Avv. Gabriella Patteri
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La domanda appare di estrema attualità, soprattutto dopo il Decreto del Tribunale di Milano, IX Sez. Civile, del 21 maggio 2013, che ha escluso dall'omologazione del verbale di separazione personale sottoscritto da due coniugi, le condizioni con le quali gli stessi intendevano disporre il trasferimento con effetti reali del diritto di superficie

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Ebbene, senza pretesa di esaustività, ma al mero fine di introdurre alcuni elementi di riflessione sul tema, vorrei proporre alcune mie personali considerazioni, sulle motivazioni che hanno indotto il Tribunale meneghino a negare l'omologa nella parte relativa all'accordo traslativo reale, e sui possibili riflessi che tale decisione avrà in futuro.
Le motivazioni del Tribunale
Il Tribunale di Milano non nega la possibilità per i coniugi, che decidono di separarsi consensualmente, di prevedere nelle condizioni di separazione consensuale il trasferimento di diritti reali immobiliari, ma richiede che tale accordo di trasferimento assuma la forma del trasferimento ad effetti obbligatori e non reali. Per "i non addetti ai lavori" l'accordo con effetti reali è quello che produce immediatamente l'effetto di trasferire da un soggetto ad un altro, la proprietà
, o altro diritto reale su immobili (superficie, servitù, usufrutto ....), invece l'accordo con effetti obbligatori, è quello in cui il diritto reale sull'immobile non si trasferisce immediatamente, ma le parti assumono l'obbligo di trasferirlo, e quindi occorre un successivo atto affinché il diritto sull'immobile si trasferisca da un soggetto all'altro, nel rispetto dell'accordo obbligatorio.
Le motivazioni poste dal Tribunale a fondamento di tale decisione, sono in parte collegate alla peculiarità del caso specifico, ed in parte agganciate alle novità introdotte in tema di atti pubblici e scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, dalla Legge n° 122 del 2010 che ha convertito il D.L. n° 78 del 2010, nella parte in cui ha modificato l'art. 29 della L. n.52 del 1985.
Infatti la decisione del Tribunale di Milano di non omologare il verbale di separazione consensuale
, nella parte in cui dispone il trasferimento immediato a favore della moglie della quota del marito, pari al del 50% del diritto di superficie su un fabbricato sito in Milano, trova anzitutto fondamento nel fatto che, nel caso di specie, i coniugi non erano titolari della piena ed incondizionata proprietà sul fabbricato oggetto di trasferimento, ma erano solo titolari del diritto di superficie per 90 anni a partire dal 10 ottobre 1996, diritto che a sua volta era stato loro trasferito con rogito notarile dall'Azienda Lombarda per l'Edilizia Residenziale di Milano (ALER già ICPM), che a sua volta aveva ottenuto la titolarità del diritto di superficie predetto dal CIMEP. Quindi nel caso deciso dal Tribunale milanese, l'illiceità dell'accordo traslativo reale del diritto di superficie contenuto del verbale di separazione consensuale, parrebbe derivare proprio dal fatto che, trattandosi di un immobile di proprietà di un azienda pubblica, ed oggetto di una convenzione di cessione del diritto di superficie stipulata tra un soggetto pubblico e soggetti privati (i coniugi), questo diritto è come tale condizionato dal potere autoritativo del soggetto pubblico, e quindi non può essere disposta la sua cessione in assenza dell'intervento dell'Azienda lombarda, che in questo modo verrebbe estromessa da una convenzione che la riguarda. Infatti, il Decreto del Tribunale chiarisce che si pone un problema circa la valutazione della validità negoziale dell'atto di cessione e della sua stessa opponibilità all'Azienda Lombarda, posto che non conoscendo il contenuto della CONVENZIONE in forza della quale si è acquistata la titolarità sul diritto di superficie oggetto di cessione, non è dato sapere se vi siano eventuali divieti imperativi imposti dall'ente cedente a tutela di interessi pubblici, trattandosi appunto di edilizia sovvenzionata ed agevolata.
Fin qui, nulla quaestio. Infatti, dal momento che il Tribunale, non è stato messo nelle condizioni di valutare legittimità e legalità dell'accordo che prevedeva la cessione con efficacia reale del diritto di superficie tra le condizioni di separazione consensuale, ben ha fatto a non omologare tale accordo, perchè altrimenti avrebbe, con il provvedimento di omologa posto il suggello della legalità su un atto, che ben avrebbe potuto non essere stato del tutto rispettoso della legge, con evidenti ripercussioni sul piano della certezza dei rapporti giuridici, e sul conseguente incremento del contenzioso.
Meno certa la condivisibilità della seconda parte della motivazione offerta dal Tribunale Meneghino.
Infatti, la decisione dei Giudici della IX Sezione Civile, contiene delle considerazioni che vanno ben oltre il caso di specie deciso, ed anzi sembrano tracciare la strada ad un nuovo orientamento giurisprudenziale, che prescrive l'obbligatorio ricorso al NOTAIO per poter disporre il trasferimento con effetti reali di diritti immobiliari, e la conseguente impossibilità per i coniugi di disporre tale trasferimento in sede di accordi di separazione consensuale.
Ma è veramente questo ciò che i giudici di Milano hanno voluto affermare?
Ebbene, la mia personale convinzione, è che il Tribunale di Milano, non abbia affatto voluto affermare un tale capovolgimento dei principi consolidati in materia.
Invero, la massima tratta dal Decreto del Tribunale di Milano, parrebbe affermare esattamente questo: "In occasione della separazione consensuale, i coniugi possono liberamente prefiggersi di trasferire diritti reali immobiliari, ma ricorrendo alla tecnica obbligatoria, con impegno contrattuale avente carattere di vincolo prenegoziale, suscettibile di esecuzione ex art. 2932 del C.c. del notaio, preposto ex lege ai controlli che la legge ha rimesso in via esclusiva allo stesso, con norme insuscettibili di interpretazione analogica ( da ultimo, l'art. 19, comma 4 della legge 30 luglio 2010 n. 122, che demanda al notaio il compito dell'individuazione e della verifica catastale).
Ma l'esperienza mi insegna che le massime, non sempre colgono nel segno. E' compito dell'Avvocato, così come degli altri operatori del diritto, andare al di là dell'apparenza, e per cogliere il reale significato delle decisioni giudiziarie, non si può omettere di esaminare meglio nel dettaglio il contenuto integrale della decisione massimata.
Ebbene, il Tribunale, mette ben in evidenza l'orientamento consolidato e ribadito da ultimo dalla Corte d'Appello di Milano nella decisione del 12 gennaio 2010. Orientamento che afferma come in sede di separazione consensuale le parti ben possono raggiungere accordi di natura patrimoniale, e finanche effettuare trasferimenti immobiliari, trattandosi di espressione dell'autonomia contrattuale tutelata dall'art. 1322 del c.c..
Ma il Tribunale che ha negato l'omologa dell'accordo traslativo, ha chiarito che "le parti....... possono sì integrare le clausole consuete di separazione e divorzio con clausole che si prefiggono di trasferire tra i coniugi o in favore di figli diritti reali immobiliari o di costituire iura in re aliena su immobili: tuttavia devono ricorrere alla tecnica obbligatoria e non a quella reale, pena la possibile vanificazione dello strumento di tutela prescelto...."
A parere della scrivente, tale preferenza per l'accordo di trasferimento con effetti obbligatori, trova la sua giustificazione, nel fatto che il Tribunale ha ritenuto di non poter in sede di omologa del verbale di separazione, effettuare tutte quelle verifiche che invece sono compito preciso dei NOTAI, che prima di redigere un atto notarile di trasferimento di diritti reali immobiliari eseguono (devono eseguire) tutti quei controlli che garantiscono la validità dell'atto. Quindi la tecnica obbligatoria offre maggiori garanzie alle parti, perchè con il successivo rogito, che vede l'intervento del Notaio, è possibile sanare eventuali carenze che avrebbero potuto determinare la nullità dell'atto di trasferimento.
In particolare tale necessità si pone nel settore dei trasferimenti immobiliari aventi ad oggetto fabbricati, posti i numerosi interventi legislativi che di volta in volta hanno dettato prescrizioni volte ad incidere sulla validità dell'atto.
In particolare la Legge n° 122 del 2010 di conversione del D.L. n. 78 del 2010, che inserendo il comma 1 bis nell'art. 29 della L. n° 52 del 1985, ha prescritto a pena di nullità dell'atto traslativo avente ad oggetto unità immobiliari urbane, che lo stesso debba contenere l'identificazione catastale dell'immobile ed il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, nonché la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (dichiarazione che può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato). Tale norma prescrive anche che prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
Il Tribunale di Milano parrebbe ritenere che questa legge abbia espressamente demandato al NOTAIO e solo ad esso, il compito di effettuare quei controlli previsti a presidio degli interessi pubblici che ha voluto in tal modo tutelare, rendendo quindi di fatto indispensabile la stipula con atto notarile degli accordi di trasferimento aventi ad oggetto unità immobiliari urbane.
La Giurisprudenza della Suprema Corte ha sempre ritenuto pacifica la possibilità di disporre il trasferimento di diritti reali immobiliari tra coniugi già con l'accordo di separazione consensuale e finanche con il divorzio congiunto, ritenendo trascrivibile nella Conservatoria, sia il verbale di separazione, sia la sentenza di divorzio. Tuttavia spesso sono sorte problematiche per la Trascrizione sollevate dalla Conservatoria dei R.R.I.I., a causa di errori posti in essere nella redazione dell'atto, ed è per tale ragione che diversi Tribunali si sono orientati nel prediligere l'accordo ad effetti meramente obbligatori, che richiede pertanto il successivo intervento del Notaio per porre in essere un atto traslativo trascrivibile e quindi opponibile anche ai terzi.
Un'esigenza pratica quindi, che giustifica una scelta per uno schema negoziale, piuttosto che per un altro, ma che non modifica nella sostanza l'accordo di separazione. Ma a seguito della decisione del Tribunale di Milano sembrerebbe che tale scelta sia orami divenuta obbligata.
Ebbene, a mio modesto avviso, questa interpretazione va al di là delle intenzioni del legislatore, e non può essere supinamente condivisa.
Invero il legislatore non ha modificato l'art. 1350 del c.c., che, per i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili e per i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono altri diritti reali immobiliari, richiede la sola forma scritta e non l'atto pubblico notarile.
Non condivido pertanto l'interpretazione della Decisione in esame, che vorrebbe introdurre surrettiziamente e per via giurisprudenziale, una nuova forma ad substantiam per la stipula di atti traslativi ad effetti reali su unità immobiliari urbane.
Tale mio ragionamento trova conferma anche nelle decisioni di altri giudici, ed in particolare nella mia esperienza professionale, posso rammentare un verbale di conciliazione nanti al Giudice del Lavoro di Cagliari, che ha suggellato l'accordo tra il lavoratore ed il datore di lavoro, per concludere bonariamente una vertenza per omesse retribuzioni, con la cessione della proprietà di un immobile, accordo poi trascritto in Conservatoria al pari di qualsiasi atto notarile traslativo.
Certo il problema della verifica della legalità dell'atto è comunque di non poco momento, soprattutto alla luce dei continui interventi normativi, che prescrivono diversi adempimenti a pena di nullità imposti a garanzia del rispetto della normativa urbanista e di quella tributaria. Una verifica che il Giudice sarebbe necessariamente tenuto a fare prima di decidere se concedere o meno l'omologa, non foss'altro che per il suo precipuo compito di Guardiano della Legalità che ritengo non possa esimersi dallo svolgere.
Per tale ragione, si ritiene a sommesso parere della scrivente, che se il Tribunale è messo in condizione di verificare la validità dell'accordo traslativo contenuto nel verbale di separazione consensuale, questi ben potrebbe omologare le condizioni predette, e quindi anche l'accordo traslativo, che dopo la necessaria trascrizione, sarebbe opponibile anche ai terzi, e quindi consentirebbe il trasferimento immediato del diritto reale, senza che sia necessario il ricorso al Notaio.
Peraltro, a tal fine è di fondamentale importanza il ruolo dell'Avvocato, che deve assistere le parti anche nel momento del confezionamento dell'accordo di separazione. L'Avvocato quindi, qualora opti per l'accordo con effetti traslativi, dovrà aver cura di effettuare tutte quelle verifiche necessarie per assicurare la validità dell'atto e dovrà altresì apporre nelle condizioni di accordo tutte quelle clausole necessarie per consentire all'atto di produrre i suoi effetti immediati, e di essere pienamente valido. Tuttavia laddove la legge prescriva degli adempimenti precisi, come nel caso dell'individuazione degli intestatari catastali e della verifica della loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari, che la L. n° 122 del 2010 ha posto in capo al Notaio, e solo ad esso, tali adempimenti ben possono essere eseguiti dallo stesso, è suggellati in una relazione notarile che sia parte integrante della documentazione versata in atti all'atto della separazione consensuale.
In tal caso il compito del Giudice di accertare la legalità dell'accordo di separazione sarebbe estremamente più agevole, ed egli non avrebbe alcuna valida motivazione per escludere l'omologazione di tutte le condizioni poste a verbale, anche di quelle immediatamente traslative.
E' chiaro che laddove l'Avvocato che assiste i coniugi non è messo in grado di assicurare la piena legalità dell'accordo traslativo, dovrà, anche per evitare di incorrere in responsabilità professionale, prediligere lo schema negoziale dell'accordo obbligatorio.
Pertanto, nella decisione in esame, dinnanzi all'impossibilità per il Tribunale di Milano di effettuare tutte quelle verifiche indispensabili a valutare la legalità e validità dell'accordo traslativo, ancora una volta, questi ha fatto bene ad omologare solo le restanti condizioni della separazione, e non l'accordo traslativo, auspicando che in futuro i coniugi costruiscano i loro accordi patrimoniali con la formula del trasferimento obbligatorio, così da evitare di doversi vedere non omologata la relativa pattuizione.
CONCLUSIONI
I risvolti futuri a seguito di questa decisione sono facilmente intuibili. Si condivida o meno il ragionamento qui delineato, è di tutta evidenza che la Giurisprudenza di Merito è oramai orientata nel senso di non ritenere più ammissibili i trasferimenti immobiliari in seno alle separazioni consensuali o ai divorzi congiunti, come sottolineato dallo stesso Tribunale Meneghino.
Ma ritengo, che laddove l'Avvocato sia messo in grado di confezionare un accordo di separazione che rispetti tutte le condizioni richieste dalla legge per un valido trasferimento immediato della proprietà, possa incontrare il favore dei Giudici per ottenere l'omologa anche di tale negozio traslativo.
Certo è vero che nel nostro Paese, il proliferare di adempimenti, oneri e procedure, rende sempre meno agevole il raggiungimento di accordi risolutori dei contrasti e favorisce sempre più l'incremento del contenzioso, allungando i tempi della giustizia, appesantendo il traffico giuridico e conseguentemente rallentando la crescita, economica e civile dell'Italia.

Avv. Gabriella Patteri
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