Decisivo l'intervento dell'investigatore privato assunto dall'ex per evitare l'addebito e l'assenza di prova che la malattia è stata la causa della crisi

di Marina Crisafi - Può dire addio al mantenimento la moglie che tenta di giustificare la sua infedeltà attribuendola alla malattia del marito, se non prova che il matrimonio era già in crisi per questo. Lo ha stabilito la nona sezione civile del tribunale di Milano, con la recente sentenza n. 4750/2015, decretando la separazione tra due coniugi e revocando l'assegno di mantenimento stabilito nell'udienza presidenziale nei confronti dell'ex moglie fedifraga.

Nella vicenda, la donna sosteneva che l'anoressia di cui soffriva il marito l'aveva fatto diventare freddo nei confronti suoi e delle figlie minori, portandola così a tradire.

Ma la tesi non regge.

Per il tribunale, infatti, servono le prove per dimostrare che il matrimonio era in crisi. La violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, ha ricordato il giudice milanese, determina di regola "l'intollerabilità della convivenza e rappresenta pertanto circostanza sufficiente a determinare la pronuncia di addebito della separazione a carico del coniuge responsabile, sempreché non si constati la preesistenza di una crisi coniugale conclamata già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale".

E quanto emerge dalle carte processuali dimostra l'esatto contrario di quanto asserito dalla donna.

Decisivi, invero, a dimostrazione del tradimento e dell'avvio di una relazione con un altro uomo, sia l'intervento dell'investigatore privato ingaggiato dal marito per evitare l'addebito, sia le dichiarazioni dei diversi testi escussi.

Ma non solo. I due avevano anche seguito un percorso terapeutico per risolvere i problemi e acquistato una casa nuova e più grande, denotando così di voler recuperare il proprio rapporto di coppia.

Nessuna prova invece a sostegno di quanto sostenuto dalla donna in merito all'origine della crisi matrimoniale a causa dell'anoressia del marito, dalle cui dichiarazioni emergeva invece che lo stesso era completamente guarito dalla patologia.

Da qui, consequenziale il no al mantenimento a favore della donna (ma solo alle minori), senza, tuttavia, alcuna restituzione al marito delle somme già versate, in virtù della decisione del giudice nell'udienza presidenziale.


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