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Omissione contributiva: dopo la riforma la prova della ritenuta prescinde dalla certificazione

Come precisato dalla Cassazione, la riforma dello scorso settembre è più sfavorevole per il cittadino e dunque soggiace al principio tempus regit actum


di Valeria Zeppilli – Recentemente, il decreto legislativo numero 158 del 24 settembre 2015, tra le varie innovazioni introdotte nel nostro ordinamento, ha modificato l'articolo 10-bis del decreto legislativo numero 74/2000 che si occupa dell'omesso versamento di ritenute dovute o certificate. In particolare, a seguito di tale intervento legislativo, si è previsto che ai fini della punibilità penale dell'omissione contributiva non è più richiesta la prova della certificazione.

È chiaro che tale nuova norma ha un impatto più sfavorevole sui cittadini.

A tal proposito è interessante sottolineare che la sentenza numero 7884/2016, depositata dalla Corte di cassazione lo scorso 26 febbraio (qui sotto allegata), ha precisato che proprio in quanto più sfavorevole, la norma riformata qualche mese fa è soggetta al principio tempus regit actum e non può quindi avere efficacia retroattiva.

Così i giudici di piazza Cavour, anche per tale ragione, hanno annullato la sentenza con la quale un uomo era stato condannato per omissione contributiva.

In particolare, il ricorrente ha visto accolte le sue richieste di ritenere inidoneo il solo modello 770 ad escludere il ragionevole dubbio che le certificazioni di avvenuto versamento non fossero mai state rilasciate ai dipendenti. Nel decidere, la Corte ha anche sottolineato che, a causa del diverso contenuto del modello 770 rispetto alla certificazione rilasciata ai sostituti di imposta, è impossibile desumere dai dati riportati nel modello 770 il concreto rilascio del relativo certificato a uno o più sostituti di imposta.

Data: 11/05/2016 16:00:00
Autore: Valeria Zeppilli