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Cassazione: commette reato il finanziere in vacanza che circola con il lampeggiante blu sull'auto



Fuori dai casi diservizio, l'appartenente alle forze dell'ordineche detenga sulla propria auto un dispositivo lampeggiante in uso alleforze dell'ordine, è responsabile delreato di possesso di segni distintivi contraffatti, per aver disposto dioggetti idonei a trarre in inganno lasocietà sulla qualità del detentore.

Lo ha stabilito laCorte di Cassazione, quinta sezionepenale, con sentenza n. 32964 depositatail 24 luglio 2014, in un caso avente per protagonista un membro della Guardiadi Finanza condannato dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria per il reato di cui all'art. 497-ter c.p. per averillecitamente detenuto sul tettuccio della propria autovettura un dispositivolampeggiante di colore blu, del genere di quelli in uso alle forze dipolizia, mentre si trovava in vacanza.

L'uomo ricorrevaper Cassazione, sostenendo che il dispositivo era legittimamente detenuto poichéappartenente alla Guardia di Finanza e abilitato all'uso dello stesso senzalimitazioni di sorta, siccome permanentemente in servizio, data la sua qualitàdi pubblico ufficiale, evidenziando, altresì, che il dispositivo era stato dalui acquistato attraverso un canale web autorizzato e che, in ogni caso, eraspento.

Per la S.C. ilricorso è infondato. Difatti, ha affermato la Corte, l'art. 497-ter, comma 1, n. 1, c.p. punisce chiunqueillecitamentedetiene segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso aiCorpi di polizia, ovvero oggetti o documenti che ne simulano la funzione", per cui nellastruttura della fattispecie sono presenti duerequisiti: sia la detenzione di oggetti che identificano “nel sociale” ilportatore o detentore come soggetto appartenente a forze di polizia oesplicante una funzione di polizia (divisa, distintivo, ecc.), che l'illiceità della detenzione, chericorre ogni qualvolta la stessa non sia sorretta da un valido titolo dilegittimazione.

Entrambi i requisiti sono ravvisabili, per gli Ermellini, nel caso di specie, ovvero sia l'oggetto idoneo “a trarre in inganno icittadini sulle qualità personali di chi lo deteneva e sul potere connessoall'uso dello stesso” che la detenzione illecita, poiché la nozione di “servizio permanente effettivo”, comesostenuto dall'imputato, è diversa da quella di “esercizio delle funzioni”, implicando essa che il pubblicoufficiale può in ogni momento intervenire per esercitare le sue funzioni, ma nonche egli le stia concretamente esercitando in ogni momento. Considerato,pertanto, che l'uomo si trovava in vacanza, fuori della sua sede di servizio, enon era impegnato in un servizio di polizia, per la Corte non era legittimato néall'uso né alla detenzione del dispositivo, peraltro privatamente ottenuto attraversocanali internet. Né può rilevare ai finidell'esclusione del reato de quo,il fatto che il dispositivo lampeggiantefosse spento, poiché ad essere preso in considerazione non è l'uso del dispositivo mala sua detenzione.

Ritenendo, integrato, inoltre, l'elementosoggettivo del reato, costituito dal dologenerico, per cui è sufficiente la cosciente volontà della detenzione, la S.C. ha rigettato il ricorso,condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Data: 28/08/2014 11:00:00
Autore: Marina Crisafi