane e più consapevole della società si rifiuta di rassegnarsi al cinismo dominante espresso oggi dalla geopolitica che considera inevitabili i conflitti neoimperiali fra le grandi potenze dominanti o che aspirano a divenirlo. Per costoro che sono divenuti i nuovi protagonisti onnipresenti e dominanti non solo nei tradizionali media (televisione, quotidiani, periodici) una parte significante delle costituzioni democratiche e i principi del diritto internazionale sono ormai strumenti desueti che la c.d. globalizzazione avrebbe resi inapplicabili e superati perché con i loro lacci e lacciuoli rappresenterebbero un ostacolo ai processi di privatizzazione e liberalizzazione progressiva degli scambi.

Eppure i rischi di queste strategie dovrebbero essere chiari a tutti coloro che non se ne avvantaggiano anche perché il progressivo accantonamento del perseguimento degli impegni a favore dell'ambiente e degli ecosistemi, soprattutto da parte dei paesi occidentali, richiede una svolta politica di cooperazione multipolare, che solo la fine dei conflitti armati ed il rilancio delle inevitabili ed irrinviabili politiche di cooperazione multipolare possono favorire.

Perché questo avvenga si impongono nuove organizzazioni politiche, sociali e civiche che pongano fine a quelle moltiplicazioni e personalizzazioni di pseudo partiti politici dai quali i cittadini, non sentendosi rappresentati, si tengono lontani, rinunciando al voto, favorendo però così il consolidamento degli attuali regimi di governance in aperto contrasto con la nostra Costituzione, che non a caso è la vittima designata di un processo di revisione tendenzialmente radicale, per cui una maggioranza parlamentare che rappresenta non più del 16% dei cittadini elettori italiani si è assunta illegittimamente il ruolo di Assemblea Costituente.

Carlo Amirante

Giuseppe Mantia


[1] https://altreconomia.it/gli-interessi-economici-che-stanno-dietro-alle-mancate-sanzioni-europee-verso-israele/

[2] https://contropiano.org/documenti/2025/10/20/lunione-europea-finanzia-le-aziende-tecnologiche-israeliane-anche-quelle-nel-settore-militare-0187792

[3] https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2025/09/10/ue-oltre-30-milioni-destinati-a-israeleci-sara-parziale-stop_d773f1c9-4e8d-425a-b91c-6aca766327b2.html

[4] https://www.pandorarivista.it/articoli/il-mediterraneo-di-fernand-braudel/

[5] https://cir-rifugiati.org/wp-content/uploads/2017/09/Barc_nov_1995.pdf

[6] https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do"uri=COM:2008:0319:FIN:IT:PDF

[7] https://www.meta.com/it-it/media-gallery/executives/mark-zuckerberg/"srsltid=AfmBOopCGCkoB7HeYlUZ7mgCnYgGL75Sh6UNsaTVC9ueKrO8vGFQwFxF

Data: 09/11/2025 11:00:00
Autore: Giuseppe Mantia