di Marco MassavelliCorte di Cassazione Civile, sezione II, sentenza n. 16559 del 2 Luglio 2013. Deve escludersi che, in riferimento all'azione di risoluzione per inadempimento di un atto di compravendita

, promossa dall'alienante nei confronti dell'acquirente, sussista un'ipotesi di litisconsorzio necessario del coniuge in comunione legale di quest'ultimo, rimasto estraneo alla stipulazione del contratto, dovendosi ritenere che la pronuncia richiesta al giudice incida sull'atto e non sul diritto del coniuge non stipulante. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 2 luglio 2013, n. 16559.

Il fatto riguarda l'acquisto di un appezzamento di un terreno da parte di un soggetto, dal quale conseguiva pronuncia di risoluzione dell'atto di compravendita

per inadempimento contrattuale da parte dell'acquirente. Il coniuge dell'acquirente si rivolge alla Suprema Corte sostenendo che l'acquisto era stato effettuato durante il matrimonio, che i due coniugi si trovavano in comunione legale dei beni, e che quindi, l'opponente doveva ritenersi litisconsorte pretermesso nella causa che aveva determinato la risoluzione del contratto,  e chiedeva che venisse dichiarata la nullità e l'inopponibilità nei suoi confronti della sentenza di risoluzione, e che, essendo in comunione pro-indiviso con il coniuge del fondo acquistato, venisse attribuita all'opponente, ai sensi dell'articolo 938, codice civile, la proprietà dell'edificio realizzato sul fondo controverso.

 

Qualora uno dei coniugi, in comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversi in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità  ed  efficacia  del  contratto (Cass.  Sez.  Un.  23-4-2009  n. 9660; Cass. Sez. Un. 22-4-2010 n.9523; Cass. 29-1-2013 n. 2082). Pertanto, per stabilire se, nell'ipotesi in cui l'atto acquisitivo o l'atto di alienazione sia stato concluso da uno solo dei coniugi, sia necessaria o meno l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'altro coniuge, deve valutarsi se la decisione richiesta incida direttamente sull'atto oppure sul diritto.

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