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Uno status socio-economico alto favorisce i comportamenti etici scorretti?



Di Laura Tirloni - Esiste una correlazione tra ricchezza e comportamenti etici scorretti? Qual'è la classe sociale che mostra più probabilità di incorrere in comportamenti etici scorretti? Alcuni potrebbero essere intuitivamente portati a pensare che sia la classe socio-economica più svantaggiata quella più propensa ad attuare comportamenti moralmente inadeguati, ma succede davvero questo? Il ricercatore Paul Piff dell'Università di Berkeley, California (2012) ha avviato una ricerca ipotizzando che sarebbero proprio gli individui appartenenti a uno status socio-economico alto, quelli maggiormente propensi ad attuare le azioni più immorali. Secondo l'autore, infatti, le maggiori risorse a disposizione, l'agiatezza economica e il senso di libertà e di indipendenza che da essa ne conseguono, sfocerebbero in comportamenti improntati al proprio benessere e focalizzati sul sé, senza riguardo per le conseguenze sugli altri. L'ipotesi da verificare era dunque se tali soggetti, motivati dall'avarizia, potessero con più facilità abbandonare i principi morali per raggiungere scopi personali.

Ilcomportamento dei soggetti in esame è stato pertanto osservato in uncontesto naturale (come ad esempio la guida in auto), e in uncontesto sperimentale, ovvero è stato loro chiesto di valutarediverse situazioni etiche e di dire come si sarebbero comportati insituazioni simili. E' stata quindi analizzata la tendenzaall'avarizia come possibile spinta a comportarsi in modo scorretto.

Irisultati della ricerca hanno confermato che il comportamento degliindividui di stato sociale più alto risultava meno etico inentrambe le situazioni, rafforzando così le ipotesi di partenza. Gliindividui in esame, mostravano infatti uno stile di guida piùspericolato e poco rispettoso delle norme del codice della strada efornivano anche risposte che esprimevano una sostanziale noncuranza esvalutazione dei principi morali(una sorta di “il fine giustifica i mezzi” per intenderci). E'possibile che talisoggetti possiedano una minore percezione dei rischi connessi alleproprie azioni e un minor senso di dovere morale rispetto alprossimo, derivanti proprio dalla consapevolezza di avere adisposizione maggiori risorse per rimediare alle conseguenze dei loroatti.Inoltre, la sensazione diminore dipendenza dagli altri e la spiccata focalizzazione sul sériscontrate in questi soggetti potrebbero favorirne la tendenza aconsiderarel'avarizia come un valore positivo e funzionale al raggiungimentodel proprio benessere,anche se a discapito di quello degli altri(Kraus, Piff et al, 2011).

Data: 27/04/2014 10:00:00
Autore: Laura Tirloni