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Reati informatici: Cassazione, il diritto di difesa non giustifica chi spia la mail di un collega

Anche se lo fa per tutelare il proprio diritto di difesa, l'azione integra comunque il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico


Nessuna giustificazione per chi consulta senza permesso la mail altrui, anche se lo fa per tutelare il proprio diritto di difesa, l'azione integra comunque ilreato di accesso abusivo ad un sistema informatico.

A stabilirlo è la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n.52075 depositata il 15 dicembre 2014, confermando la condanna di un avvocatoal reato previsto e punito dall'art. 615-terc.p. per essersi introdotto abusivamente nella posta elettronica di un collega di studio.

A nulla sono vale le doglianze dell'imputato che invocava l'applicazionedella scriminante di cui all'art. 51c.p. per aver esercitato il proprio diritto di difesa, dovendosi tutelareda un procedimento penale promosso nei suoi confronti proprio dal collegaspiato.

Per la Cassazione, infatti, ai fini dell'invocazione della scriminante dicui all'art. 51 c.p., l'esercizio deldiritto, inteso quale potere dato al soggetto di agire per la suasoddisfazione sacrificando gli interessi contrastanti, non può spingersi fino a sfociare in aggressioni della sfera giuridicaaltrui, estranea, peraltro, al campo di applicazione del diritto azionato.

Pertanto, nel caso di specie, i giudici non hanno ritenuto scusabile la “prolungata”attività di accesso abusivo operata dall'imputato sul sistema informatico delcollega di studio, condannandolo anche per violazionedella corrispondenza, per aver divulgato a terzi diverse comunicazionidestinate a rimanere riservate.

Data: 20/12/2014 11:00:00
Autore: Marina Crisafi