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Il 'furto al supermercato'. Riflessioni in tema di consumazione, tentativo e aggravante del mezzo fraudolento.



di Filippo Lombardi

PREMESSA

Il presente articolo si pone come finequello di enucleare le questioni problematiche relative alla fattispecieparticolare di “furto al supermercato”,in quanto oggetto di dispute dottrinali ed interventi giurisprudenziali recenti,e di fornire delle indicazioni in merito alla risoluzione delle stesse.

La tematica è tristemente attuale, inparticolar modo se si considera il crescendo dei casi di furto nei supermercatie nei centri commerciali derivanti dallo stato di indigenza conseguente allacrisi economica.

L'articolo tralascerà volutamentel'analisi dello stato di necessità (art. 54 c.p.) e del furto in stato dibisogno grave ed urgente (art. 626 co. 1, n. 2, cod. pen.) - improntandosipiuttosto su questioni di tipo strutturale, strettamente attinenti allaconfigurazione dogmatica della fattispecie di reato.

 

1.Il momento consumativo del furto al supermercato.

Il caso concerne il soggetto agente che,all'interno del supermercato o dell'esercizio commerciale lato sensu, prelevando la merce dall'apposito scaffale self-service, la occulti su di sé.

Ci si chiede, rispetto alla fattispeciecosì delineata, se la condotta dell'agente (rectius:l'occultamento della res)configuri l'ipotesi di furto consumato o arretri allo stadio di tentativo;altresì, nel caso in cui prevalga la seconda soluzione, ci si interroga circal'idoneità del tentativo stesso.

Per quanto qui di interesse, devonoessere preliminarmente ribaditi alcuni punti fermi in tema di furto.

Il benegiuridico protetto dal reato de quoè ogni situazione giuridica soggettiva o posizione di fatto a contenuto patrimonialeche consenta al relativo titolare di instaurare una relazione funzionale con lares sulla quale essa si innesta. Lostesso concetto di “detenzione”, nelfurto, assume tale significato: potere, derivante dalla titolarità di undiritto formalmente riconosciuto o da una situazione di fatto comunquetutelata, che consente al detentore di costituire un legame funzionale ad libitum con la cosa detenuta.  

Il momentoconsumativo del furto è dato dalla fase successiva alla sottrazione, vale adire l'impossessamento. Mentre la prima fase può essere tradotta come “fuoriuscita del bene” dalla sfera disignoria del legittimo detentore, la seconda fase consiste nell'entrata del bene stesso nella sfera di dominiodel reo.

Si assiste dunque ad una sequela diquesto tipo: detenzione della cosa da parte della vittima, sottrazione dellacosa da parte del reo, impossessamento della cosa da parte del reo.

Ci si deve chiedere se un soggetto, ilquale prelevi la merce dallo scaffale del supermercato e la occulti su di sé,stia consumando il delitto di furto; e ciò, a sua volta, comporta la necessitàdi interrogarsi se (più a monte) la condotta di occultamento configuriautomaticamente l'impossessamento.

Chi scrive si allinea con l'orientamentoincline a conferire risposta negativa, sulla base di una lettura restrittivadel concetto di “impossessamento”. Purvolendo considerare che la condotta riesca ad azzerare o quantomeno limitare ilcontrollo visivo della cosa da parte del detentore della stessa, non puòasserirsi che tale fatto sia immediatamente traducibile nei termini dell'impossessamento,posto che lo stesso viene inteso, secondo quanto anticipato, come momentocostitutivo di un “dominio” sulla cosada parte del reo.

Non è possibile definire una particolaresituazione fattuale “dominio” o “signoria”, laddove il soggetto che abbiaoccultato il bene non possa in concreto esercitare altri poteri sulla cosa,diversi dal mero mantenimento dello stato di occultamento.

Ciò che si sta implicitamente cercandodi dire è che un furto può dirsi consumato qualora si verifichi laconcretizzazione del fenomeno circolare “detenzione- sottrazione - impossessamento - detenzione”.

Lo stadio finale di tipo detentivo, aben vedere, non è un quid pluris rispettoall'impossessamento (altrimenti verrebbe snaturata la struttura del reato),rappresentando invece la “chiave di lettura” dello stesso. Se la detenzione èil potere di stabilire un rapporto funzionale ad libitum con la cosa, l'impossessamento non è tale finché nonraggiunga l'estensione e i significati della detenzione stessa.

E' azzardato ritenere che l'occultamentoconsenta l'emersione, in capo all'agente, dei poteri del detentore,configurandosi tali facoltà solo quando il reo sia “a debita distanza” dal luogo del furto, dove quest'ultima locuzionevuol significare che il soggetto sia passato attraverso tutti i luoghi dipossibile controllo ed abbia guadagnato un'autonomia che lo abiliti acomportarsi uti dominus nei confrontidel bene.

Per i motivi suddetti, si ritiene che la condotta dell'agente il quale prelevi lamerce dallo scaffale del supermercato e la occulti su di sé dia origine ad unimpossessamento in fieri, cioèdestinato a completarsi solo con l'uscita dal supermercato. Tesi giurisprudenzialie dottrinali anche molto recenti (si vedaCass. pen. 8445/2013 e Cass. pen. 23020/2008) militano in tal senso, purresiduando parte degli interpreti inclini a riconoscere il momento consumativonell'occultamento (come, ad esempio, Cass.pen. 30283/2012).

Risulta chiaro quindi che, non potendosiporre questioni problematiche in tema di consumazione del furto laddove ilsoggetto sia fuoriuscito dai confini dell'esercizio commerciale, resta inveceda analizzare la questione del tentativo punibile (evidentemente, qualora siaderisca alla tesi ora sostenuta).

In altri termini, nel caso in cuil'agente, occultando la merce e avanzando fino alla soglia della “guadagnatalibertà”, venga bloccato da un fattore indipendente dalla propria volontà(normalmente: i controlli di sicurezza), e non riesca perciò a completare lafase stessa dell'impossessamento ai fini di profitto, si configura il tentativo, non essendo possibile identificare ilfatto come reato consumato, per i motivi prima delineati.

 

2.Tentativo idoneo, inidoneo e (reato) impossibile. La rilevanza dei sistemi dicontrollo.

La seconda fase del nostro ragionamento èvolta a comprendere se tale tentativo possa essere indicato come idoneo o nonidoneo e, nel caso in cui ci si assesti sulla inidoneità, ad affrontare lapossibilità di etichettare quest'ultima come fonte di un reato impossibile.

In realtà, non è possibile una rispostaunivoca.

L'idoneitàdel tentativo è misurata attraversoun giudizio di prognosi postuma a base parziale: il giudice, ponendosi con lamente nel momento della condotta del reo, deve comprendere se, alla luce delleconoscenze effettive o possibili di quest'ultimo, il raggiungimentodell'obiettivo (lesione del bene giuridico di riferimento) fosse altamenteprobabile (e non meramente “nonimpossibile”).

Qualora si possa dire che il gradoprobabilistico di riuscita degradi alla mera possibilità, il tentativo verràdefinito non idoneo.

La inidoneità del tentativo, ondeevitare di cadere in antiche tesi superate, non vuol dire automaticamente “reato impossibile”. L'impossibilità si verifica, secondo Giurisprudenza oramaicostante, nel caso in cui l'inidoneità della condotta a perseguire l'evento sipalesi in maniera assoluta, intrinseca, originaria, nel senso che l'evento nonpossa scaturire nemmeno fortuitamente o “rocambolescamente”dall'azione dell'agente (si può dire, in altri termini, che la probabilità dicagionare l'evento vietato dalla norma si attesti sullo 0%).

Può quindi tentarsi un'esemplificazione delle situazioni possibili, cercando alcontempo di “incasellare” ognisituazione negli anzidetti significati giuridici in tema di tentativo e direato impossibile. I casi di seguito enucleati offrono soluzioni “tendenziali” e devono concretamenteessere valutati dal giudice, il quale deve comprendere se la sussistenza di altrecircostanze fattuali e/o conoscenze dell'agente conduca dal punto di vistaermeneutico ad abbracciare lidi interpretativi divergenti.

Il primocaso è quello dell'occultamento in un supermercato in cui sia assente ognipossibile tipologia di sistema anti-taccheggio. In questa ipotesi,l'occultamento darà origine al tentativo altamente idoneo e quindi punibile,poiché può dirsi che il soggetto agente avrebbe con altissima probabilitàconsumato il reato senza l'intervento del fattore indipendente dalla sua volontà,il quale ha, per contro, bloccato la condotta.

Il secondocaso è quello dell'esercizio commerciale provvisto di un solo sistema dicontrollo (es. sistema elettronico anti-taccheggio). La fattispecie si pone alconfine tra alta probabilità di riuscita e mera possibilità - dunque tratentativo punibile e tentativo inidoneo - ma difficilmente rientrantenell'ipotesi di reato impossibile.

Il terzocaso è quello dell'esercizio commerciale provvisto di più sistemi protettivi(es. sistemi elettronici anti-taccheggio e personale di sicurezza). In questocaso, in linea di massima, la fattispecie trova una propria collocazione alconfine tra tentativo inidoneo e reato impossibile.

Il quartocaso è quello dell'occultamento “grossolano”,in cui, cioè, è la stessa condotta volta ad occultare che si palesa comemalriuscita. In questi casi, quindi, la fattispecie dovrebbe poter essereannoverata tra i casi non problematici di reato impossibile. Più precisamente,il mal riuscito occultamento risulta essere atto dotato di inidoneitàintrinseca che lascia operare l'art. 49 cit.; ciò non toglie che l'agente possacommettere successivi atti capaci di “rigenerare”l'idoneità del tentativo.

Volendosintetizzare, possonoammettersi due casi “estremi” e altri casi mediani. I due casi nonproblematici sono quelli dell'occultamento nell'esercizio commercialesprovvisto in assoluto di controlli, che darà origine al tentativo certamentepunibile, e quello dell'occultamento grossolano, cioè rilevabile ictu oculi, nel quale caso, evitando di“scomodare” ragionamenti già a monte sulla univocità degli atti (la quale,mancando, potrebbe essere la chiave di lettura della “grossolanità”), si propenderà per il reato impossibile.

Tra i due casi estremi si colloca un “limbo casistico” che deve esserevalutato in base al quantum eall'efficienza del controllo: minori siano questi caratteri e più si approderànel terreno del tentativo, maggiori essi siano e, più credibilmente, ciritroveremo nell'alveo operativo dell'articolo 49 c.p.

Si rammenti, infine, che le SezioniUnite (sentenza n. 40354/2013) hannorecentemente escluso l'applicabilità dell'aggravante del mezzofraudolento al mero occultamento della cosa sulla propria persona, inquanto la condotta indicata non riesce a porsi come astuto accorgimento dotatodi insidiosità e capacità di superare le barriere protettive poste in esseredal legittimo detentore del bene, atteggiandosi più come modo “routinario”,banale, non sofisticato di commettere il reato (per approfondimenti, si rinvia alla più completa ed autorevoleesposizione di G. ROMEO, “Le Sezioni Unite sull'aggravante del mezzofraudolento nel furto in supermercato”, in Dir. Pen. Cont., 3 ottobre 2013). 

Data: 24/10/2013 11:00:00
Autore: Filippo Lombardi