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Il cliente deve pagare anche le “trattative” salvo che non dimostri la mancata “diligenza” dell'avvocato

Spetta al cliente dimostrare l'inadeguatezza dell'avvocato, altrimenti va corrisposto anche il compenso per l'attività stragiudiziale prestata


diMarina Crisafi - È compito del cliente dimostrareche il proprio avvocato non ha portato a termine il mandato con diligenza, altrimenti, se ilcompenso richiesto rientra nei parametri va corrisposto. E ciò anche se illegale ha tirato l'incarico “per lelunghe” per via di trattative stragiudiziali che, laddove desunte anche invia presuntiva, rientrano pacificamente nel mandato.

Ad affermarlo è la Cassazione nella sentenza n.9237 pubblicata poche ore fa, pronunciandosi su una vicenda di separazione personaleche ha messo “l'uno contro l'altro”anche un legale e la sua (ex) cliente.

Non soddisfatta della tutela ricevuta, la donnainfatti è arrivata sino al terzo grado di giudizio per sentir dichiarare che ilsuo difensore aveva travalicato il mandato conferitogli riguardante la solaseparazione con addebito a carico del marito, dilatando indebitamente l'incaricoper aver avviato una serie di trattativestragiudiziali con l'ex coniuge e il suo commercialista, finalizzate ad unacomposizione bonaria, non richiesta.

Ma per i giudici del Palazzaccio, risultandodagli atti la prova in via presuntiva del consenso prestato dalla donna allacoltivazione delle trattative e quindi del conferimentodi un incarico di cura di affari ben più ampio di quello che la stessasosteneva di avere affidato al proprio legale, non c'è dubbio sulla “conformitàa mandato dell'impegno profuso dal professionista nel tentativo di ottenere una soluzione consensuale della vicendaanche in ragione delle esigenze di tutela della figlia minore”.

Quanto al compenso per l'attivitàextragiudiziale svolta, contestato dall'ex cliente, gli Ermellini hannorammentato che “in tema di liquidazione del compenso per l'esercizio dellaprofessione forense, è il cliente chedeve fornire la prova che l'avvocato abbia svolto l'attività difensionaleaffidatagli con imperizia o comunquecon impegno inferiore alla comune diligenza”. In caso contrario, le singolevoci, risalendo la controversia alla vigenza delle tariffe forensi, haproseguito la S.C., “ben possono essere liquidate al di sopra del minimotariffario”. Soltanto, laddove il professionista richieda compensi al di sopra del massimo previsto “deve fornire, anorma dell'art. 2697 c.c., la prova degli elementi costitutivi del dirittofatto valere, cioè delle circostanze che nel caso concreto giustifichino dettomaggiore compenso, restando in difetto applicabile la tariffa nell'ambito deiparametri previsti”.

Per cui considerato che nella fattispecie, ilcompenso richiesto è superiore al minimo ma inferiore al massimo, alla donna non resta che saldare lecompetenze del proprio legale e pagare anche le spese di giudizio.

Data: 07/05/2015 23:25:00
Autore: Marina Crisafi