Cassazione: legittima la cessione del ramo d'azienda, non più produttivo, che venga successivamente soppresso
di Licia Albertazzi - Corte di CassazioneCivile, sezione lavoro, sentenza n. 9090 del 22 Aprile 2014. Lacessione di azienda (o di ramo di azienda), destinata asuccessiva chiusura, deve considerarsi lecita, non ravvisandosil'esistenza di particolari divieti contenuti in norme di garanziadei lavoratori. Resta infatti pur sempre a discrezione del proprietariola possibilità di cedere un bene che risulta antieconomico e troppooneroso. Questo il principio affermato nella sentenza incommento.
Nel caso di specie ungruppo di ex dipendenti di una nota azienda italiana operante nelcampo dell'informatica chiede di dichiararsi la nullità dell'attodi trasferimento di un ramo di detta azienda ad altra società,poiché, a seguito della cessione, tale comparto sarebbe statooggetto di soppressione. Tale richiesta veniva rigettata siain primo che in secondo grado di giudizio, sulla base dellacircostanza che “il diritto d'impresa, costituzionalmentegarantito, (è) comprensivo del diritto di mutare l'attivitàimprenditoriale, o l'oggetto, e per essere apprestatedall'ordinamento garanzie per i lavoratori: non già un divieto dicessione, bensì solo un obbligo di previa comunicazione alleorganizzazioni sindacali e di esame congiunto”.
A prescinderedall'attendibilità delle stime effettuate sul ramo d'azienda ceduto,la scelta di cedere o meno resta in ogni caso un potere delproprietario – datore di lavoro, senza che sia configurabile alcunillecito in merito se il ramo ceduto presenta caratteri di sofferenzaeconomica; anzi, a maggior ragione, pare naturale che un soggetto siainteressato a eliminare un investimento che, oltre a non risultarepiù fruttuoso, provoca delle perdite al patrimonio. E' esclusal'operazione in frode alla legge e il ricorso (in realtà,ricorsi e ricorsi incidentali, data la complessità della vicenda)viene rigettato. Qui sotto in allegato il testo della sentenza.
Data: 03/05/2014 20:00:00Autore: Licia Albertazzi