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Sul danno a favore del consumatore generato dalla violazione della normativa antitrust



Avv. Federica Federici - f.federici@studiolegalefederici.it

L'ambitodella tutela del mercato e della concorrenza investe e riguarda anche quellodella tutela del consumatore.

Si affronti ad esempio il problema di uncontratto con un'impresa che abbia partecipato ad una intesa illecita o abbiaposto in essere condotte anticonvenzionali o restrittive della libertà diconcorrenza, quindi si è concluso un contratto avente ad oggetto e violativodel - e per effetto del quale si versain - tale divieto.

Nel 2005 la Cassazione ha pronunciato una sentenza cheinaugura l'orientamento a favore del riconoscimento del danno a favore delconsumatore, danno generato dalla violazione della normativa antitrust (L.1990/287)inquadrandolo nell'alveo dell'art. 2043 c.c., conclusione cui è giunta in virtùdel corretto funzionamento del mercato quale bene tutelato dalla suddettanormativa.

Con questa pronuncia e quelle che seguiranno (2007-2008) si superaquindi la nozione di concorrenza legata esclusivamente al rapporto traimprenditori (2598 c.c. – concorrenza sleale) e pertanto di un riconoscimento al risarcimento del danno solo a favoredegli imprenditori.

Tale nuovo scenario non sembra tuttavia risolvere unulteriore aspetto della tematica, quello relativo alla sorte del contratto“anticoncorrenziale” concluso tra imprenditore e consumatore. Sia a livello dottrinaleche giurisprudenziale infatti non c'è condivisione di vedute e orientamento.Sulle norme di invalidità che colpiscono i cosiddetti contratti a valle vi èchi sostiene la tesi della nullità o della nullità di protezione; chi sostienela tesi della nullità quale effetto di un comportamento illecito tenuto nelcorso delle trattative cumulabile con il rimedio risarcitorio perresponsabilità precontrattuale; altri ancora si muovono lungo il binario dell'annullabilitào della rescindibilità. Infine vi è chi fa salva la validità del contrattosalvo il risarcimento del danno.

Ciò su cui vi è concordia di vedute èsicuramente l'esigenza di garantire la concorrenzialità del mercato come liberamanifestazione dell'iniziativa economica (art. 41 Costituzione) e quindi non avallarevincoli contrattuali basati su intese restrittive della concorrenza, dallequali il consumatore finale subisce un danno ancorché non partecipe di unrapporto di concorrenza con gli imprenditori stessi. Danno da considerarsiingiusto e quindi risarcibile. Atteso quindi che la disciplina dellaconcorrenza non è la legge dei soli imprenditori, ma di tutti i soggetti delmercato e che un pregiudizio specifico ha effetti su tutti, un contratto avalle che eluda la scelta del consumatore è un contratto che viola interessirilevanti per l'orientamento giuridico integrando - quanto meno - l'art. 2043 cc (a partiredall'art. 117 Cost. art 3 e 153 Corteeuropea fino alla normativa speciale di cui alla L. 1990/287) nel suo caratteredi plurioffensività sia verso il bene della concorrenza del mercato, che versoil patrimonio del singolo.

Sullasorte di tale contratto si è anticipato come si può giungere a diverseconclusioni, alcune come categorie autonome della nullità prevista per legge(l'art. 2 co. 3 della legge antitrust prevede la “nullità ad ogni effetto delleintese violate per legge” e l'art. 1418 c.c. per “violazione di normeimperative”). Inoltre soccorre anche il fatto che prima ancora di esserefenomeni negoziali, l'intesa e il contratto rappresentino elementi della fattispecieillecita e quindi determinino il sorgere del diritto al risarcimento del danno sic et simpliciter. Tale risarcimentoconsiste nella differenza tra prezzo effettivamente pagato e quello che ilconsumatore avrebbe pagato in condizioni di effettiva concorrenza. Si trattaquindi di integrare la normativa codicistica con quella speciale, orientandocostituzionalmente e comunitariamente la lettura di tali norme e dovendocontemperare e salvaguardare interessi distinti e piani diversi.

Il favor verso la conservazione delcosiddetto contratto a valle che emerge dalle conclusioni della dottrina edalle sentenze specifiche dal 2005 in poi, nasce dalla semplice considerazioneche se fosse considerato nullo il contratto, la conseguenza necessaria sarebbeche le parti dovrebbero restituirsi quanto ricevuto in esecuzione del contrattoe quindi l'intera somma pagata, oltre al risarcimento del danno. Conclusioneritenuta troppo radicale, anche se coerente con il percorso logico svolto dallaCassazione fin dalla prima pronuncia che ha allargato l'orizzonte della materiafacendo rientrare la condotta anticoncorrenziale tra le condotte che violanonorme imperative (ordine pubblico economico) rappresentate dalla leggeantitrust, pertanto nulle ad ogni effetto. Per questo la dottrina dominantepreferisce quindi propendere per l'annullabilità o rescindibilità, in quanto intali contratti lo scopo illecito non è perseguito da entrambe le parti ma soloda una di esse, mentre l'altra si limita a subirlo passivamente. Anzi iconsumatori risultano estranei alla condotta illecita, pur subendone leconseguenze dannose. Pur volendo ricorrere al 1418 c.c. secondo cui ilcontratto è nullo quando contrario a norme imperative “salvo che la leggedisponga diversamente”.

Nellecondotte anticoncorrenziali tuttavia non esiste una norma che prevedel'annullabilità o la rescindibilità, per cui la problematica sembra riportareall'ipotesi della nullità, magari non assoluta quindi fatta valere da chiunquee rilevabile da ufficio. Per questo la norma di riferimento sembra esserel'art. 1421 c.c. Fermo restando che la nullità potrà operare solo a favore delconsumatore, parte debole del potere contrattuale e ad oggi tutelato, con ilcodice del consumo, dalla cosiddetta nullità di protezione. Ad esso peraltro nonsarà impedito di invocare il profilo delle responsabilità extracontrattuale ex2043 c.c. allegando, da un lato un comportamento anticoncorrenziale che hadeterminato un incremento del prezzo diun bene, e dall'altro l'acquisto di tale bene, potendo decidere di mantenere invita un contratto concluso a prezzi abusivi e quindi di conservarlo evitando lasanzione massima della nullità che non lo favorirebbe in ogni caso.

Tantoche alla collettività risulta sufficiente che venga ripristinata una situazionedi effettiva concorrenza nel mercato e colui che ha commesso l'illecitorestituisca il sovrapprezzo conseguito abusivamente. Da un lato l'interesse delconsumatore specifico alla correttezza, equità e trasparenza dei rapporti,dall'altro quello della collettività al corretto funzionamento del mercatosembrano essere ragionevolmente soddisfatti da una soluzione in senso dinullità di protezione.

Avv. Federica Federici - f.federici@studiolegalefederici.it

Data: 02/06/2014 11:00:00
Autore: Avv. Federica Federici