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Satira o diffamazione? La Cassazione fa il punto.



Corte di Cassazione,Sezione III Civile, sentenza 5 febbraio – 10 marzo 2014, n. 5499.

Nella satira la fantasia sembra non avere limiti. Ma qualche limite dovrebbe imporlo il buonsenso se non si vuole finire sotto processo per diffamazione. In un caso esaminato dai giudici di Piazza Cavour, un noto editoriale abruzzese aveva utilizzato una serie di frasi satiriche per gettare discredito su una nota associazione dei consumatori. Si era trattato di frasi come: "Cialtracons", "contro la diarrea prendete Codacons","Codacons e diarrea..." e "Crollacons".

Il caso era finito nelle aule di giustizia e la vicenda è finita anche al vaglio della Cassazione.

Il quesito sottoposto alla Corte è stato quello di chiarire se siffatte espressioni integrino il reato di diffamazione,oppure esse costituiscono il legittimo esercizio del diritto di satira.

«E' noto – afferma la Suprema Corte - che la satira è configurabile come dirittosoggettivo di rilevanza costituzionale; come tale rientra nell'ambito diapplicazione dell'art. 21 Cost. che tutela la libertà dei messaggi delpensiero. Il diritto di satira ha un fondamento complesso individuabile nellasua natura di creazione dello spirito, nella sua dimensione relazionale, ossiadi messaggio sociale, nella sua funzione di controllo esercitato con l'ironiaed il sarcasmo nei confronti dei poteri di qualunque natura. Comunque siesprima e, cioè, in forma scritta, orale, figurata, la satira costituisce unacritica corrosiva e spesso impietosa, basata su una rappresentazione cheenfatizza e deforma la realtà per provocare il riso. La peculiarità dellasatira, che si esprime con il paradosso e la metafora surreale, la sottrae alparametro della verità e la rende eterogenea rispetto alla cronaca. Ma a differenza di questa che, avendo lafinalità di fornire informazioni su fatti e persone, è soggetta al vaglio delriscontro storico, la satira assume i connotati dell'inverosimiglianza edell'iperbole. La satira, in sostanza, è riproduzione ironica e non cronaca diun fatto; essa esprime un giudizio che necessariamente assume connotazionisoggettive ed opinabili, sottraendosi ad una dimostrazione di veridicità. Incompatibilecon il parametro della verità, la satira è, però, soggetta al limite dellacontinenza e della funzionalità delle espressioni adoperate rispetto allo scopodi denuncia sociale perseguito (…) il linguaggio, [infatti], è essenzialmentesimbolico e frequentemente (…) è svincolato da forme convenzionali, per cui èinapplicabile il metro della correttezza dell'espressione».

Ora, «l'utilizzo di espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive dellareputazione altrui deve essere strumentalmente collegato alla manifestazione diun dissenso ragionato dall'opinione o comportamento preso di mira e non deverisolversi in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e dellareputazione del soggetto interessato (così Cass. ord. 17.9.2013 n. 21235; Cass.8.2.2012 n. 1753; Cass. 28.11.2008 n. 284119.) In questo ambito concettuale èstato, ulteriormente, affermato - sia dalla giurisprudenza penale sia da quellacivile di legittimità - che la satira, al pari di ogni altra manifestazione delpensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona,per cui non può essere riconosciuta la scriminante di cui all'art. 51 c.p. perle attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, ladeformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo della persona eludibrio della sua immagine pubblica (tra le varie Cass. 8.2.2012 n. 1753;Cass. 28.11.2008 n. 28411)».

Va, altresì, aggiunto che «in tema di diffamazione, l'evento lesivodella reputazione altrui può ben realizzarsi, oltre che per il contenutooggettivamente offensivo della frase autonomamente considerata, anche perché ilcontesto, in cui la stessa è pronunziata, determina un mutamento delsignificato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole quantomeno un contenuto allusivo, percepibile dall'uomo medio (tra le varie Cass.13.1.2009 n. 482)».

Ebbene, nel caso in esame, la Corte di merito, ha ritenuto che sifosse “in presenza di cronache giornalistiche locali - su cui si sono inseritele "battute" ironiche del redattore del quotidiano [de quo]- nellequali lo spirito che anima gli articoli, dal testo e dal contesto, apparescevro da denigrazione, disprezzo e ludibrio, sollecitando, piuttosto, ilsorriso del lettore".

Queste conclusioni – a detta della Suprema Corte - non sonocondivisibili. «Nessun dubbio sussiste, infatti, in ordine alla configurabilitàdella lesione alla reputazione nei confronti di un ente collettivo; lesione chederiva dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati ingenere, o di settori o categorie di essi con le quali l'ente interagisca;ancora più delicata posizione quando si tratti di un'associazione diconsumatori (v. anche Cass. 25.7.2013 n. 18082; Cass. 4.6.2007 n. 12929)».

La sentenza è, pertanto, cassata e il ricorso accolto.

Data: 15/03/2014 14:20:00
Autore: Sabrina Caporale