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Le Sezioni Unite sulla legittimità delle intercettazioni tramite virus: problemi di costituzionalità

I pericoli derivanti dalla soluzione fornita dalle S.U. sul captatore informatico in tema di garanzie costituzionali


di Francesco Marangolo - Data la rilevanza dellaquestione, per i diritti costituzionalmente garantiti e la profondità – ed implicitaefficenza – dello strumento preso in considerazione ai fini d'indagine, laSezione Sesta penale della Corte di Cassazione ha deciso di rimettere alle Sezioni Unite la soluzione in tema di captatore informatico e conseguente utilizzabilità - e liceità - delle risultanze probatorie.

Le S.U. – con una soluzionefacilmente prevedibile sin dall'ordinanza di remissione – hanno optato per unavia ermeneutica che, di fatto, va ad introdurre un vero e proprio nuovostrumento di indagine – estremamente invasivo – oltre a limitare il controllogiurisdizionale (e di legalità) in merito ai luoghi in cui le intercettazioniin oggetto (qualificate come "ambientali" dalla stessa Corte) possano essereeffettuate e, consequenzialmente, utilizzate in giudizio; la delicatezza dellostrumento di'indagine – l'intercettazione in genere, ambientale o telefonica – sultema della violazione e tutela dei diritti costituzionali,richiede dei limiti di utilizzabilità delle risultanze probatorie, determinatidalla scelta di garantire come inviolabili alcune sfere personali del soggetto.

La tecnica in questione – invio inremoto di un virus autoinstallante, il c.d. "trojan horse" che permetta di acquisire informazioni (registrareconversazioni e video, tra l'altro) tramite l'utilizzo dell'apparecchio(smartphone, tablet, PC) "infettato" – è stata, in via preliminare, individuata comeincompatibile con una definizione pregressa dei luoghi in cui l'attività diintercettazione avverrà; in tal senso, si è sottolineato, lo strumento "per ragioni tecniche prescinde dalriferimento al luogo, in quanto è collegata al dispositivo elettronico, siaesso smartphone, tablet ovvero computer portatile, sicché l'attività dicaptazione segue tutti gli spostamenti nello spaziodell'utilizzatore".

Questa natura instabile ed imprevedibile (in relazione al luogo) dellostrumento di captazione, o forse addirittura di acquisizione – termine piùcoerente con lo strumento in questione, rispetto ad "intercettazione" – ha, sinda subito, sollevato non pochi dubbi in tema di utlizzabilità delle risultanzeprobatorie; ciò per la presenza dei limiti predisposti dagli artt. 14 e 15della Costituzione, in tema di inviolabilità della sfera personale del soggettoin determinati luoghi, e dai conseguenti limiti predisposti dal cod. proc. pen. agli artt. 266, 2 co. e 267. Ci riferiamo, in specie, alla presenza dellariserva di legge e riserva di giurisdizione – ai fini dell'utilizzabilitàdello strumento prima, e delle risultanze poi – enunciati sin dal dettatocostituzionale.

E tali dubbi, in realtà, sonostati chiaramente indicati dalla stessa Corte a Sezioni Unite; motivo che haspinto gli stessi giudici di legittimità ad escludere lo strumento oggetto di analisidal novero dei mezzi investigativi, eccetto un unico caso in cui, l'acquisizione,resterebbe del tutto legittima, pur se avvenuta nei luoghi sottoposti a tutelacostituzionale ex art. 614 cod.pen. (art. 14 Cost.). La tesi delle S.U., a benvedere, si fonda sull'art. 13 del D.L. 152/91 (coordinato con la L. 203/91),che consente – in deroga al limite in tema di intercettazioni ambientali edomicilio privato (effetuabili solo se si abbiano fondati motivi di ritenereche si stia svolgendo l'attività criminosa) – di utilizzare lo strumento senzalimitazioni, ove si tratti di indagini relative a delitti collegati allacriminalità organizzata. In tali ipotesi, quindi, anche il c.d. "captatore" sarebbelecito a tutti gli effetti – ed utilizzabili le risultanze – poiché l'eventualeacquisizione di informazioni avvenuta in violazione dell'art. 14 Cost. sarebbe legittimatadalla previsione legislativa in oggetto, secondo il principio di legalità;medesima soluzione per quanto attiene alla riserva di giurisdizione: anche ilcontrollo del giudice è presente, poiché si applicano le norme presenti per leintercettazioni in genere.

I problemi sorgono se si tieneconto di come la giurisprudenza di legittimità si sia approcciata ad altrostrumento profondamente invasivo: le riprese video. In questo caso, è pacifical'esclusione tout court dal noverodel materiale probatorio lecito delle riprese effettuate presso il privatodomicilio. A ciò si aggiunga che sono numerose le iniziative parlamentarifinalizzate all'introduzione di questi "nuovi" strumenti investigativi, adimostrazione che la scelta di ampliare la normativa preesistente ad i nuovimezzi è strada impropria e rischiosa, tenendo conto della particolare tipologiadi acquisizione che viene posta in essere. La criticità del captatore è data dalla stessa potenzialitàdello strumento, capace di acquisire informazioni in qualsiasi luogo si trovi etra chiunque partecipi alla conversazione; in quest'ottica non sarebbe – e concretamentenon è – possibile chiarire nel decreto del P.M. il luogo preciso in cui l'intercettazioneambientale avverrà, ben potrebbe avvenire in domicilio di terzi. E poco rileva la precisazione della Corte che ha sottolineato la necessità che i luoghi debbano essere preventivamente e precisamente individuati, ciò non esclude il rischio di vere e proprie intercettazioni dai confini incerti. Questo comportauna violazione del principio di riserva di giurisdizione e, ancor prima, delprincipio di legalità. L'importanza dello strumento investigativo in oggettorichiederebbe da un lato una normazione chiara – non uno scarno, e giurisprudenziale,rinvio ad altre norme – dall'altro un bilanciamento con i principi che siaadeguato alle potenzialità di questo nuovo mezzo. La soluzione prospettatadalla Corte apre possibili scenari incontrollati; l'uso della clausola ex. Art 13D.L. 152/91 non può comportare unariduzione delle garanzie predisposte dali artt. 266 e 267 cod. proc. pen. e,prim'ancora, dalla Costituzione.

Data: 15/07/2016 17:30:00
Autore: Francesco Marangolo