di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione sesta, ordinanza n. 4536 del 26 Febbraio 2014. La sentenza ecclesiastica confermante la nullità del matrimonio concordatario, al fine di esperire effetti nel nostro ordinamento giuridico, deve essere sottoposta ad un procedimento specifico, c.d. giudizio di delibazione - previsto agli articoli 796 e 797 c.p.c., oggi abrogati ma espressamente richiamati dagli accordi del 1984 - il quale si svolge innanzi la Corte d'Appello. Tale Corte può negare l'operatività della sentenza ecclesiastica per motivi legati all'ordine pubblico, principio generale costituzionalmente previsto posto a tutela dei valori intrinsechi del nostro ordinamento.


Nel caso in oggetto il marito impugna la sentenza di rigetto della Corte d'Appello, proponendo ricorso in Cassazione, poiché a suo parere la decisione sarebbe viziata da violazione di legge. Secondo la Corte d'Appello riconoscere la sentenza ecclesiastica avrebbe voluto dire destabilizzare l'ordine giuridico del nostro ordinamento poiché chiunque potrebbe, in un secondo momento, provocare la nullità matrimoniale semplicemente affermando proprie concezioni personali, nascoste all'altra parte al momento di contrazione di matrimonio

. A dire del ricorrente la controparte avrebbe escluso dal vincolo matrimoniale il dovere di fedeltà senza tuttavia comunicarlo espressamente al ricorrente prima che fossero celebrate le nozze, rimanendo dunque tale convincimento all'interno della sfera psichica del convenuto e manifestatosi soltanto in un secondo momento, a nozze già contratte. La posizione della Cassazione riguardo l'obbligo di fedeltà è il seguente: "tale principio, benchè inderogabile, è da ricollegarsi al valore individuale appartenente alla sfera di disponibilità del soggetto, rivolto a tutelare tale valore contro ingiusti attacchi esterni, non contro la volontà del suo titolare, cui deve essere riconosciuto il diritto di scelta circa la non conservazione di un rapporto viziato per fatto dell'altra parte". E' dunque legittimo che tale situazione venga fatta valere non dal coniuge fedifrago ma da colui che ha subito ingiustamente tale situazione, poiché l'altra parte non ha mai espresso la sua concezione in merito.


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