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Cassazione: il mancato “pollice verde” salva il coltivatore di marijuana dal reato

Il cattivo stato vegetativo delle piante di cannabis coltivate sul balcone fa escludere il reato di detenzione di droga a fini di spaccio


di Marina Crisafi – Niente reatodi spaccio per il coltivatore che ha fatto marcirele 4 piantine di cannabis coltivate sul balcone del proprio appartamento. Asalvarlo è proprio la mancanza dipollice verde che ha portato le piante ad un così cattivo stato vegetativo daridurre di fatto la gravità della sua condotta.

È quanto emergedalla sentenza della Cassazione n. 24732depositata l'11 giugno scorso, che ha accolto il ricorso di un uomo controla decisione della Corte d'Appello di Caltanissetta che aveva confermato lacondanna per il reato di cui all'art. 73,comma 5, D.p.r. n. 309/1990 pronunciata dal tribunale di Nicosia per avercoltivato cannabis in quattro piantine in vaso sul balcone del proprioappartamento.

Anche se nonregge la tesi, sostenuta dalla difesa, secondo la quale, considerato che l'entità del principio attivo complessivonon superava “la dose media giornaliera” mancava la “prova della destinazione della sostanza alla cessione” e ciòescludeva, dunque, l'offensività della condotta, il Palazzaccio ha ritenuto comunque fondato il ricorso.

Purchiarendo, infatti, che “con riferimento allacondotta di coltivazione, non assume alcun rilievo la destinazione ad usopersonale della sostanza, sicché la circostanza sottolineata dalla difesa che le dosipotenzialmente ricavabili dal materiale in sequestro fossero quantificabili al di sotto delladose media giornaliera non è dirimente al fine di escludere l'accertamento delreato”, a conti fatti, haaffermato la Cassazione, ciò che rileva eche non appare verificato in concreto, “è l'effettivaoffensività della condotta di coltivazione contestata che risulta eseguita, attraverso il possesso di quattro piantine in vaso alte al massimo 25 cm, in cattivo stato vegetativo”.

Ineffetti, hanno spiegato i giudici di piazza Cavour, “il differente e piùrigoroso trattamento della condotta di coltivazione rispetto a quella dimateriale detenzione della sostanzapronta per l'uso è individuabileesclusivamente nella potenzialità lesiva della prima, poiché essa èdirettamente connessa alla presenza di ulteriori sviluppi, e risulta, almeno invia astratta, idonea ad ampliare lapossibilità di diffusione della sostanza”.

Conseguentemente,l'offensività della condotta va valutata in concreto, sulla base di unaprospettazione ideale delle sue possibilità future, “al fine di poterneverificare la concreta lesione del bene giuridico tutelato”.

Nelcaso concreto invece, il cattivo statodi coltivazione, tale da incidere irreversibilmente sulle prospettive diaccrescimento, non era stato minimamentevalutato dal giudice di merito, mettendo così in dubbio l'accertamento dell'antigiuridicitàdella condotta. Parola, dunque algiudice del rinvio.

Data: 14/06/2015 22:10:00
Autore: Marina Crisafi