di Roberto Chiatto - L'art 2056 c.c., in tema di illecito extracontrattuale, richiama l'art 1223 c.c. che, come è noto, disciplina il risarcimento del danno da illecito obbligazionario e che contempla le due voci del danno emergente e del lucro cessante.

Il primo riguarda la perdita subita dal creditore, id est la diminuzione della sfera patrimoniale conseguente all'illecito civile. 

La misura della perdita è relativamente facile nel suo accertamento, attenendo alle utilità di cui il danneggiato già godeva prima del fatto illecito.

Il lucro cessante invece consiste nel guadagno patrimoniale netto non conseguito a causa dell'inadempimento

Dal momento che il lucro cessante è un guadagno non conseguito, a differenza del danno emergente, e un guadagno futuro, il suo accertamento andrà effettuato in base a giudizi prognostici che richiedono non solo e non sempre una assoluta certezza in ordine all'accadimento, ma anche una ragionevole previsione che il danno in questione si produrrà in futuro.

Ora, in tema di rapporti familiari, si è inizialmente partiti da una tutela dei familiari superstiti in relazione ai danni da perdita del diritto agli alimenti, limitando quindi il risarcimento al diritto di credito, tutelato anche in via extracontrattuale.

Il passo successivo è stato quello di riconoscere ai familiari una pretesa risarcitoria anche in assenza di un diritto agli alimenti o alla collaborazione assistenziale prestata dalla vittima, richiedendosi contestualmente la certezza che, almeno di fatto, la vittima avrebbe in futuro erogato tali prestazioni. 

Si è arrivati quindi a sganciare il risarcimento dalla lesione del credito.

Trattandosi di una aspettativa di fatto, quella dei genitori al mantenimento futura da parte del figlio minore ucciso deve essere da questi provata, anche con presunzioni, secondo un criterio di normalità. 

Spetta ai danneggiati dimostrare gli elementi costitutivi dell'illecito e quindi, oltre al fatto, all'elemento soggettivo e al nesso casuale, anche il danno. 

Occorre in particolare dimostrare il danno sofferto e gli effetti economici negativi. 

La perdita subita insomma dovrà essere dimostrata.

La dimostrazione in questione viene fornita attraverso alcuni indici che, nel commento alla sentenza, sono indicati a titolo esemplificativo nell'età dei genitori e del defunto, nelle condizioni economiche dei genitori sopravvissuti, dell'entità del reddito della vittima.

Premesso questo, dalla lettura della decisione, ciò che risalta prima facie è l'inaccettabile disparità di trattamento tra due situazioni invero simili. 

A fronte del medesimo evento infausto - la morte di un figlio - non pare, già socialmente, giusto che debba trovare ristoro economico solo la famiglia che abbia avuto la "fortuna" di perdere il figlio in età adulta, quando quest'ultimo si sia già inquadrato nella società e abbia già solidificato le abitudini di vita, professionali e personali, con le ricchezze e le disponibilità economiche legate alla eventuale, quanto probabile, attività lavorativa.Con la conseguente possibilità di una facile allegazione di elementi decisivi in ordine all'accoglimento della domanda risarcitoria.

Al contrario, niente spetterebbe alla famiglia che abbia parimenti subito la perdita del figlio ma che "sfortunatamente" tale lutto sia avvenuto in tenera età, tale da non potersi dimostrare in alcun modo la futura attitudine alla cura della famiglia.

Inoltre, dal punto di vista giuridico, sembra davvero essere in presenza di un onere probatorio non già e non solo arduo e difficile, quanto impossibile, una vera probatio diabolica che trascina con se la totale impossibilità di una qualche dimostrazione volta ad assolvere l'onere dell'art. 2697 c.c.

Certo è che si conviene con la sentenza laddove vuole evitare ogni arbitrarietà nell'accordare il risarcimento prima e nella liquidazione poi. Allora, non resta che affidarsi ad alcuni dati.

Da un lato, il figlio ha il dovere, in presenza dei relativi presupposti, di prestare gli alimenti al genitore che li necessita, ex art 433, comma 1, numero 2. Il legislatore non trascura quini lo strettissimo rapporto che unisce il figlio ai genitori, di tal che il figlio stesso debba rientrare tra coloro che hanno l'obbligo di accollarsi le difficoltà dei genitori.

Dall'altro lato, l'art 315 c.c. impone ai figli il dovere di rispetto verso i genitori a prescindere dalla minore età o dalla subordinazione alla potestà genitoriale. Anche a voler ritenere che la norma limiti tale rispetto "qualificato" all'ufficio di genitore esercente la potestà, tuttavia il dovere di rispetto non può confluire sic et simpliciter nel dovere generico che informa tutti i consociati di rispettare il prossimo. Elementare considerazione è che il rapporto genitore - figlio è imparagonabile ad altri rapporti, per delicatezza, intensità, importanza e durata.

Rientra nell'id quod plerunque accidit che un figlio si occupi del genitore anziano o in difficoltà, dovendosi presumere fino a prova contraria che ogni persona sia in linea con i principi di solidarietà familiare costituzionalmente affermati. Anzi, proprio in considerazione della tenerissima età del minore ucciso, i genitori possono ancora imprimere ed impartire la corretta educazione al figlio in modo da far pensare ragionevolmente che quest'ultimo crescerà nel rispetto dei valori trasmessi.

Pertanto, e in considerazione del fatto che la giurisprudenza ha in passato riconosciuto come sufficienti anche le probabilità superiori al 50 %, non pare scorretto pensare che sia sufficiente una valutazione di ragionevole prevedibilità per cui, in base ad un giudizio di normalità e di ciò cheabitualmente si verifica, è ragionevole presumere che il figlio si sarebbe occupato della famiglia e dei genitori, escludendo ciò solo in presenza di prove contrarie (rapporti evidentemente deteriorati, continui litigi tra figli e genitori, ecc..).


Autore di questo contributo è l'Avv. Roberto CHIATTO, nostro affezionato lettore, che prende le mosse dall'articolo pubblicato da LIA Law In Action in data 26 agosto 2014 sotto il titolo "Malasanità - Morte di un bambino di tre anni - Danni futuri - Lesione di aspettativa alla produzione di reddito futuro".

Lo ringraziamo sentitamente.

Avv. Paolo M. Storani

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