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Cassazione: no al risarcimento per dequalificazione al dipendente che non prova il danno subito



La Corte diCassazione, con sentenza n. 7818 del 3 aprile 2014, ha affermato che "ildiritto al risarcimento del danno non patrimoniale, in tutti i casi in cui èritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione da parte delrichiedente degli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entitàdel pregiudizio".

Nel caso dispecie, la Corte d'Appello aveva condannato ilMinistero della Difesa a pagare ad un sua dipendente una somma di denaro atitolo di risarcimento del danno per l'illegittima dequalificazione subitadalla lavoratrice ricordando che la giurisprudenza di legittimità aveva sì ribaditola necessità che del danno fosse data la prova e che fosse indicato conspecifiche deduzioni ma che tuttavia occorreva tenere conto dell'esistenza dibeni tutelabili e protetti ex art 41 Cost. e art 2087 c.c. rispetto ai quali laverificazione di un danno non era elemento costitutivo poiché l'ordinamentotutelava in sé alcuni valori fondamentali della persona, quali la dignità dellavoro, la libertà di espressione, la libertà di associazione e che in talicasi il danno si identificava con la lesione medesima, come era avvenuto nelcaso in esame.

La SupremaCorte ha precisato che le affermazioni della Corte territoriale non possonoessere accolte in quanto contrastanti con i principi affermati dalla Corte dilegittimità che lo stesso giudice di merito ha richiamato ritenendo, però, dinon doverne fare applicazione nel caso in esame.

In particolarei giudici di legittimità hanno evidenziato che "pur dovendosi rilevare cheper quanto attiene alla prova del danno, le SS.UU del 2008 (N. 26972),richiamate dalla stessa Corte territoriale, hanno ammesso che essa possafornirsi anche per presunzioni semplici, deve, tuttavia, escludersi che ildanno sia "in re ipsa" (nello stesso senso Cass. SU n. 6572 del 24marzo 2006), dovendo essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentitidall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni,per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi, che solodall'interessato possono essere dedotti, si possa, attraverso un prudenteapprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza deldanno, facendo ricorso, ai sensi dell'art. 115 c.p.c.. a quelle nozionigenerali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivoe nella valutazione delle prova."

La Corteterritoriale - si legge nella sentenza - non si è attenuta a detti principi edunque la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti ed ilgiudizio rimesso alla Corte d'Appello in diversa composizione.

Data: 05/04/2014 10:00:00
Autore: L.S.