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Cassazione: medico che palpeggia minorenne durante la visita risponde di violenza sessuale



Il medico che, con il pretesto dellavisita specialistica, tocchi e palpeggi una minorenne, è responsabile per il reato di violenza sessuale.

Lo ha stabilito laterza sezione penale della Corte di Cassazione,nella sentenza n. 32957 del 23 luglio2014, in una fattispecie inerente un dentista, ritenuto colpevole del reatodi cui agli artt. 609-bis e 609-ter c.p. commesso ai danni di una minorenne,sua paziente, per averla costretta nel corso di una visita odontoiatrica e conabuso della sua professione, a subire molestie sessuali consistenti in palpeggidelle mammelle e della zona genitale.

Condannato in primoe in secondo grado, l'odontoiatraricorreva per Cassazione, sostenendo che gli atti posti in essere nonpotevano essere ritenuti sessuali né ispirati a finalità libidinose, per viadelle condizioni ambientali in cui si erano svolti e per la presenza dellealtre persone compresa la madre della minore, che non si era opposta in alcunmodo alla condotta, unitamente alla stessa paziente. L'imputato si doleva,altresì, che la corte territoriale avesse omesso di verificare se gli atti compiuti fossero o meno idonei aconfigurarsi come atti medici, volti ad accertare patologie compatibili conle manovre poste in essere.

Preliminarmentedichiarando l'inammissibilità in Cassazione del giudizio ex novo sulla natura dell'attoposto in essere durante la visita medica, poiché mai sottoposto in corte d'appello,la S.C. ha affermato che “la questione circala natura di "atto sessuale" o meno dei palpeggiamenti e deitoccamenti di zone indiscutibilmente erogene (come le mammelle e i genitali) postein essere nel corso di una visita medica non può essere risolta in astratto,con affermazioni di principio del tutto svincolate dal compiuto accertamentodel contesto fattuale in cui tali toccamenti e palpeggiamenti si inseriscono”. Secondo laCorte, infatti, è “del tutto normale chela visita medica possa interessare anche zone erogene del/della paziente enon v'è dubbio, in questi casi, che, in quanto espressione dell'esercizio di undiritto o adempimento di un dovere e, perlopiù, posti in essere su baseconsensuale e informata, tali toccamenti debbanoritenersi leciti”.

Pronunciarsi,invece, sull'esatta definizione deiconfini entro i quali essi restano “atti medici” e superati i quali diventano “attisessuali”, è accertamento e valutazione di fatto che deve essere risolta in sede di merito. Né puòincidere sulla natura oggettiva dell'atto e della sua finalità, il comportamento della vittima, il qualepuò rilevare ed essere valutato soltanto, ha ribadito la Corte, “quale eventuale espressione del consenso e dell'adesione intima del/dellapaziente all'atto sessuale, sempreche l'atto sia percepito come tale, che sia quindi provato che dello sconfinamento dai limiti dell'artemedica e della esclusiva finalità erotica dell'atto il/la paziente abbia piena contezza e che alla suainerzia possa essere attribuito il significato univoco della libera adesioneall'atto”, trattandosi, in ogni caso, di accertamenti inerenti la fase dimerito e non quella di legittimità.

Confermando, pertanto, la condanna dellaCorte d'appello, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Data: 05/08/2014 09:50:00
Autore: Marina Crisafi