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Danni da fumo passivo: condannato il comune di Milano al risarcimento del danno a una dipendente

È stato considerato determinante il comportamento omissivo del comune di Milano, consistente nel mancato intervento a tutela della salute e del benessere dei propri dipendenti


È stata esposta per anni al fumo passivo pervia della sua postazione di lavoro vicino all'ingresso dove i colleghi d'ufficioe chiunque si apprestasse ad uscire sostavano per fumare e benché avesse sollevato il problema al comune di Milano (suo datoredi lavoro), l'ente non aveva fatto nullaper garantire che il divieto ex legevenisse rispettato.

Così il tribunale di Milano, con sentenza n. 2536del 4 agosto 2014, ha condannato il comune a risarcire alla dipendente 10.000 euro a titolo di “danno esistenziale” per esposizione afumo passivo.

In realtà, lavigilessa milanese aveva adito il giudice del lavoro per denunciare unatteggiamento mobbizzante tenuto nei suoi confronti dall'ente datore, a causadell'esposizione per diversi anni a condotte vessatorie e persecutorie.

Il giudice perònon ravvisava gli estremi del mobbing nella pluralità dei fatti e dellesituazioni allegati dalla ricorrente (demansionamenti, trasferimenti, ecc.), considerandoliper lo più infondati e senza alcun “rilievo giuridico dal punto di vista delcomportamento dedotto come persecutorio”, e pertanto rigettava la richiesta deiconsequenziali danni patrimoniali e non.

Tuttavia, ilgiudice meneghino, nell'ambito della situazioni allegate dalla ricorrente, hariconosciuto che l'esposizione al fumo passivo, pur non potendo costituire mobbing,poteva essere causa delle patologie dedotte dalla stessa (cefalea, difficoltàrespiratorie, bruciore agli occhi, ecc.) e dunque dotata di rilievo sotto l'aspettorisarcitorio.

Il comportamento omissivodel comune di Milano, consistente nel mancato intervento a tutela della salutee del benessere dei propri dipendenti nonostante le lamentele avanzate dallaricorrente, è stato quindi riconosciutodal tribunale milanese come “determinante” per il danno non patrimonialedalla stessa subito.

La ripetutaesposizione della ricorrente al fumo passivo, si legge infatti nella sentenza,ha provocato una situazione di disagio e possibili gravi danni alla salute nellungo periodo, “a causa di un comportamento vietato da specifichedisposizioni di legge (legge 16 gennaio 2003 n.3 art. 51)”, incidendo negativamente sull'esercizio didiritti costituzionalmente garantitiquale è il diritto al lavoro (art.4) che consente la libera espressione dellapropria personalità nelle formazioni sociali (art.2)”.

Su quest'assunto,il tribunale ha condannato il comune alrisarcimento del “danno esistenziale” alla vigilessa, quale autonoma voce di danno e non qualecategoria di natura meramente descrittiva all'interno di quella omnicomprensivadel danno non patrimoniale (v. guida “Il danno alla persona”),ponendosi così nel solco della giurisprudenza (cfr. ex multis, Cass. n. 1361/2014; n. 20292/2012) che sostiene l'affermazionedel danno esistenziale come posta risarcitoria autonoma rispetto alle altrevoci del danno non patrimoniale, in contrasto con le sentenze c.d. di SanMartino (Cass. SS.UU. nn. 26972/3/4/5 del 2008).

Data: 13/10/2014 14:00:00
Autore: Marina Crisafi