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Sospesa la patente perché gay! Per la Cassazione la P.A. deve pagare un maxirisarcimento

Per i giudici del Palazzaccio, invece, è innegabile, che il ragazzo è stato vittima “di un vero e proprio comportamento omofobico”, peraltro “intollerabilmente reiterato”


Marina Crisafi - Chi non ricorda lavicenda apparsa sui media qualche tempo fa del ragazzo siciliano cui era stata sospesa la patente perché si era dichiaratogay alla visita di leva?

La questione, oltrea suscitare l'indignazione generale, era finita in tribunale.

Il giovane,infatti, era stato esonerato dal servizio militare e dopo pochi mesi, pereffetto della comunicazione dell'ospedale militare che richiedeva una verifica deirequisiti psico-fisici alla guida, aveva ricevuto un provvedimento di revisionedella patente di guida dalla Motorizzazione civile di Catania.

All'epoca, era il2001, il ragazzo si rivolse al tribunale chiedendo mezzo milione di euro di risarcimento alla P.A. per discriminazione sessuale e violazione dellaprivacy.

La decisione delgiudice di primo grado, che accoglieva l'istanza disponendo però unrisarcimento notevolmente più basso (100milaeuro) veniva impugnata in appello dai due ministeri (dei Trasporti e dellaDifesa).

La Corte d'Appellodi Catania, pur condannando la P.A., riduceva ulteriormente la cifra delrisarcimento a 20mila euro, ritenendo “esorbitante”la liquidazione di primo grado, giacchè la discriminazione sessuale e laconcorrente violazione della privacy si erano risolte “nell'apertura dellaprocedura di revisione della patente” e la violazione sarebbe rimastacircoscritta ad un ambito riservato, non essendovi stato “pubblico ludibrio”.

Il caso, invece, come noto, ebbe rilievosulla stampa, perché fu lo stesso giovane a denunciare l'incresciosa situazione mostrando anche il certificatoin base al quale era stata avviata la pratica di revisione, recante diagnosi “disturbo dell'identità sessuale”.

Per fortuna, ilragazzo ha deciso di non fermarsi e ha invocato l'intervento della Cassazione per ottenere la tutela pienadei suoi diritti.

E la Suprema Corte(sentenza n. 1126 depositata il 22gennaio 2015) non ha potuto che dargli ragione, “bacchettando”, peraltro, la decisione della Corte d'Appello per il “malaccorto tentativo di edulcorare lagravità del fatto, riconducendola ad aspetti endo-amministrativi”.

Per i giudici delPalazzaccio, invece, è innegabile, che il ragazzo è stato vittima “di un vero e proprio comportamento omofobico”, peraltro “intollerabilmente reiterato” da partedella P.A. Pertanto, a giudizio della terza sezione civile della S.C., ha diritto ad un equo risarcimento (e talenon può definirsi certo la liquidazione della Corte d'Appello), per cui lasentenza va cassata con rinvio per una riquantificazionedel danno (al rialzo) proporzionata alla “gravità dell'offesa” subita.

Data: 27/01/2015 13:50:00
Autore: Marina Crisafi