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Danni da nascita indesiderata: Cassazione, la madre deve dimostrare la volontà di interrompere la gravidanza se a conoscenza delle malformazioni



di Licia Albertazzi - Corte di Cassazionecivile, sezione terza, sentenza n. 12264 del 30 Maggio 2014.

Ilcaso in oggetto verte sulla responsabilità professionaledi alcuni medici ginecologi in merito alla mancata tempestivadiagnosi di alcune anomalie del feto.

Una giovane coppia aveva convenuto in giudizio la Asl 13 alto Friuli chiedendo il risarcimento del danno che assumevano di aver subito seguito di negligenza professionale da parte dei sanitari.

In attesa di un bambino, la donna, era infatti stata sottoposta a un programma di controllo ginecologico, radiologico ed ecografico e, durante questi controlli, le era stato sempre assicurato che il feto era normale e che tutto procedeva regolarmente.

Ciononostante era venuto alla luce un bambino con delle malformazioni.

I coniugi hanno quindi citato in giudiziola Asl chiedendo ilrisarcimento del danno. La domanda risarcitoria veniva però rigettata sia in primo che in secondo grado di giudizio.

La questione esaminata dalla Corte èstrettamente legata al difetto di prova, rilevato nei gradi dimerito, sulla volontà della madre di interrompere lagravidanza in caso di malformazioni del feto.

Nei gradi di meritoinfatti tale volontà non è chiaramente emersa, essendosi la madrelimitata ad affermare come la stessa avesse adempiuto ai controlliclinici periodici prescritti dal medico curante. Non è sufficienteallegare tali circostanze ma la ricorrente avrebbe dovuto chiaramenteprovare questa sua volontà. Ricorda la Suprema corte come la leggeponga a carico del paziente l'onere di provare evento lesivo e nessocausale, così come ogni altro elemento idoneo a fondare laresponsabilità di controparte; nel caso specifico “è oneredella parte attrice allegare e dimostrare che,se fosse stata informata delle malformazioni del concepito, avrebbeinterrotto la gravidanza, poiché tale prova nonpuò essere desunta dal solo fatto della richiesta di sottoporsi aesami volti ad accertare l'esistenza di eventuali anomalie del feto”,mentre “non incombe, invece, sul medico l'onere diprovare che, in presenza di una tempestiva informazione, la gestantenon avrebbe potuto o voluto abortire”. In carenza di tale provaè legittimo che il giudice non accolga la domanda. Il ricorso è stato rigettato.

Data: 09/06/2014 11:30:00
Autore: Licia Albertazzi