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Cassazione: la convivente ha diritto al risarcimento del danno per la morte del partner anche se il rapporto è stato di breve durata



Il conviventemore uxorio ha diritto al risarcimento del danno morale e patrimoniale inseguito all'uccisione del proprio partner, anche in presenza di un rapporto dibreve durata ma caratterizzato da serietà e stabilità.

È questo ilprincipio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 13654 del 16giugno 2014, in una vicenda relativa all'uccisione di un noto stilista, aseguito della quale, a carico dell'ex moglie, mandante dell'omicidio, in solidocon gli altri complici, era stato disposto il risarcimento dei dannipatrimoniali e non patrimoniali alla convivente dell'uomo.

Condividendo lapronuncia della Corte d'Appello milanese “assai bene argomentata e supportatada logica impeccabile”, la S.C. ha anzitutto ribadito la legittimazionepacificamente ammessa dalla giurisprudenza di legittimità sul riconoscimentodel risarcimento del danno da uccisione di un prossimo congiunto sia ai membridella famiglia legittima che a quelli della famiglia c.d. naturale, “acondizione che si dimostri l'esistenza di uno stabile e duraturo legameaffettivo che, per la significativa comunanza di vita e di affetti, siaequiparabile al rapporto coniugale”.

Pronunciandosisul caso di specie, la Cassazione ha statuito che i medesimi principi siapplicano anche in caso di una convivenza, “frutto di una comune scelta divita”, seppur durata “pochi mesi” ma caratterizzata da un pregresso “rapportoserio e stabile”, non limitato nella fattispecie alle sole “frequenti occasionimondane”, ma tale da coinvolgere “nel progetto anche i rispettivi figli, natidai loro precedenti matrimoni”.

La natura el'intensità del rapporto, pertanto, costituiscono secondo la Corte requisitinecessari per riconoscere l'esistenza di un rapporto more uxorio e ilconseguente diritto al risarcimento in capo alla convivente, non rilevando,quindi, ad indebolire i caratteri di tale convivenza, il fattore tempo, sia perla serietà e stabilità dimostrata dal rapporto intrapreso, sia per il pacificodato che l'interruzione della convivenza fu determinata appunto dall'uccisionedel partner. Né può rilevare, altresì, la prova fornita dalla ricorrenteinerente le dichiarazioni dell'uomo di non volere ingerenze della conviventenella gestione del proprio patrimonio, “essendo ben comprensibile che questi -titolare di un patrimonio di notevolissime dimensioni - desiderasse tutelare lefiglie” avute dal precedente matrimonio.

A fronte disimili valutazioni, gli Ermellini hanno pertanto confermato in via definitivail quantum di quasi 700mila euro stabilito in appello e rigettato il ricorsodell'ex moglie.

Data: 24/06/2014 18:04:00
Autore: Marina Crisafi