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Diffamazione militare aggravata e diritto di critica



Avv. Francesco Pandolfi

Cassazionista

diffamazionemilitare aggravata, diritto di critica.

Una bellissima sentenza dellaCorte di Cassazione sezione 1 penale ( la n. 36045 del 20.08.2014 ), ove il militare viene ritenuto non colpevoleperché trattasi di fatto non punibile ai sensi dell'articolo 51 c.p. in relazione alla diffamazione neiconfronti dello (OMISSIS) e perche' il fatto non costituisce reato in relazionealla diffamazione nei confronti del (OMISSIS).

In fatto, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio lasentenza della Corte militare diappello in data 14 marzo 2012, con cui era stata confermata la condanna,condizionalmente sospesa, di (OMISSIS) -militare in servizio presso il Nucleo diPolizia Tributaria della Guardia di Finanza di xxx -per il reato di diffamazione militare aggravata,ridotta la pena a quattro mesi di reclusione militare e confermata la decisione del primogiudice quanto alle restanti conseguenze di legge nonche' alla condanna alrisarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, (OMISSIS),Comandante all'epoca dei fatti di quel Nucleo.

Al (OMISSIS) era stato contestato, in riferimento all'articolo47 c.p.m.p., comma 1, n. 2 e articolo 227 c.p.m.p., commi 1, 2 e 3, di averepubblicato in data (OMISSIS), mediante uno pseudonimo, sul forum del sitoInternet (OMISSIS) un messaggio contenente giudizi ed affermazioni nonveritieri offensivi della reputazione della Guardia di Finanza, del ComandanteProvinciale di (OMISSIS) Col. (OMISSIS), del Comandante del Nucleo di PoliziaTributaria di (OMISSIS) Magg. (OMISSIS) e segnatamente affermando "ilNucleo di P. T. di (OMISSIS) e' ormai giunto al collasso: gli ufficiali che lodirigono, su input del Comandante Provinciale ... Esercitano con continuita' esistematicita' un'azione vessatoria nei confronti del personale ... parlodell'atteggiamento violento e persecutorio attuato da parte di questi ufficialidella (OMISSIS)".

La Corte di merito, nel precedente giudizio d'appello avevaritenuto non indispensabile la rinnovazione dibattimentale chiestadall'appellante con riguardo al tema della veridicita' dei fatti narrati nelpost, assumendo che non era stata contestata l'aggravante dell'attribuzione difatti determinati e che le espressioni utilizzate non potevano comunque ritenersicompatibili con il diritto dicritica, giacche' il post non faceva riferimento solo ad un atteggiamentoprevaricatorio degli ufficiali, bensi' a concetti piu' gravi (vessazione,violenza e persecuzione), addirittura aggiungendo un paragone con la (OMISSIS),sicche' era in ogni caso ampiamente superato il limite della continenza.

I motivi di ricorso articolati al proposito venivano ritenutifondati dalla Cassazione, che osservava:
I giudici di merito hanno del tutto svalorizzato il dato della non veridicita'dei fatti narrati, benche' il richiamo ad essa fosse presente nell'imputazione,che faceva riferimento a "giudizi ed affermazioni non veritieri offensividella reputazione..."; la Corte risolve sbrigativamente la questione, rilevandoche non era stata contestata all'imputato l'aggravante dell'attribuzione difatti determinati.

La questione della veridicita' dei fatti narrati deve esserediversamente valutata: per quanto compreso, il messaggio completo conteneval'indicazione di fatti specifici, cosicche' - benche' (evidentemente per unerrore materiale) l'intero contenuto del messaggio non sia stato inseritonell'imputazione - la valutazione delle espressioni menzionate nel capo diimputazione non puo' prescindere dal resto del messaggio; in altre parole, se,ad esempio, il messaggio conteneva l'indicazione specifica di episodi divessazione, risulta illogica una valutazione astratta come quella operata dallaCorte, secondo cui l'uso della parola "vessazione" e' diffamatoria inogni caso.

Questo vale anche per il riferimento alla "(OMISSIS)":espressione certamente forte, ma che potrebbe assumere una diversa valenza nelcaso fossero provate condotte come quelle menzionate nella missiva delbrigadiere (OMISSIS), che riferisce di impiego indebito di un militare disabile da parte degli ufficiali(OMISSIS) e (OMISSIS).

La rilevanza della questione riguarda sia la valutazione delrispetto del criterio di continenza, dovendosi riconoscere anche ai militaridella Guardia di Finanza il diritto costituzionale di critica che,peraltro, deve essere esercitato secondo i limiti generali elaborati dallagiurisprudenza di questa Corte, sia - nel caso il giudice ritenesse nonrispettato il limite della continenza - la valutazione complessiva dellaresponsabilita' dell'imputato e, quindi, della determinazione della pena: adesempio, potrebbe non risultare piu' aderente al fatto e alla personalita'dell'imputato la valutazione sull'intensita' del dolo operata dalla Corte pernegare la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti ritenute.

La sentenza impugnata veniva dunque annullata con riferimentoalla mancata riapertura dell'istruzione dibattimentale, limitatamente allaquestione della veridicita' dei fatti narrati nel messaggio, nonche' allavalutazione della natura diffamatoria del messaggio.

La Corte di appello militare, quale giudice del rinvio,disponeva la riapertura dell'istruzione dibattimentale; acquisiva in originalela lettera a firma di (OMISSIS) e i documenti prodotti dall'imputato, concernentila documentazione medica e la determinazione del comandante generale dellaGuardia di Finanza relativa alla parziale inidoneita' del militare(OMISSIS)nonche' gli ordini servizio allo stesso relativi; procedeva all'audizione deitesti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

All'esito, in parziale riforma della sentenza di primo grado,assolveva l'imputato dal reato contestato limitatamente alle frasi esercitanocon continuita' e sistematicita' un'azione vessatoria, atteggiamento violento epersecutorio, per l'ingrato compito di (OMISSIS), riferite al maggiore(OMISSIS), con la formula "perche' il fatto non costituisce reato";riconosceva all'imputato le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulleaggravanti; confermava per il resto la sentenza di condanna del Tribunale madiminuiva la pena a mesi due di reclusione militare e riduceva il risarcimento del dannoliquidato in favore della parte civile (OMISSIS) alla misura complessiva dieuro 500.

A ragione, premesso che la diffamazione contestata si componevain realta' di due condotte in concorso formale, l'una ai danni dello (OMISSIS),l'altra del (OMISSIS), rilevava che solo per la prima poteva ritenersidimostrata la veridicita' dei fatti riportati.

Da quanto accertato emergeva difatti che effettivamente eranostati effettuati dallo (OMISSIS) i fatti riferiti nel post, di cui avevano datoconferma i testimoni, consistenti: nei continui e ripetuti controlli asorpresa; nell'utilizzo a tal fine di personale distolto dai compiti di servizio;nelle ispezioni personalmente effettuate per verificare che nessuno consumasseun qualche alimento durante il servizio (anche annusando l'aria e controllandoi cestini getta carte); nel frazionamento dei servizi esterni per impedire lafruizione di buoni pasti; infine

(ma soprattutto) nella destinazione e nell'impiego del militare (OMISSIS) a servizi esterni dai qualiera esonerato per grave invalidita' e che risultavano incompatibili con le suecondizioni di salute.

Tali condotte potevano fondatamente qualificarsi ingiustificatee vessatorie, in quanto oppressive, moleste e finanche persecutorie, oltre cheviolente (almeno dal punto di vista morale) e lesive della dignita' morale delsottoposto con riferimento all'impiego del (OMISSIS) in servizi non consonialla sua condizione di invalido per ragioni di servizio.

Adeguata alla ricostruzione dei controlli demandati dallo(OMISSIS) ai sottoufficiali, poteva ritenersi inoltre la frase che richiamaval'ingrato compito di (OMISSIS).

Non altrettanto, ad avviso della Corte di merito, poteva dirsiper le frasi (OMISSIS), stato di terrore e angherie, usate nel messaggio, chetrascendevano la realta' e la continenza e si risolvevano in (pura)denigrazione della persona.

Con riferimento al (OMISSIS), invece, non poteva per nessunaspetto parlarsi di esercizio del diritto dicritica, giacche' non risultava affatto provato che le condotte trasbordanti leesigenze di disciplina e di servizio fossero state da lui poste in essere. Imilitari (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano riferito che dei comportamenti dello(OMISSIS) era stato messo a conoscenza anche il comandante provinciale(OMISSIS), ma questo non significava che lo stesso avesse posto in essere queltipo di condotte o che le avesse anche solo in parte giustificate. E non v'eraprova che (OMISSIS) non avesse in qualche modo cercato di ostacolarel'atteggiamento dello (OMISSIS) (sul punto non erano state rivolte domande al(OMISSIS) e quelle poste allo (OMISSIS) non erano state ammesse).

Ha proposto ricorso il (OMISSIS), personalmente, chiedendol'annullamento della sentenza di condanna.

Con il primo motivo denunzia violazione della legge processualemancanza, contraddittorieta' - anche esterna, rispetto agli atti acquisiti - emanifesta illogicita' della motivazione con riferimento alla esclusione dellaverita' dei fatti e all'esercizio del diritto dicritica in relazione alle accuse mosse al comandante (OMISSIS).

Tutti testi (non i soli (OMISSIS) e (OMISSIS) come avevariconosciuto la stessa sentenza impugnata, ma anche, espressamente, (OMISSIS) e(OMISSIS), come emergeva dai verbali allegati) avevano concordemente riferitoche l'appuntato (OMISSIS) veniva adibito a servizi esterni sia dallo (OMISSIS)sia dal (OMISSIS), e dagli stessi ordini di servizio prodotti, citati a pag. 22della sentenza impugnata (e allegati al ricorso), emergeva il coinvolgimentodel (OMISSIS), che aveva personalmente sottoscritto la maggior parte di dettiordini di servizio.

Era dunque patentemente illogico ritenere non dimostrato che il medesimocomportamento definito violento e persecutorio, era stato posto in essere anchedal (OMISSIS).

Con il secondo motivo denunzia violazione di legge sostanziale eprocessuale onche' mancanza e vizi della motivazione, con riferimento allaritenuta valenza diffamatoria delle espressioni (OMISSIS), stato di terrore,spirale di angherie.

La stessa Cassazione, nella sentenza di annullamento, avevaevidenziato che la prima espressione poteva assumere valenza non diffamatoriaove fossero risultati veri gli episodi denunciati. L'esclusione dellascriminante del dirittodi critica con riferimento a dette espressioni cozzava d'altro canto conil riconoscimento che i comportamenti posti in essere dal comandante eranoviolenti, vessatori e persecutori, dunque anche contrari alla legge, specie overiferiti a quanto concerneva l'atteggiamento adottato nei confronti del(OMISSIS). Ingiustificatamente s'era omesso di considerare quindi: da un latoche vessazioni e angherie sono, nell'uso corrente, sinonimi; dall'altro che lastessa sentenza riconosceva che tutti i militari pativano con ansia i controlliricordati, esisteva un generalizzato malcontento, erano stati manifestatisdegno e paura.

Ciò premesso,

osserva il Collegio che ilricorso appare, nei termini che verranno precisati, fondato.

Va brevemente ricordato che lo scritto pubblicato tramite internetdall'imputato era composto da una parte in cui si riferivano determinaticomportamenti dei comandanti, territoriale e provinciale, del nucleo di poliziatributaria della Guardia di Finanza di Lecce, da altra in cui si commentavano edefinivano in termini aspramente negativi e decisamente, dal punto di vistaoggettivo, offensivi, tali comportamenti.

I giudici del merito, nelle precedenti fasi, avevano ritenutoche l'obiettiva gravita' e la pesantezza di tali definizioni e commenti,ritenuti di per se' eccedenti la continenza, rendevano superfluo l'accertamentosulla verita' dei fatti cui dette critiche si riferivano.

La sentenza di annullamento con rinvio, facendo applicazione deiconsolidati principi in tema di diritto allalibera manifestazione del pensiero, in genere, e di diritto di denunzia e di critica inparticolare, ha imposto ai giudici del merito di verificare la verita' deifatti narrati, cosi' spazzando via ogni dubbio sulla astratta possibilita' diritenere scriminabili le critiche, anche esasperate, formulate nel post allaluce degli eventuali esiti di tale accertamento.

Disposta l'audizione dei testimoni richiesti dalla difesadell'imputato, e acquisiti i documenti che questo aveva chiesto di produrre, laCorte di appello ha ritenuto che quanto alle condotte poste materialmente inessere dallo (OMISSIS), lo scritto dell'imputato dicesse, dal punto di vistaobiettivo, la verita'.

In particolare ha rilevato che lo stesso era l'autore diparticolari modalita' esplicative del proprio comando ... non ortodosse ne' ...giustificate da reali ragioni oggettive; che pretendeva fossero effettuaticontrolli del personale in servizio anche piu' volte al giorno, in modo serialee ripetitivo, giungendo persino alla verifica, con una sorta di schedatura,delle momentanee assenze per l'uso dei servizi igienici e del consumo di ciboda asporto; che ad assumere l'ingrata veste di controllori erano costretti glistessi militari in forza al nucleo; che il personale viveva in modo ansiogenotali metodi esasperati di presunta disciplina; che il malcontento era generale;che l'appuntato (OMISSIS), affetto da grave invalidita' e formalmente esoneratodai servizi esterni, era stato effettivamente comandato e impiegato in servizi esternigravosi, durati sino a nove ore consecutive, senza alcuna necessita' legata acarenze di organico; che tutti i militari sentiti avevano riferito con sdegnogli episodi relativi al collega.

In altri termini, secondo la sentenza impugnata: era risultatosicuramente vero che il maggiore (OMISSIS) stesse esercitando con continuita' esistematicita' una azione vessatoria nei confronti del personale, effettuandosullo stesso un controllo in modo stabile e ininterrotto attraverso condotteoppressive, moleste, finanche persecutorie. E l'utilizzazione a turno dicolleghi per i controlli giornalieri era evidentemente indicativo dellavolonta' di creare dissapori.

Del pari, secondo la Corte di appello, corrispondeva al vero chelo (OMISSIS) tenesse comportamenti violenti e persecutori, essendo senza dubbioda qualificare comportamento violento e persecutorio (quantomeno dal punto divista morale) il fatto di adibire a turni esterni di servizio, anche notturni eprolungati ... un militare affettoda grave invalidita' riconosciuta come dipendente da causa di servizio ... chelo costringeva ad utilizzare i servizi igienici con frequenza di gran lungasuperiore alla normalita'; sicche' quella posta in essere era senza dubbiocondotta violenta ... lesiva della dignita' morale del lavoratore epersecutoria, perche' realizzata non una sola volta ma in ben diciassetteepisodi, tutti ingiustificati perche' il militare ... poteva essere sostituito.

Su questa base, con riferimento alla diffamazione del maggiore(OMISSIS), la sentenza impugnata ha ritenuto giustificate alcune delleespressioni usate (esercitano con continuita' e sistematicita' un'azionevessatoria, atteggiamento violento e persecutorio, per l'ingrato compito di(OMISSIS)), assolvendo per esse l'imputato, ma non altre, quali (OMISSIS),stato di terrore, angherie, ritenendole eccedenti la continenza e attacchi nonconsentiti alla persona.

Cosi' facendo e' tuttaviaincorsa in un duplice errore.

In primo luogo ha male interpretato la giurisprudenza di questaCorte che, richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale ed europea,considera in ogni caso non consentito dal diritto di critica reso legittimo dallafunzione pubblica esercitata dal soggetto criticato e dall'interesse pubblicodella notizia, l'attacco "alla persona": da intendersi pero' qualeoffesa rivolta, senza ragione, alla sfera privata, non coinvolta dall'ambito dipubblica rilevanza della notizia, mediante l'utilizzo di non pertinentiargumenta ad hominem (tra moltissime: Sez. 5, n. 3477 del 8/02/2000, Rv.215577; Sez. 5 n. 38448 del 26/10/2001, Rv. 219998; Sez. 5, sent. n. 10135 del12/03/2002, Rv. 221684; Sez. 5, n. 13264 del 2005; Sez. 5, n. 4938 del28/10/2010, Rv. 249239).

Nel caso in esame, invece, nessuno degli epiteti o delle frasi ritenuteoffensive si rivolge alle persone offese in quanto uomini, e cioe' al loroprivato, tutte concernendo la funzione svolta e il criticato loro modod'intendere la disciplina militare ela potesta' di comando (in senso analogo, v. Sez. 5, n. 29433 del 16/05/2007,Mancuso, Rv. 236839).

In secondo luogo ha sostanzialmente ridotto la facolta' dicritica alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta illustrazione edefinizione.

A differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia,la critica si concretizza nella manifestazione di un'opinione (di un giudiziovalutativo). E' vero che essa presuppone in ogni caso un fatto che e' assuntoad oggetto o a spunto del discorso critico, ma il giudizio valutativo, inquanto tale, e' diverso dal fatto da cui trae spunto e a differenza di questonon puo' pretendersi che sia "obiettivo" e neppure, in lineaastratta, "vero" o "falso".

La critica postula,insomma, fatti che la giustifichino e cioe', normalmente, un contenuto diveridicita' limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delleopinioni e delle valutazioni espresse (Sez. 5, n. 13264 del 16/03/2005, nonmassimata; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, Rv. 221904; Sez. 5, n. 7499 del14/02/2000, Rv. 216534), ma non puo' pretendersi che si esaurisca in essi.

In altri termini, come rimarca la giurisprudenza CEDU laliberta' di esprimere giudizi critici, cioe' "giudizi di valore",trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un "sufficienteriscontro fattuale" (Corte EdU, sent. del 27.10.2005 caso Wirtshafts-TrendZeitschriften-Verlags Gmbh c. Austria rie. n 58547/00, nonche' sent. del29.11.2005, caso Rodrigues c. Portogallo, ric. n 75088/01), ma al fine divalutare la giustificazione di una dichiarazione contestata, e' semprenecessario distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, perche',se la materialita' dei fatti puo' essere provata, l'esattezza dei secondi nonsempre si presta ad essere dimostrata (Corte EdU, sent. del 1.7.1997 casoOberschlick c/Austria par. 33).

Nella zona tra cio' che e' sicuramente "fatto", la suarappresentazione connotata da aspetti valutativi, la valutazione, infine,spiccatamente critica, si colloca quindi della continenza, che concerne unaspetto sostanziale e un profilo formale.

La continenza sostanziale,o "materiale", attiene alla natura e alla latitudine dei fattiriferiti e delle opinioni espresse, in relazione all'interesse pubblico allacomunicazione o al diritto-dovere didenunzia.

La continenza sostanziale ha dunque riguardo alla quantita' ealla selezione dell'informazione in funzione del tipo di resoconto edell'utilita'/bisogno sociale ad esso.

L'aspetto non viene pero' in considerazione nel caso in esame,in cui neppure i giudici del merito hanno mai dubitato, e non puo' in astrattodubitarsi, che esisteva non solo undiritto, ma addirittura un dovere militare, e civico, alla denunzia dicomportamenti contrari ad una amministrazione della disciplina militare in senso compatibile con l'assettodemocratico dell'apparato statuale e con i principi costituzionali che regolanol'ordinamento delle Forze armate (articolo 53Cost).

La continenza formale attiene invece al modo con cui il raccontosul fatto e' reso o il giudizio critico esternato, e cioe' alla qualita' dellamanifestazione. E per lo piu' riguarda, come nel caso in esame, proprio ilgiudizio critico, poco spazi di "originalita'" descrittivaconsentendo di regola i fatti. Essa postula dunque una forma espositivaproporzionata, "corretta" in quanto non ingiustificatamentesovrabbondante al fine del concetto da esprimere.

Questo comporta che le modalita' espressive non devono essere gratuitamenteoffensive, o, come detto prima, mere contumelie. Tuttavia coloriture eiperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o persino gergale, nonpossono considerarsi di per se' punibili quando siano proporzionati efunzionali all'opinione o alla protesta da esprimere.

La diversita' dei contesti nei quali si svolge la critica, cosi' come ladifferente responsabilita' e funzione, specie se pubblica, dei soggetti aiquali la critica e' rivolta, possono quindi giustificare attacchi di grandeviolenza se proporzionati ai valori in gioco che si ritengono compromessi (Sez.5, n. 45163 del 2/10/2001, Rv. 221013; Sez. 5, n. 22031 del 24/04/2003, Rv.224674; Sez. 5, n. 19334 del 5.3.2004, Rv. 227754). Sono, in definitiva, gliinteressi in gioco che segnano la "misura" delle espressioniconsentite.

D'altronde, come ricorda la giurisprudenza CEDU, il diritto di esprimere liberamente le proprieopinioni non concerne unicamente le idee favorevoli o inoffensive oindifferenti, alla cui manifestazione nessuno mai s'opporrebbe, ma e' alcontrario principalmente rivolta a garantire la liberta' proprio delle opinioniche urtano, scuotono o inquietano.

E cio' tanto piu' ove dette opinioni veementi siano rivolte asoggetti che detengono o rappresentano un potere pubblico.

Nel caso in esame, pertanto, termini ed espressione quali"angherie", "(OMISSIS)", "stato di terrore",usati in senso non storico - letterale ma come figurato, evocative di gestioniesasperate e odiosamente antidemocratiche del potere poliziesco, costituisconocertamente esagerazioni, volte a scuotere, urtare e inquietare i destinatari.Ma, accompagnate come sono dall'illustrazione di adeguata base fattuale checonsente di intenderle nel loro giusto valore di espediente retorico, nonpossono considerarsi estranee al diritto di critica.

Per tali ragioni, con riferimento a tutti gli aspetti delladiffamazione contestata ai danni del maggiore (OMISSIS), la sentenza impugnatadeve essere annullata senza rinvio, perche' l'imputato ha agito nell'ambito del diritto di denunzia e del diritto di critica ed e' percio' scriminato aisensi dell'articolo 51 c.p. e dall'art. 21 Cost.

Per quanto concerne la diffamazione ai danni del comandante(OMISSIS), la Corte di appello si e' risolta invece a confermare la condannadel ricorrente sul rilievo che non risultava provato che le condottetrasbordanti le esigenze di disciplina e di servizio fossero state anche da lui(materialmente) poste in essere e che, seppure i militari ascoltati (in partemotiva si fa riferimento ai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), ma nella parte infatto si da atto che gli altri militari avevano reso dichiarazioni in tuttocoincidenti) avevano riferito che dei comportamenti dello (OMISSIS) era statomesso a conoscenza anche il comandante provinciale (OMISSIS), cio' non bastavaa dimostrare che quel tipo di condotte fossero riferibili anche al (OMISSIS) oche il (OMISSIS) le avesse, anche solo in parte, giustificate.

Cosi' argomentando, tuttavia, effettivamente la sentenzaimpugnata omette di fare riferimento alcuno agli ordini di servizio che, pure,riferisce versati in atti e che, relativi all'assegnazione del (OMISSIS) aservizi esterni e firmati da (OMISSIS), sono allegati in copia al ricorso, mache questa Corte non puo' direttamente apprezzare quantomeno perche' la meracontrofirma ad opera del comandante del nucleo provinciale andrebbe valutataassieme agli altri elementi acquisiti per trarne la sua sicura consapevolezzain ordine alla situazione personale del comandato e all'illegittimita',percio', dell'ordine direttamente impartito.

Dalla motivazione della sentenza impugnata emerge pero', inrelazione alla posizione del (OMISSIS) e ai fini della valutazione delladiffamazione nei suoi confronti, altra piu' decisiva omissione. La Corte diappello, difatti, ha escluso che in sede giudiziale fosse stata raggiunta lacertezza della verita' dei fatti addebitati nello scritto dell'imputato al(OMISSIS), ricordando persino che alcune domande rivolte a tal fine al testenon erano state ammesse in primo grado. Ma non si e' in alcun modo posta ilproblema della configurabilita' putativa, alla luce di quanto emerso, dell'esimente.

Dalla mancanza di certezza in ordine alla falsita' (non verita')della notizia (anche ove dovesse risolversi nel mero dubbio del giudicante), vatenuto infatti distinto il problema della acquisita opposta certezzadell'agente: anche ove fosse appurato che la notizia non puo' ritenersi vera(e' falsa), se risulta pero' che l'agente l'ha diffusa nella ragionevole egiustificabile convinzione che lo fosse, il fatto (anche a stare alla radicataelaborazione giurisprudenziale secondo cui, per quanto promani dal diritto allaliberta' di manifestazione del "proprio pensiero", e' connaturale aldiritto di cronaca evocabile peril tramite dell'articolo 51 c.p. lanecessita' di "obiettiva" verita' della notizia) non e' punibile,perche' nulla consente di escludere che la regola dettata dall'articolo 59 c.p.,comma 4 trovi interamente applicazione con riferimento all'esercizio deldiritto in esame (tra molte, Sez.5, n. 15643 del 11/03/2005, Scalfari, Rv. 232134).

Nel caso in esame non puo' dunque non riconoscersi immediataevidenza e rilevanza decisiva: da un lato, alla obiettiva esistenza di ordinidi servizio a firma (OMISSIS) e alla circostanza che i testi hanno confermatoche il (OMISSIS) era stato informato del comportamento del maggiore (OMISSIS),anche nei confronti del (OMISSIS); dall'altro, al fatto che il (OMISSIS) erasovraordinato allo (OMISSIS) e che la regola che non impedire un evento che siha l'obbligo giuridico, e la possibilita' concreta, di impedire equivale acagionarlo, vale a maggior ragione per i preposti a funzioni di comando egaranzia.

Deve in conclusione convenirsi che il (OMISSIS), come ogniagente di polizia giudiziaria e ogni militare adusoa tale regola, ha attribuito al comandante provinciale una corresponsabilita'della quale, perlomeno putativamente, era ragionevolmente e giustificabilmenteconvinto.

Annulla quindi senza rinvio la sentenza impugnata perche'trattasi di fatto non punibile ai sensi dell'articolo 51 c.p. in relazione alla diffamazione neiconfronti dello (OMISSIS) e perche' il fatto non costituisce reato in relazionealla diffamazione nei confronti del (OMISSIS).

Avv. FrancescoPandolfi

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francesco.pandolfi66@gmail.com

Data: 28/09/2014 09:30:00
Autore: Avv. Francesco Pandolfi